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THE HORSEMOON POST ©2012 | Cultura | Storie di donne tra passato e presente, di Giorgia Turco (14.03.2012)

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Una mattinata di parole e immagini con gli studenti di un liceo
Storie di donne tra passato e presente
Parlare di donne e con le donne tutto l’anno, non solo l’8 marzo
di Giorgia Turco

Articolo pubblicato il 14.03.2012 - h 12.00
Tag: festa della donna, donne, libertà, parità di genere, emancipazione femminile

Il 9 marzo scorso, nell’aula magna del Liceo socio-psico- pedagogico di Gela gremita di studenti, l’Associazione Triskelion con il patrocinio dell’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Gela, retto da Marina La Boria, ha organizzato la conferenza “La donna attraverso la storia e la letteratura”.

Il cammino dell’emancipazione femminile e il ruolo della donna come soggetto e oggetto della letteratura sono stati gli argomenti dell’evento, parte di una due giorni all’insegna delle celebrazioni per la “Festa della donna”. Al centro la storia di cinque donne meno conosciute ai più, ma non per questo meno straordinarie. A discutere sono stati chiamati il professor Mario Tropea, docente di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, e chi scrive, onorata di essere chiamata a discutere di un argomento così rilevante in un’occasione altrettanto importante.

Parlare dell’evoluzione della figura femminile, nel corso dei secoli, mi è sembrato da subito impegno non da poco. Per non cadere nel tranello della banalità, ho voluto raccontare le storie di cinque donne, capaci di fare del proprio talento e delle proprie idee motivo di lotta contro una società che, seppur in fasi alterne, ha sempre richiesto alla donna di esprimere solo alcune qualità: remissività, pazienza e cura del focolare domestico.

Una domanda sociale quindi che, ancora oggi, porta molte di noi a dover scegliere tra essere madri/mogli e essere professioniste, a dover rendere conto delle proprie decisioni nel caso in cui queste non collimino con il bene della famiglia, a dover giustificare un’eventuale posizione, spesso vista come frutto di azioni poco etiche, per usare un eufemismo.

Ipazia (fonte: Wikipedia)
Ipazia (fonte immagine: Wikipedia)
 

Un tempo però la donna che osava mettere in luce la propria mente a scapito di uno status quo prettamente maschile era considerata una presuntuosa, un’arrogante, una vergogna da far tacere, come è accaduto a Ipazia, filosofa e insegnante di filosofia, astronoma, vissuta ad Alessandria nel IV secolo, in un periodo di passaggio tra paganesimo e cristianesimo e di acquisizione del potere politico da parte della Chiesa.

La bellezza straordinaria della sua vita non riguarda solo le sue incredibili scoperte, per cui alcuni osservatori la rendono addirittura anticipatrice delle teorie di Galileo, quanto la sua voglia di comunicarle in modo semplice a chiunque volesse ascoltarla. Riverita, seguita, amata dalla gente, divenne ben presto una figura scomoda anche politicamente e nonostante la consapevolezza di ciò non si fermò. Un giorno venne trascinata in una chiesa, uccisa a colpi di cocci, fatta a pezzi e bruciata nel fuoco. Passata alla storia prima come una strega, poi come simbolo di una comunità scientifica di illuminati, recentemente il nome di Ipazia, anche grazie a un film, è tornato alla ribalta, ma il suo assassino viene ricordato ancora come San Cirillo.

Non diverso il destino di Olympe de Gouges e delle femministe della seconda metà del Settecento -stranamente non presenti sui libri di storia - che hanno lottato strenuamente per la parità di diritti tra sessi, per il divorzio, per il riconoscimento dei figli al di fuori del matrimonio, per l’accesso delle donne alle cariche pubbliche. La de Gouges affermò che se una donna poteva salire al patibolo, poteva anche salire su

Olympe de Gouges (fonte immagine: Wikipedia)
Olympe de Gouges
(fonte immagine: Wikipedia)

su una tribuna. Proprio la ghigliottina metterà fine ai suoi giorni. Le sue ultime parole saranno per il figlio che la disconobbe per paura di essere inquisito, mentre la storia l’avrebbe ricordata come una prostituta.

I suoi sogni probabilmente erano gli stessi delle altre donne protagoniste della mia relazione (Artemisia Gentileschi, Coco Chanel, Peggy Guggenheim) in cui, giunta ai nostri giorni e alla riflessione su ciò che oggi siamo diventate tra veline, igieniste dentali, farfalline beleniane, ho dovuto lasciare l’Europa, per guardare al mondo arabo e a tutte quelle donne che ancora rivendicano un’indipendenza o solo la libertà di far sentire la propria voce.

Alcune di esse lo fanno in silenzio, attraverso una rivolta domestica, semplicemente mostrando cartelli su cui scrivono i loro slogan per la libertà; oppure scendendo per le strade e iniziando a guidare un’auto, gesto apparentemente normale per le donne occidentali, ma che in alcuni Paesi come l’Arabia Saudita è concesso soltanto agli uomini.

Per quanto diversi successi siano stati ottenuti, le donne del XXI secolo si scontrano ancora con un sistema tremendamente maschile, in cui le battaglie compiute vengono abilmente usate come simbolo indiscusso di un’assodata verità: la donna ha ottenuto la parità. L’averlo fatto però implica oggi elucubrazioni sul suo essere divenuta mascolina, insensibile, anaffettiva, cinica e forse anche un po’ troppo capricciosa per una società che le ha concesso di raggiungere dei livelli inimmaginabili fino a poco tempo fa. Ma forse si contesta alle donne di aver sognato troppo.

In un’ottica di dono (nel senso latino del termine) si sa, bisogna solo stare zitte e ringraziare, di certo non ci si può permettere di pronunciare parole come quelle proferite da Madame de Montenclos nel Settecento, ma ancora tremendamente attuali: “Non sto cercando di attirare l'attenzione su me stessa, ma giuro che voglio scuotere tutte le nostre abitudini, per arrivare a garantire alle donne quella giustizia che gli uomini rifiutano loro come se fosse un capriccio”.

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