Opinioni | È arrivato il tempo di una “Dichiarazione di Dipendenza”. Un presidente eletto a Justus Lipsius, di Vincenzo Scichilone - 29.06.2012 | THE HORSEMOON POST -

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Opinioni | È arrivato il tempo di una “Dichiarazione di Dipendenza”. Un presidente eletto a Justus Lipsius, di Vincenzo Scichilone - 29.06.2012 | THE HORSEMOON POST

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Il Consiglio Europeo di Bruxelles, tra dissoluzione e federazione

E' arrivato il tempo di una "Dichiarazione di Dipendenza"
Un presidente eletto a "Justus Lipsius"
Salvare l’integrazione europea significa sopravvivere tra giganti geopolitici
L’Euro è una delle facce internazionali dell’Europa unita, non rimanga l’unica

di Vincenzo Scichilone

Articolo pubblicato il 29.05.2012 - h 16.10 | Tag: Stati Uniti d’Europa, repubblica federale, euro, assemblea costituente europea, convenzione costituzionale, commissione dei cinque Filadelfia

«Noi siamo senza esitare di opinione che, ove si voglia effettivamente rendere la guerra in Europa un fenomeno di impossibile ripetizione, una sola è la via aperta, che bisogna avere la franchezza di considerare: la federazione degli Stati europei sotto un potere centrale che li regga e li governi. Ogni altra più attenuata visione non è se non erba trastulla» (Giovanni Agnelli e Attilio Cabiati, FEDERAZIONE EUROPEA O LEGA DELLE NAZIONI?, 1918)


All’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, insieme al piano lanciato dal Segretario di Stato  dell’amministrazione Truman, George Marshall, teso alla ricostruzione dell’Europa, si avviarono i colloqui preparatori di un’alleanza politica (con un importante coté militare), poi firmata a Washington il 4 aprile 1949. Di questo trattato è più nota all’opinione pubblica l’organizzazione militare - la NATO (Norh Atlantic Treaty Organization) nell’acronimo inglese - che l’organizzazione politica, più importante in termini istituzionali e embrione di quell’area di dialogo interparlamentare degli Stati membri non affievolitasi con l’allargamento a Est.

Un passaggio poco conosciuto riguarda la posizione dell’Italia, inizialmente esclusa dal novero degli stati fondatori, a differenza della Germania federale (sotto occupazione americana, inglese, francese e sovietica) pietra angolare del contrafforte posto a est a protezione del crescente imperialismo sovietico. Furono i negoziatori francesi a pretendere l’inclusione dell’Italia ai colloqui e nel nucleo fondatore di quell’alleanza internazionale destinata a cambiare per sempre la vita dei cittadini europei (anche di quelli che allora erano sotto il giogo sovietico).

La circostanza creò qualche sorpresa, perché in Francia eventuali risentimenti e desideri di vendetta anti-italiani avrebbero avuto fondamento, come risposta al “tradimento” del 10 giugno 1940 e di quella dichiarazione di guerra a fianco del III Reich nazista. Ci furono certamente motivi geopolitici contingenti (alleggerire il peso specifico della nuova Germania nei rapporti inter-europei in proiezione atlantica), ma è fuor di dubbio che una motivazione più generale risiedeva nella “nuova era” dei rapporti europei, avviata da un nucleo di pionieri della libertà e dell’abbattimento dei pregiudizi.

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I Padri Fondatori dell’idea contemporanea di Europa unita furono i francesi Robert Schuman e Jean Monet, il belga Paul-Henry Spaak, il “tirolese” Alcide de Gasperi, il renano Konrad Adenauer, gli italiani Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, che in modo diverso avevano contribuito a inoculare i germi dell’unità europea nel pensiero politico continentale, come strumento per rafforzare gli anticorpi della libertà e di rendere la guerra un fatto inimmaginabile per il futuro.


Sotto questo aspetto, l’obiettivo è stato raggiunto con assoluta pienezza. Chi di noi, anche negli attuali momenti di difficoltà economica e di vivacità del dibattito economico-politico, può pensare alla eventualità che truppe tedesche e italiane (e così via) possano combattersi su un campo diverso da quello di un campo di calcio, durante una manifestazione sportiva militare? Nessuno sano di mente. Ergo, obiettivo raggiunto.

Da questo dobbiamo partire per capire che il percorso avviato il 9 maggio 1950 con la “Dichiarazione Schuman” sta per entrare nell’ultimo miglio, quello che dovrebbe condurre alla condivisione della sovranità tra Stati membri dell’Unione europea e Governo unico. Usiamo il condizionale, perché l’esito logico non è certo, visto l’attuale deficit di leadership politica in Europa. Ma questa mattina a Bruxelles l’accordo raggiunto sulla creazione di un meccanismo di contenimento dello spread, sulla devoluzione dei poteri di controllo dei deficit pubblici alla Troika, sulla ricapitalizzazione diretta del sistema bancario e su un piano di rilancio dell’economia sono passi importanti che vanno nel verso auspicato, perché corroborati dalla decisione di affrontare nel prossimo mese di ottobre il nodo fondamentale: l’unione politica, senza la quale tutto rimane evanescente e pericolosamente esposto agli attacchi della speculazione internazionale.

Frau Merkel ha ragione frau se si oppone alla condivisione dei debiti pubblici senza unificazione dei meccanismi decisionali che ne sono il presupposto, un passaggio su cui perfino l’opposizione francese di maca gollista scema di giorno in giorno.

Viviamo infatti nel paradosso del “dilemma del prigioniero”: la cooperazione costa (relativamente poco) a tutti, ma salva tutti. L’egoismo potrebbe costar poco nell’immediato, ma è destinato a fare sprofondare tutti. Un effetto tangibile della interdipendenza ormai radicata e noi più abrogabile per decreto o direttiva, senza cataclismi politici e istituzionali.

Che fare?

Oggi, le reazioni dei mercati a un “germoglio di federalismo” sono sintomatiche, ma la mossa dei capi di stato e di governo dei 27 è ancora pienamente nel solco di quel funzionalismo che avrebbe dovuto essere transitorio, almeno nella mente dei Padri Fondatori. Ma è anche il segno che l’Europa unita e governata come un unicum istituzionale è credibile, dà fiducia agli investitori (ed è temuta dagli speculatori), rende possibile ogni futuro di prosperità. Abbiamo nel Vecchio Continente varietà di possibilità, ricchezza di risorse, intelligenze per costruire un futuro condiviso. Perché “condividere” sarà il verbo del futuro prossimo, anzi è il verbo del presente.

Serve però una vera e formaleDichiarazione di Dipendenza”, speculare a quella ratificata dalla “Commissione dei Cinque” a Filadelfia il 4 luglio 1776. Un atto formale che avvii il processo di costituzione dello Stato federale. Nessuno Stato europeo può fare credibilmente a meno di tutti gli altri.

Questo storico passaggio necessiterà però di una legittimazione democratica che potrà essere impressa solo attraverso l’elaborazione di una Carta Costituzionale da affidare a un’apposita Convenzione Costituente, eletta a suffragio universale e diretto da parte dei cittadini europei. Una Convenzione democratica, che in un tempo limitato elabori il testo di una Carta Fondamentale da sottoporre alla ratifica degli Stati con appositi referenda costituzionali, per iniziare un nuovo capitolo della Storia europea.

Negli Stati Uniti d’America lo stesso iter è stato seguito oltre 230 anni fa. È arrivato il tempo per gli europei di avere un presidente eletto a “Justus Lipsius”, un Parlamento vero ed esclusivo organo legislativo, una giustizia federale, un fisco unico, sistemi di controllo della burocrazia unici, forze armate (e guardie nazionali di supporto) e autentiche forze di polizia federali. La crisi economica impone un’accelerazione del processo e una razionalizzazione delle strutture burocratiche a tutti i livelli di governo. Non c’è più tempo da perdere e occorre snidare tutti i falsi profeti dell’individualismo nazionale. Altrimenti sarà la catastrofe.

Chi la vuole?

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DICHIARAZIONE DEL VERTICE DELLA ZONA EURO
- 29 giugno 2012 -
• Affermiamo che è imperativo spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano. La Commissione presenterà a breve proposte relative a un meccanismo di vigilanza unico fondate sull'articolo 127, paragrafo 6. Chiediamo al Consiglio di prenderle in esame in via d'urgenza entro la fine del 2012. Una volta istituito, per le banche della zona euro, un efficace meccanismo di vigilanza unico con il coinvolgimento della BCE, il MES potrà avere facoltà, sulla scorta di una decisione ordinaria, di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari. Questa procedura si baserà su un'appropriata condizionalità, ivi compresa l'osservanza delle regole sugli aiuti di Stato, che dovrebbe essere specifica per ciascun istituto, specifica per settore ovvero applicabile a tutta l'economia e sarà formalizzata in un memorandum d'intesa. L'Eurogruppo esaminerà la situazione del settore finanziario irlandese nella prospettiva di migliorare ulteriormente la sostenibilità del programma di aggiustamento che sta dando buoni risultati. Casi simili saranno trattati allo stesso modo.

• Insistiamo affinché sia concluso celermente il memorandum d'intesa allegato al sostegno finanziario a favore della Spagna per la ricapitalizzazione del suo settore bancario. Riaffermiamo che l'assistenza finanziaria sarà fornita dal FESF fino a quando il MES non sarà disponibile, meccanismo al quale sarà in seguito trasferita senza ottenere status preferenziale.

• Affermiamo il nostro forte impegno a compiere quanto necessario per assicurare la stabilità finanziaria della zona euro, in particolare facendo ricorso, in modo flessibile ed efficace, agli strumenti FESF/MES esistenti al fine di stabilizzare i mercati per gli Stati membri che rispettino le raccomandazioni specifiche per paese e gli altri impegni, tra cui i rispettivi calendari, nell'ambito del semestre europeo, del patto di stabilità e crescita e delle procedure per gli squilibri eccessivi. Tali condizioni dovranno figurare in un memorandum d'intesa. Ci compiacciamo che la BCE abbia convenuto di fungere da agente per conto del FESF/MES nel condurre operazioni di mercato in modo effettivo ed efficace.

• Incarichiamo l'Eurogruppo di attuare tali decisioni entro il 9 luglio 2012.

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