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Un anno di Monti: il rigore c’è, il gettito no
Da "Fermare il declino" del 17/11/2012
di Ugo Arrigo
ll governo Monti compie un anno ed è tempo di un bilancio. Nel discorso di presentazione alle Camere del 17 novembre 2011 il Presidente del consiglio disse: “Gli investitori internazionali detengono quasi metà del nostro debito pubblico. Dobbiamo convincerli che abbiamo imboccato la strada di una riduzione graduale ma durevole del rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo. Quel rapporto è oggi al medesimo livello al quale era 20 anni fa, ed è il terzo più elevato fra i paesi dell’OCSE. Per raggiungere questo obiettivo intendiamo far leva su tre pilastri: rigore di bilancio, crescita ed equità”.
Rigore di bilancio, crescita ed equità, i tre obiettivi chiave del governo, sono anche gli aspetti sui quali il governo deve essere valutato. Ci sono stati? L’equità purtroppo no, come si è detto in dettaglio in relazione all’imposta più controversa adottata, l’IMU. Nell’occasione, ma non solo in questa, il governo non ha superato il test di Aristotele secondo il quale occorre trattare in maniera eguale gli eguali (equità orizzontale) e in maniera proporzionale i diseguali (equità verticale). Eppure l’equità si poteva ottenere a costo zero pur in provvedimenti (non condivisibili) di inasprimento della fiscalità.
Neanche la crescita c’è stata. Anzi il governo Monti potrebbe essere l’unico della Repubblica nel corso del cui mandato il Pil non sarà mai salito, neppure per un trimestre isolato. Se valutiamo il governo sulla base dei principali parametri macroeconomici, il giudizio non può che essere negativo. Osservando le previsioni macroeconomiche dell’Istat, stimate col suo modello econometrico, emerge che nel biennio 2012-
1) Il Pil si riduce di quasi tre punti percentuali (-
2) La domanda interna complessiva cala di 6 punti percentuali nel biennio che diventano 7 se vi sommiamo anche la diminuzione del 2011. Nel 2009 si ridusse solo del 4 e ½ %.
3) Tutte le componenti della domanda interna sono previste in riduzione in ognuno dei due anni: i consumi delle famiglie di circa 4 punti complessivamente, la spesa delle Amministrazioni pubbliche e delle Istituzioni non profit private di circa 3 punti, gli investimenti fissi lordi di ben 8 punti.
4) L’occupazione (unità di lavoro) è prevista in calo di circa due punti percentuali nel biennio. Furono quasi 3 nel 2009.
5) La disoccupazione è prevista all’11,4% nel 2013, tre punti esatti sopra il valore del 2011. Nel 2009 salì solo di ½ punto.
Considerando che non siamo di fronte alla più grande recessione internazionale dal 1929, quella si è già verificata nel 2009, ma solo di fronte ad una recessione autarchica da stretta fiscale inopportuna si dovrebbe forse parlare di fronte a questi numeri di una Caporetto economica.
L’equità non c’è stata, la crescita neppure, il rigore anche troppo. Ma siamo sicuri che si tratti di un rigore utile? Ho sostenuto in diverse occasioni come questo esecutivo sembri confondere il paese col suo settore pubblico, il settore pubblico col suo bilancio e il bilancio col suo pareggio. Tutti gli italiani sono consapevoli dell’inasprimento fiscale che vi è stato, dell’aumento di aliquote e dell’introduzione di nuovi balzelli. Ma essi hanno anche portato al maggior gettito previsto oppure no? Anche in questo caso la risposta è negativa.
La tabella sottostante riporta i conti sintetici dell’aggregato delle Amministrazioni pubbliche, quello che vale per la verifica dei parametri di Maastricht. Ogni colonna riporta la somma di quattro trimestri, quindi un intero anno, delle principali voci di entrata e spesa. Il dato nella colonna del IV trim. 2011 è dunque il totale dell’anno 2011 (i 4 trimestri terminanti nel IV) mentre il dato nella colonna del II trim. 2012, l’ultimo disponibile, è la somma del III e IV trim. del 2011 più il I e il II trim. del 2012, quindi rappresenta la somma dei 12 mesi terminanti a giugno 2012. I dati di ogni colonna sono pertanto confrontabili con quelli di ogni altra, rappresentando ognuno i valori di 12 mesi.
Fonte: elaborazioni su dati Istat, Conto economico trimestrale delle Amministrazioni Pubbliche
Come si può osservare dall’ultima colonna, che riporta le variazioni intercorse nei tre trimestri in cui ha governato l’esecutivo in carica, il gettito delle imposte dirette e dei contributi sociali risulta in lieve calo mentre l’incremento di 7 miliardi nelle entrate corrente è interamente imputabile all’aumento delle imposte indirette (aumento Iva al 21% e inasprimento accise). Considerando anche le entrate in conto capitale, non esplicitate nella tabella, l’incremento delle entrate totali è risultato di quasi 12 miliardi.
A cosa sono serviti questi 12 miliardi di gettito in più? La risposta la fornisce la seconda parte della tabella: integralmente a coprire maggiore spesa corrente, di cui in particolare 8 miliardi di spesa per interessi in più (conseguenza dello spread). Se guardiamo tuttavia alle spese totali vediamo che esse sono aumentate solo di 6 miliardi e non di 12 come quelle correnti. Questo vuol dire che sono stati risparmiati 6 miliardi nella spesa in conto capitale (minori investimenti) che si sono tradotti in un miglioramento equivalente nell’indebitamento, il disavanzo complessivo della P.A, che infatti scende nei tre trimestri considerati da 65 a 59 miliardi.
Ma 59 miliardi coincide praticamente col dato dell’intero 2011 (60 miliardi), ancora pari a quasi 4 punti di Pil. Siamo 18 miliardi sopra i 41 indicati per il 2012 solo poche settimane fa dal governo nel documento di aggiornamento al DEF. Non sembra di vedere i nostri conti pubblici decisamente indirizzati verso il risanamento. Risanamento e pareggio appaiono ancora far far away, come direbbero i protagonisti di Shreck, mentre recessione e disoccupazione sono so close. Il rigore c’è, la recessione pure, il gettito no.
Sorge a questo punto il dubbio di cosa significhi davvero rigore, dato che sembra il sostenimento di un costo in assenza della possibilità di ottenere un risultato. Chiamiamo in soccorso il dizionario Garzanti della lingua italiana. Voce molto ampia con diversi significati dei quali i più appropriati al nostro caso risultano rigorosità, austerità. Meglio tuttavia leggerla sino in fondo. Ecco qualcosa d’interessante: “Dal lat. rigore (m), deriv. dirigere ‘essere rigido’ “. Che rigore voglia solo dire rigidità? Forse bisognerebbe spiegarlo anche agli elettori tedeschi.
Articolo originale pubblicato su "Fermare il declino"
https://www.fermareildeclino.it/articolo/un-