THE HORSEMOON POST ©2012 | Politica: Italia, Europa| Le lezioni di Tolosa e la sicurezza sussidiaria, di Vincenzo Scichilone (23.03.2012) -

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THE HORSEMOON POST ©2012 | Politica: Italia, Europa| Le lezioni di Tolosa e la sicurezza sussidiaria, di Vincenzo Scichilone (23.03.2012)

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FRANCIA, TERRORISMO

La striscia di sangue di Mohammed Merah

Le lezioni di Tolosa e la sicurezza sussidiaria

L'intelligence e la sicurezza di prossimità devono remare nella stessa direzione
di Vincenzo Scichilone

Articolo pubblicato il 23.03.2012 - h 16.20 (ultimo aggiornamento 24.03.2012, h 2.55)

Tag: Mohammed Merah, strage di Tolosa, Al Qaeda, terrorismo islamista, intelligence, polizia, Gendarmerie Nationale



Mohammed Merah è l'ultima conferma in ordine di tempo che il mondo non è un posto sicuro, ma – parafrasando Churchill – non ne abbiamo uno migliore. Il giovane pluri-delinquente francese di origine algerina, convertito all'Islam radicale e alla causa islamico-imperialista di Al Qaeda (la ricostituzione del Califfato Islamico dal Marocco all'Indonesia) ha lasciato una lunga scia di sangue, ma anche qualche lezione di cui purtroppo non si farà tesoro, come avvenuto dopo l'11 Settembre. Proviamo per il momento a citarne tre.

RUOLO DEI SERVIZI DI INFORMAZIONE E DI INTELLIGENCE
Merah era monitorato dai servizi di informazione. Il DCRI (Direction centrale du renseignement intérieur) lo aveva interrogato lo scorso autunno, ma non lo aveva considerato pericoloso. Come François Heisbourg, esperto di difesa e autore del recente “Espionnage et Renseignement” (Odile Jacob), rileva nell'intervista pubblicata oggi su “Liberation” (“Merah n’a pas été adéquatement surveillé”, di Alexandra Schwartzbrod) c'era un elemento importante per non allontanare gli occhi dal franco-algerino, il suo “vagabondare” in Afghanistan e Pakistan, più che le sue opinioni politico-religiose. È evidente che di cittadini francesi, così come italiani, che vadano in estremo oriente, soprattutto in zone sensibili, non ce ne saranno molti; e, tra questi, chi non ha niente da nascondere non celerà in alcun modo le finalità del proprio viaggio, quale che sia.

Alcune circostanze interessanti  avrebbero dovuto far riflettere. La data di avvio dell'azione di Merah – 11 marzo – è altamente simbolica, perché coincide con la “Giornata della memoria delle vittime del terrorismo” indetta dall'Unione Europea nell'anniversario dell'attacco a Madrid dell'11 marzo 2004 (191 morti, 1800 feriti). Le prime indagini, al contrario, sono state rivolte più ai circoli nazifascisti che all'estremismo islamista. Troppo spazio al politicamente corretto? E a che livello è la cooperazione internazionale, soprattutto in ambito NATO, visto che Mohammed Merah risulta nella black list dei terroristi dell'FBI, da cui era considerato soggetto pericoloso?

La competenza operativa mostrata da Merah, durante tutta la sua operazione di terrore diffuso sul territorio, è segno di un background di conoscenze che non può essere da autodidatta. Sarebbe interessante capire chi lo ha formato e con quali finalità. La rivendicazione postuma di Al Qaeda non aggiunge niente, perché oggi Al Qaeda è un brand in franchising che dice poco dei pupari del terrore di volta in volta dietro alla operazioni di teatro.  Piero La Porta ieri ha ipotizzato su “Italia Oggi” ("I fanti russi in funzione antiterrorismo sbarcati nel porto siriano di Tartus", Italia Oggi, 22.03.2012) che Merah potesse essere un agente operativo dei servizi siriani (molto attivi all'estero) e che tutta l'azione possa essere stata una risposta in territorio francese alla “guerra segreta” della Francia contro Assad. Più nello specifico, una risposta all'arresto di tredici militari delle forze speciali francesi a Homs. Ipotesi suggestiva ma non irrealistica.

Un buco informativo tra il DCRI, che risponde al ministero dell'Interno e ha un centro di coordinamento periferico a livello di prefettura, occupandosi di informazioni per la sicurezza interna; e il DGSE (Direction Générale de la Sécurité Extérieure), che invece risponde alla Difesa e si occupa di intelligence estera, potrebbe perciò essere il presupposto della libertà di azione del terrorista solitario (ma col supporto della famiglia). Nessuno si sarebbe preoccupato di capire perché, come, per quanto tempo Merah fosse andato in Afghanistan e Pakistan e per quali finalità. Probabile che questa “sottovalutazione” sia stata creata da problemi di budget, che limitano le attività di sorveglianza attiva sui potenziali pericoli sul territorio, ma forse anche da un corto circuito tra intelligence, servizi di informazione interna e polizia sul territorio.

SICUREZZA DI PROSSIMITÀ' E SUSSIDIARIETÀ
Pensare di affidare la sicurezza sul territorio solo ed esclusivamente alle forze di polizia, all'intelligence e ai servizi di informazione è una pia illusione. Gli attuali generalizzati problemi di bilancio e le regole basilari dei sistemi democratici impediscono di strutturare una rete capillare di sorveglianza e monitoraggio delle azioni individuali. Al contrario, ogni giorno si elevano grida di allarme sull'invasione della sfera personale per effetto del moltiplicarsi di sistemi Sigint civile a bassa intensità (Signal intelligence. Esempio: le tracce dei telefoni mobili mappati sul sistema cellulare) o Vigint (Video Intelligence, esempio la videosorveglianza), quasi invasive delle libertà personale.


La soluzione non può essere solo istituzionale, ma va messo a punto un protocollo efficace per regolare correttamente il rapporto tra cittadinanza e forze di polizia. Rapporto bilanciato da entrambi i versanti della catena di collegamento, sulla base di un principio non esplicito, ma tenuto nella giusta considerazione: meglio un falso allarme in più, che un morto in più. A tal proposito, le prime testimonianze raccolte sono al limite del desolante. Una vicina di casa di Merah ha dichiarato, sotto tutela dell'anonimato, di averlo più volte segnalato alla polizia, senza ottenere alcun risultato.

Questo dimostra non tanto le lacune tout court delle forze di polizia (in Francia, come in Italia), ma il fatto che troppo spesso le autorità competenti non tengono in adeguato conto le segnalazioni dei cittadini, generando come valore aggiunto un aumento della sfiducia civica (il vostro cronista ha vissuto situazioni al limite del grottesco, a sud dell'Italia, come al nord, lasciandone traccia esplicita: dando subito nome, cognome - con spelling - e numero di telefono). Se funziona male il raccordo tra cittadini e servizi di sicurezza sul territorio, non occorre fantasia per ritenere probabile il ripetersi di eventi come quello di Tolosa.

DE-MEDIATIZZARE LA SICUREZZA, NON SOTTOVALUTARE I SEGNALI
L'attacco di Mohamed Atta e Compagni agli Stati Uniti l'11 Settembre del 2001 fu possibile anche grazie alla sottovalutazione di molti segnali preoccupanti, determinata essenzialmente da una mole di informazioni non correttamente collegate e interpretate. Fallimento dell'intelligence che diede la stura ai dietrologi di professione e a qualche esperto bricoleur di geopolitica. A Tolosa è avvenuta più o meno la stessa cosa.

Il presidente Sarkozy, cosciente che i fatti di Tolosa avrebbero avuto riflessi positivi sulla propria campagna elettorale per le imminenti presidenziali, ha dato ordine di catturare vivo Merah. Il RAID (Research, Assistance, Intervention, Deterrence, omologo dei nostri NOCS), il reparto di agenti speciali e di assalto della Polizia Nazionale, ha improntato tutta l'azione a questo obiettivo, ma tecnicamente qualcosa è andato storto.

Una testimonianza è il video che vi proponiamo, del canale all news francese BFMTV, della durata di oltre otto minuti. Una battaglia campale in città, che ha sollevato critiche e interrogativi. Di un certo rilievo le riflessioni e i quesiti posti da Christian Prouteau, fondatore del GIGN (Groupe d'intervention de la gendarmerie nationale, omologo dei nostri GIS dei Carabinieri), il quale si è chiesto «come mai la migliore unita' della polizia non è riuscita a fermare un solo uomo? Bisognava riempirlo di gas lacrimogeni. Non avrebbe retto cinque minuti. Invece hanno lanciato granate, mettendo l'uomo in uno stato psicologico che l'ha incitato a proseguire la guerra». Un monito per le azioni future.

Che ruolo ha avuto la copertura dell'assalto da parte dei media di tutto il mondo? Non sarebbe stato il caso di "isolare" Merah con un "cordone sanitario mediatico" in modo da impedire i contatti con eventuali controllori? Chi ci garantisce, infatti, che il "l'assassino dei bambini" non abbia ricevuto "ordini" via radio, a distanza, sulla base di quanto trasmesso da France 24 in diretta tv?

Le emergenze come quella di Tolosa di due giorni fa andrebbero de-mediatizzate, per garantire una cornice di silenzio attorno alle operazioni di cattura di soggetti dalla comprovata efferetezza, ma dalla indimostrata ragnatela di relazioni dubbie. Il che non significa censura sulla stampa, ma solo una limitazione delle riprese televisive e la diffusione di notizie.

I giornalisti siano assolutamente liberi di cercarsi le notizie, ma le unità tattiche sul terreno dovrebbero godere di un alone di segretezza assoluta, che dovrebbe riguardare anche le metodologie operative e le tattiche utilizzate.

Da osservatori, vedere le foto degli operatori del RAID con il volto scoperto (che noi abbiamo celato per senso di responsabilità) alla fine della lunga operazione di assalto alla casa di Merah, ci fa concludere che evidentemente si è smarrita la bussola della realtà e non si comprende che, grazie alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, il mondo è un posto troppo piccolo per divulgare segreti che andrebbero tutelati, oltre che troppo pericoloso per non tenerne conto.



© Riproduzione riservata

Video del canale all news francese BFMTV:
la testimonianza della violenza dell'assalto e della resistenza di Mohammed Merah a Tolosa
 
 
 
 
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