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Sport
Dopo la notte di follia a Firenze
Delio Rossi vittima di colpe non sue
Lo sport torni a essere palestra di valori
La reazione dell’allenatore riminese è la conseguenza del permissivismo dei presidenti
Giovani, ricchi e maleducati: quando lo sport non dà buoni esempi
di Vincenzo Scichilone
Articolo pubblicato il 3.05.2012 | h 19.10 (ultimo aggiornamento 4.05.2012, h 3.59)
Tag: calcio, maleducazione, denaro, violenza, terzo tempo
Delio Rossi ha una storia di calciatore e di allenatore al di sopra di ogni sospetto. Linda da macchie. Senza alcuna inclinazione alla violenza, neppure accennata, neppure verbale. La reazione di mercoledì sera è un puntino, in un libro bianco splendente. Il presidente Della Valle ha dovuto applicare le regole, licenziandolo, ma lo ha fatto quasi ammettendo implicitamente che è una decisione più che voluta, perché bisogna onorare "lo spirito della società" e dare un segnale contro la dilagante violenza. Però per Rossi le attenuanti ci sono, c'erano, se non proprio la giustificazione.
Tutto sarà più chiaro se verrà confermata la circostanza che ha spinto l’ex allenatore della Fiorentina a picchiare con rabbia il ventenne Adem Ljajic, appena sostituito al 32° minuto del primo tempo di Fiorentina-
Una legittima difesa attiva, di un padre ferito nell’amore più caro. Chi non è genitore potrà valutare maleducato il gesto; ma solo chi lo è potrà sentire quelle parole alla stregua di un ferro rovente che pertugia la carne viva.
La frase dall’attaccante serbo è però solo l’ultimo episodio di una lunga serie di vicende più o meno note con al centro sportivi, più o meno noti. È il segno della crisi profonda -
La parte più importante è nelle mani dei presidenti e dei dirigenti delle società sportive, da quelle più piccole di periferia ai grandi team, a prescindere dalla disciplina, perché i giovani attraverso lo sport ritrovino le coordinate per vivere una vita corretta, in cui siano rispettate (mediamente) le regole, si percepisca il limite tra giusto e non giusto, si individui il percorso più corretto per mediare tra legittimi interessi individuali e valori collettivi. Vale per i protagonisti sul campo, vale per gli spettatori, per i dirigenti. Vale per tutti noi. Non si possono più consentire comportamenti non adeguati alla missione, perché le simulazioni in campo sono il primo stadio di un percorso che porta inevitabilmente alla violazione delle più elementari regole di convivenza civica.
Occorre celermente ridare allo sport il ruolo che gli compete, quello di palestra di valori. Altrimenti sarà più difficile -
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