Opinioni |Tutti i siciliani siamo complici della strage di Via d’Amelio, di Vincenzo Scichilone - 19.07.2012 | THE HORSEMOON POST -

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Opinioni |Tutti i siciliani siamo complici della strage di Via d’Amelio, di Vincenzo Scichilone - 19.07.2012 | THE HORSEMOON POST

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L’influenza della criminalità organizzata in Italia
Tutti i siciliani siamo complici della strage di Via d’Amelio
Paolo Borsellino e la scorta, cronaca di una morte annunciata
Le stragi di mafia avrebbero dovuto provocare una sollevazione della gente e una serie di licenziamenti in tronco, ma non è avvenuto
di Vincenzo Scichilone  | Articolo del 19.07.2012
Tag: Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Antonino Vullo,

Andando avanti con l’età in genere i ricordi possono affievolirsi, perdere di nitidezza. Non è così per il 19 luglio di venti anni fa, perché i miei ricordi sono nitidi, scolpiti nella memoria come su una latra di marmo. Una domenica pomeriggio calda e umida, con molti pensieri causati da scelte sbagliate di un ragazzo-non-ragazzo, deciso a cambiare la propria vita per reagire allo sguardo confuso e rabbioso di un uomo mite, suo padre, di fronte alla violenza promessa (e anche perpetrata) di un nugolo di farabutti. Con tanti ideali, il mito dello “Stato”, una quasi venerazione per le divise (quali che fossero). Decisioni già prese, maturate, al diavolo i motori, il giornalismo, le sicurezze di una vita vissuta con qualche agiatezza (a propria insaputa), ma vissuta però sul sacrificio e il sudore altrui.

Un salotto verde bottiglia, un televisore acceso, l’inusuale sonno pomeridiano rotto - di tanto in tanto - da scorribande nel Televideo Rai. Non c’era internet, la telefonia mobile era nella fase primordiale. Televideo era l’unico strumento di informazione in tempo reale. Stupisce come oggi sia costantemente in ritardo sui fatti, mentre allora fosse una finestra puntuale e costantemente aperta sul mondo.

Di colpo l’ultimora si tinse del nero cupo di due righe: “esplosione a Palermo zona via Autonomia Siciliana. Alta colonna di fumo”. Chi avesse consuetudine con Palermo, sapeva che in quella zona abitava Giuseppe Ayala, già collega di Falcone e Borsellino.

19 luglio 1992: strage di via d'Amelio. Vergogna senza fine...
19 luglio 1992: strage di via d'Amelio. Vergogna senza fine...

Tutti i siciliani siamo complici della strage di Via d’Amelio. Paolo Borsellino e la scorta, cronaca di una morte annunciata

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Chiamai mio fratello a casa, ma non rispose. Lo rintracciai da amici, suoi colleghi (futuri farmacisti, così come Lucia, una delle figlie di Borsellino), che abitavano nello stesso stabile al quinto piano, con vista sul Monte Pellegrino e la zona occidentale della città. «Abbiamo sentito il botto e vediamo una colonna di fumo nero» mi riferì «ci stiamo andando». Fine della comunicazione. Non fu necessario aspettare per sapere. Tutto il resto è noto.

È stato detto tutto e il contrario sulle stragi di mafia, sulle trattative
(ma come può uno Stato legittimo trattare con criminali?) per fermare le stragi, sul fatto che Borsellino avesse assoluta contezza della propria imminente morte.

Ma pochi hanno detto - da siciliani - che questi atti efferati pongono tutti i siciliani di fronte alle proprie responsabilità storiche, perché le indignazioni un-tanto-al-chilo non servono più. Servirebbe - sarebbe servita - una sollevazione di popolo di fronte a questi atti barbarici. Servirebbe - sarebbe servita - una reazione dello Stato non nella forma di iniziative temporanee (tipo l’uso dell’Esercito, che pure servì), ma con azioni politiche di lungo periodo in grado di scardinare la mala pianta mafiosa, per espellere le istituzioni infettate dalla criminalità.

Non è avvenuto perché la maggior parte della popolazione siciliana (onesta) considera mafia e politica (quindi Stato) due facce della stessa medaglia; anche perché di fronte ad attacchi così poderosi della criminalità, evidente  segno dell’inefficienza degli apparati di prevenzione, nessuno ha mai pagato con il licenziamento in tronco, nessuno è stato mai costretto a dimettersi, nessuno ha avuto la buona creanza istituzionale di ammettere il proprio fallimento.

Al contrario, qualcuno (molti) compresero le potenzialità di un’antimafia di maniera, quella paventata e denunziata da Leonardo Sciascia e da me non compresa all’epoca, causa furore idealista. Si è deciso - a vari livelli della cosiddetta società civile - di demandare alla magistratura (così ferocemente attaccata) la soluzione del problema mafia, anche in ambito culturale e politico.

Invece la magistratura dovrebbe - avrebbe dovuto - perseguire solo i reati e la società civile dovrebbe - avrebbe dovuto - cassare i comportamenti, esecrare le amicizie discutibili, condannare col voto le relazioni contro-natura dei politici siciliani (e non), grazie alla conoscenza dei fatti diretta, a prescindere dalla loro dimostrabilità in sede processuale.

La società civile siciliana questo non l’ha fatto e ha lasciato che alcuni ambienti si appropriassero del tema “legalità” come strumento per la costruzione di carriere politiche di incredibile impatto mediatico, ma dense di incompetenza amministrativa (ma evidentemente con l’unico merito di sollevare il velo complice del silenzio).

Per questo tutti i siciliani siamo complici dello scempio perpetrato su Paolo Borsellino, Emauela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e di quanti hanno creduto nella possibilità di combattere il cancro mafioso mettendo in conto anche il sacrificio della vita. Noi tutti siamo colpevoli delle stragi di mafia. Noi tutti dovremmo vergognarci per aver legittimato una classe politica compromessa, con diversi gradi di partecipazione, allo scempio del corpo della Sicilia, terra magica e meravigliosa, lordata di sangue fratello da mano sorella.
Vergogna!

© Riproduzione riservata

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