THE HORSEMOON POST ©2012 | Politica: Italia, Europa| Il movimento dei forconi, prove tecniche di disobbedienza civile, di Vincenzo Scichilone - 20.04.2012 -

Cerca su THP
, ore
Vai ai contenuti

Menu principale:

THE HORSEMOON POST ©2012 | Politica: Italia, Europa| Il movimento dei forconi, prove tecniche di disobbedienza civile, di Vincenzo Scichilone - 20.04.2012

Cronaca > Italia
Politica, cronaca e non solo




Analisi Politica

Situazione socio-economica esplosiva pre-insurrezionale
Il movimento dei forconi, prove tecniche di disobbedienza civile
Similitudini con la Lega Lombarda del '92. Proposte concrete e costruttive,
ma manca un ideologo come Gianfranco Miglio. Influenze della criminalità organizzata?
di Vincenzo Scichilone
Articolo pubblicato il 20.04.2012 h 17.15

Tag: crisi economica, partitocrazia, finanziamento pubblico della politica, movimento dei forconi. Gianfranco Miglio


Chi racconta i fatti non dovrebbe avere pregiudizi e dovrebbe ascoltare senza il velo del preconcetto ogni manifestazione di opinione, ogni proposta e anche ogni protesta. Confessiamo che a questo basilare pilastro della professione avevamo abdicato a piè pari, aderendo senza riserve allo stuolo di chi, di fronte al subbuglio dei blocchi stradali del gennaio scorso, si iscrisse senza riserve nel partito “anti-forconi”. Niente di più sbagliato, senza un'analisi minima. Ammettiamo l'errore, anche se qualche riserva permane circa le ipotizzate influenze della criminalità organizzata su questa forma di espressione organizzata, ma popolare, di disaggio sociale ed economico. Sicché conviene levarsi il sassolino dalla scarpa subito, per poter poi procedere senza fastidi in un ragionamento serio.

Se il Movimento dei Forconi in Sicilia sia influenzato dalla criminalità organizzata è materia di cui dovrebbero occuparsi la magistratura della Repubblica e le forze di polizia. Se ci sono personaggi con il “doppio cappello” li si smascheri e, se compiono reati, li si persegua. Anzi, conviene ai dirigenti di questo movimento svelare influenze indebite e interessamenti inconfessabili che finirebbero per togliere forza a un movimento di base che esprime molte idee concrete e condivisibili, pur mancando di un ideologo come fu Gianfranco Miglio per la Lega Lombarda degli esordi.

Sono molte infatti le similitudini tra i “Forconi” e il movimento di Bossi, oggi sotto la luce dei riflettori per fatti gravi ma anche per indegne strumentalizzazioni di parole estrapolate dal contesto. Una similitudine può essere anche l'illusione che il fenomeno “mafioso” sia in qualche modo “governabile” o che sia ininfluente. Se è acclarato ormai il rapporto tra criminalità e politica, come si può escludere a priori un tentativo di strumentalizzazione, di influenza, di etero-direzione di un movimento popolare che avrà pure le scarpe grosse, ma ha sicuramente un ventaglio di idee molto concrete? Quindi, va detto a chiare lettere che la criminalità organizzata è un cancro che blocca la Sicilia e il meridione d'Italia. Con la criminalità organizzata smembrata e ridotta a delinquenza semplice, tutto è possibile per il Sud. Anche diventare la locomotiva italiana ed europea.

Un dato certamente comune con la Lega del 1992 è l'anti-partitocrazia, ossia l'avversione contro “questa” politica, ritenuta incapace di tradurre i bisogni generali in decisioni a favore della cittadinanza, perché più interessata a risolvere questioni di bottega; considerata invasiva della libertà individuale e della libertà di impresa; scriteriata nell’amministrare la nazione e gli enti locali. Senza distinzioni di colore o parte politica, ma anche con il discernimento necessario a giudicare questioni complesse.

Ieri a Gela il “Movimento dei Forconi” ha incontrato qualche decina di imprenditori agricoli del comprensorio, anticipando alcuni dei temi che verranno proposti nei prossimi giorni. Il clima è - senza giri di parole - pre-insurrezionale, di fronte alla protervia e alla cecità della politica. «Tutta Italia è in ginocchio» ha affermato Mariano Ferro «e questi (i politici, ndr) parlano di finanziamento pubblico...». Sicuramente un pensiero che non ha dietro analisi politologiche da think-tank, né lo studio del pensiero di Guicciardini o la disamina dei temi principali del “Leviatano” di Hobbes, ma certo un’assonanza drammatica con quello che pensa la maggioranza degli italiani.

Il Movimento dei Forconi si prepara a muovere “guerra” alla politica, perché comprende bene i fenomeni dietro cui è montata la crisi attuale, a partire dai temi dell’agricoltura meridionale quale chiave di volta (anzi: di ribaltamento) dell’attuale congiuntura. È mai possibile, si chiedono i forconisti, che i produttori locali debbano subire la concorrenza sleale dei prodotti egiziani o maghrebini, spacciati per siciliani, senza che le autorità competenti abbiano gli strumenti per stanare e bastonare i “furbetti del carciofino”? O, come avviene in altre regioni (Veneto), è mai possibile che una mozzarella sia prodotta in Germania e venduta a un prezzo irrisorio, spacciandola per italiana?

Il blocco dei porti al traffico delle petroliere è una delle proposte che il movimento sta valutando di attuare nel prossimo futuro, anche se parrebbe esclusa la riproposizione dei blocchi stradali dei mesi scorsi, che hanno arrecato grave danno all’economia senza produrre effetti e risultati degni di nota. Una possibilità che era stata valutata anche a gennaio, ma che poi non fu attuata - a detta di uno dei leader del movimento, Mariano Ferro - per senso di responsabilità. «Fummo convocati in prefettura, io a Siracusa per Priolo e Giuseppe Sgarlata (l’altro esponente di spicco dei “Forconi”, ndr) a Caltanissetta per Gela. Ci fu detto chiaramente che i dirigenti dei due petrolchimici avevano inviato delle lettere con cui si minacciavano licenziamenti di massa in caso di blocco dei porti e degli impianti» ha svelato Ferro «mettendo sul piatto della bilancia la minaccia occupazionale. Avremmo avuto sulla coscienza 800 licenziamenti o meglio avrebbero addebitato al movimento la responsabilità di una decisione che probabilmente era già stata presa. Questo vero e proprio assist non lo abbiamo voluto fare allora, ma oggi il discorso è diverso. Ora siamo pronti a bloccare il porto di Augusta. E stiamo pensando sul da fare». Una posizione realista e niente affatto estremista.

Ma le prove tecniche di insurrezione sembrano non fermarsi alla Sicilia, perché i “Forconi” asseriscono di avere contatti con tutta Italia, dalla Lombardia alle Marche, dal Piemonte alla Basilicata, dalla Toscana al Lazio. Pare si sia attivato un coordinamento per dare alla protesta una valenza nazionale e una dimensione che non possa sfuggire perfino agli organismi internazionali.

La data limite è il 28 maggio prossimo, termine che il movimento si è dato per concordare una forma di protesta che sia incisiva e decisiva per avviare una fase di sostituzione dell’intera classe politica, considerata autocratica e sganciata dalla realtà sociale ed economica del Paese. Quale forma avrà questa protesta? Niente è escluso, tranne il metodo democratico: «tenete presente che decideremo tutti insieme, ma nel momento in cui si deciderà non avremo più scuse e dovremo portare la protesta fino alle estreme conseguenze» ha detto Ferro ieri a Gela «la linea generale è quella di non farci male e di non fare male a nessuno. Ma la situazione è al collasso. O ci salviamo tutti o non si salva nessuno».

C’è però l’idea di prendere spunto dal proposito espresso qualche giorno fa dal sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, il quale ha scritto a Mario Monti una lettera aperta dal tono perentorio: pronti alla disobbedienza civile e a non pagare l’Imu, se non si riforma il finanziamento ai partiti. I “Forconi” incalzeranno le amministrazioni locali su questa via, a cominciare dai 148 sindaci eletti nella prossima tornata di amministrative.

Basterebbe conoscere un po’ di Storia per considerare seriamente i “Forconi”, ma la classe politica mostra oggi una scandalosa distanza perfino dai rudimenti della materia. Altrimenti ricorderebbe cosa avvenne nel porto di Boston, Massachussets, giovedì 16 dicembre 1773, quando un gruppo di giovani libertari assaltò le navi provenenti dalla Madrepatria britannica e gettò a mare le casse di te defiscalizzato ad arte dalla corona, per contrastare il libelo commercio delle colonie.


Il Boston Tea Party è considerato il punto di non ritorno della protesta civile contro la protervia fiscale di Giorgio III, dunque il presupposto politico della guerra d’indipendenza americana. È difficile (ma non impossibile, visto che cultura e scolarizzazione non camminano sempre insieme...) che i protagonisti del “Movimento dei Forconi” conoscano le gesta e le idee dei “Sons of Liberty” nordamericani, ma le intenzioni sono uguali di fronte ad analoghi comportamenti della politica italiana che, per paura di prendere decisioni impopolari e per l’impossibilità di trovare un accordo nazionale, s’è fatta scudo del governo Monti.

A Boston, duecentotrentanove anni fa, a mare finirono le casse di te che rappresentavano il lontano e nemico sovrano inglese. Domani a mare potrebbero finirci gli appartenenti della peggiocrazia cleptomane italiana.

© Riproduzione riservata

 
Traduzione by Google Traslate
THE HORSEMOON POST NEWSLETTER

Tip
Iscriviti per ricevere
aggiornamenti e promozioni
Traduzione by Google Traslate
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Torna ai contenuti | Torna al menu