Rubriche | Caro Comandante de Falco (09.03.2012) | THE HORSEMOON POST -

Caro Capitano De Falco,

Mi passi questo incipit con quel "caro" che suona quasi falso, ma a casa mia sono io che decido chi mi è caro, chi merita la mia stima e il mio rispetto, chi rappresenta per me un esempio da seguire.

Come succede di solito quando un emerito sconosciuto sale alla ribalta e diventa inconsapevolmente, o addirittura suo malgrado, personaggio pubblico, si instaura un rapporto del tutto singolare tra lui e il resto del mondo. Ora tutto il mondo la conosce ma è una conoscenza a senso unico. Lei, di quel resto del mondo, non sa nulla.

Io conosco due minuti scarsi della sua vita. Li ho conosciuti dalla sua voce determinata e autorevole e da alcune sue frasi riportate dalla stampa. Ho sentito nella sua voce imperiosa la consapevolezza di chi sa cosa si deve fare, la rabbia di chi non vede fare quello che si deve fare, la rabbia di chi non può essere sul posto a fare in prima persona quello che si deve fare.

Di lei ho letto frasi di una quotidianità disarmante, di una semplicità e di un candore che mi hanno fatto venire le lacrime agli occhi e un nodo alla gola, un nodo di commozione che ha vissuto di vita propria. Intanto la mia mente non sapeva pensare che una parola, una parola sola: "grande!".

"Gesù, che ho fatto di straordinario?", "Macché eroe, dovevamo salvarli tutti!", "L'eroe è il mio sottocapo...". Frasi di un uomo di tutti i giorni, di un uomo qualunque che ha una famiglia da mantenere e un servizio da rendere allo Stato e alla sua Coscienza.

Eh no, caro Capitano! Lei non sarà certo un eroe nella sua coscienza ma lo è negli animi di coloro che si sono imbattuti in quella sua telefonata trasmessa da tutti i media!