Editoriale del direttore | Presidenzialismo e doppio turno, per salvare i partiti o il Belpaese?, di John Horsemoon - 12.06.2012 | THE HORSEMOON POST -

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Editoriale del direttore | Presidenzialismo e doppio turno, per salvare i partiti o il Belpaese?, di John Horsemoon - 12.06.2012 | THE HORSEMOON POST

Il manifesto dei professori per la Terza Repubblica semi-presidenziale
Presidenzialismo e doppio turno, per salvare i partiti o il Belpaese?

Aprire subito la stagione (ri)costituente per l'Europa e l'Italia
di  John Horsemoon
Articolo del 12.06.2012 - h 12,20 | Tag: presidenzialismo, appello alla responsabilità, riforme istituzionali, presidenzialismo, sofia ventura, alessandro campi

Il manifesto dei professori segue di qualche giorno la “grande proposta” di Angelino Alfano e Silvio Berlusconi per fare uscire dalla palude dell’immobilismo l’Italia, ammalata di assemblearismo e di partitocrazia. Termini intimamente connessi con la natura corporativa delle istituzioni italiane, l’unico Paese occidentale in cui il cittadino ha una posizione subordinata nei confronti dello Stato, fino all’inversione dell’onere della prova in materia fiscale. Roba da fare accapponare la pelle ai padri liberali della patria, da far gongolare chi nell’Impero Sovietico vide il sole del progresso e dell’avvenire.

I firmatari si appellano ai partiti in Parlamento perché promuovano una riforma costituzionale in senso sempi-presidenziale e una modifica della legge elettorale in senso maggioritario a doppio turno,  impostazione che farebbe assomigliare molto la III Repubblica italiana (in realtà la Seconda vera...) alla V Repubblica francese.

Basterebbe questo per risollevare l’Italia? O non è forse un modo elegante, accademicamente fondato e culturalmente rilevante per dire ai partiti “sveglia, muovetevi nel vostro interesse, il sistema sta per crollare”? Lo ha in fondo evidenziato
Simona Bonfante, su Libertiamo.it, il think tank di Benedetto della Vedova, esponente dell’ala radical liberale di FLI.  Ma la riforma proposta altererebbe l’assetto della Costituzione del 1948 in modo più incisivo di quanto accaduto con la modifica del titolo V, promossa dal centro-sinistra qualche anno fa a colpi di maggioranza e che ha dato risultati straordinari (si fa per dire): per esempio nella sanità...

La fonte della proposta è però di indiscutibile competenza, sicché sorge il legittimo sospetto che sia davvero una sorta di punta di spillo infilzata nelle terga dei partiti, ormai fuori dalla realtà che li circonda, incapaci di interpretare i segni di una crisi che li travolgerà tutti. Una sveglia impertinente con intenti salvifici.

Serve una stagione (ri)costituente per l'Europa e per l'Italia
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Il manifesto contiene un’analisi precisa e puntuale della radice dei mali italiani, il consociativismo su cui è stata eretta la carta fondamentale della repubblica post-fascista, un modello istituzionale che permea tutti i livelli di governo e che però soddisfa i corporativismo trasversale e i conflitti di interesse centrali e locali attraverso cui la casta dei politici, burocrati, politicanti e amici-degli-amici blocca l’economia italiana in ogni meandro.

La proposta dei professori è come la bandiera bianca sventolata nelle corse automobilistiche americane che indica ai piloti in pista “the last lap”, l’ultimo giro. Un messaggio chiaro, perché l’Italia è all’ultimo giro, ostaggio dei kapò di un lager di mediocrità, di cialtroneria personale e professionale, di connessioni con la criminalità. Non accade in nessun altro Stato dell’Occidente politico che almeno quattro regioni (Puglia, Campania, Calabria e Sicilia) siano sottratte all’effettivo controllo dello Stato e che emissari dello Stato siano accusati nelle aule di giustizia repubblicane di aver trattato con la “criminalità organizzata” (per ordine dei politici!!!), con il fine di interrompere una campagna militare contro la popolazione civile e innocente. Inimmaginabile altrove.

Dunque, presidenzialismo e legge elettorale maggioritaria  a doppio turno sono una ottima soluzione, ma solo per una parte del problema. Gli esponenti più giovani delle aggregazioni politiche dovrebbero avere il coraggio di de-partitocratizzare le istituzioni, la società, l’economia italiane; svegliare le coscienze e imporre cinque passi indietro, vera premessa per abbassare a livelli accettabili il debito pubblico e promuoverne l’europeizzazione federale. Senza una modifica strutturale profonda e di tutti i livelli di governo, il presidenzialismo francesizzante non risolverà niente e sarà solo un passo baldanzoso che non cambia la velocità di marcia del paese.

Sarebbe piuttosto utile far convergere gli sforzi di area liberale e “conservatrice” (tra virgolette per sottolineare che il conservatorismo valoriale italiano è chiamato a essere rivoluzionario...) e dare al Paese una proposta innovatrice integrata, da realizzare nel modo canonico, ossia attraverso un’Assemblea Costituente, soprattutto nel momento in cui tutti gli Stati europei sono chiamati a decidere di varcare il ponte dell’attuale assetto confederale e di erigere un vero Stato federale europeo.

Aprire la stagione rivoluzionaria federale, nazionale ed europea, per non sfuggire alle responsabilità della Storia e per soccombere di fronte alle pressioni geopolitiche da Oriente e dal Nord Africa. Questo serve alla comunità italiana e all’Europa. Senza queste scelte coraggiose, continueremmo a maneggiare quell’erba trastulla cui si riferirono Giovanni Agnelli e Attilio Cabiati nel 1918.

Da allora sono passati 94 anni, di cui 30 passati in inutili spargimenti di sangue, i restanti di pace e prosperità sotto la bandiera blu e le dodici stelle dorate. Servono altri argomenti per convincere che l’architettura federale può salvare l’Europa e l’Italia?

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