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Il moltiplicarsi di casi di meningite lungo la Penisola spinge l\u2019opinione pubblica a porsi il drammatico quesito se vi sia alle porte una epidemia della malattia, connessa ad altri fenomeni geopolitici. Marco Filippi compie un\u2019analisi di scenario particolarmente interessante<\/span><\/h6>\n
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Nelle ultime settimane il Paese \u00e8 agitato da un continuo susseguirsi di notizie che riguardano l\u2019emersione di casi di malattie infettive, mentre di pari passo il dibattito tra pro-vaccino e no-vaccini infuria sui media.<\/span><\/p>\n

Possiamo qua ricordare il recentissimo presentarsi a Torino di un caso di meningite di ceppo W135 (tipico della Meningitis Belt subshariana), la morte di un bambino per morbillo, l\u2019allerta lanciata dal Ministero Affari Esteri per una possibile epidemia di meningite in Nigeria, il presentarsi di un caso di meningite probabilmente virale in un poliziotto in servizio in una grande citt\u00e0 italiana, perfino la notizia di un bambino piccolo infettato da tetano, primo caso dopo 30 anni, ed infine il caso di un adulto vaccinato in buona salute \u00e8 stato colpito da meningite di un ceppo presente in Italia, senza ottenere per\u00f2 protezione alcuna dalla vaccinazione effettuata l\u2019anno precedente.<\/span><\/p>\n

SIAMO DI FRONTE QUINDI A QUALCHE EPIDEMIA?<\/strong><\/span><\/h2>\n

Per tranquillizzare, si pu\u00f2 dire che non c\u2019\u00e8 un\u2019epidemia<\/strong>. Ci sono apposite scale internazionali per definire il livello di contagio, ma per essere sintetici<\/strong> possiamo definire che il livello di \u201cpandemia\u201d, \u201cepidemia\u201d e \u201cfocolaio\u201d, sicch\u00e9 si pu\u00f2 affermare che l\u2019apparire di singoli o perfino diversi casi sporadici non rientra in nessuno dei livelli di allerta.<\/span><\/p>\n

Non vi \u00e8 quindi al momento nessuna emergenza dal punto di vista epidemiologico<\/strong>.<\/span><\/p>\n

TUTTO A POSTO DUNQUE?<\/strong><\/span><\/h2>\n

Neanche<\/strong>. La propagazione di virus e batteri potenzialmente pericolosi, dal punto di vista epidemiologico, l\u2019evidenza dei giusti fattori da parte dell\u2019ospite (e ambientali), \u00e8 su base logaritmica, ovvero laddove si ha una propagazione inizialmente non contenuta, il numero di casi cresce in maniera esponenziale, ovvero 10 casi diventano 100, che poi diventano 10000 che diventano 100000 e cos\u00ec via.<\/span><\/p>\n

Il Worst Case Scenario<\/strong>, anzi, il Nightmare Scenario<\/strong>, come si usa dire nel settore di gestione delle crisi e delle emergenze, \u00e8 stato delineato nella simulazione americana chiamata \u201cDark Winter<\/em><\/strong>\u201d che, come taluni autori scientifici fanno notare, al pari di alcuni registi di fantascienza, in caso di pandemia ci separerebbero solo 28 giorni dal caos totale.<\/span><\/p>\n

Fortunatamente si tratta di simulazioni (con film e videogames) estremizzati e in ogni buon conto la metodologia simulativa del Worst Case Scenario non va pi\u00f9 di moda da qualche anno<\/strong>; nella realt\u00e0, anche se sbagliassimo tutto, sussistono fattori autolimitanti alla propagazione delle malattie altamente infettive e letali<\/strong>, ovvero individui naturalmente immuni, individui che sopravvivono, nonch\u00e9 barriere geografiche o il mutare delle condizioni ambientali.<\/span><\/p>\n

Se cos\u00ec non fosse, la Peste Nera europea del 1300<\/strong> avrebbe probabilmente estinto non solo localmente la popolazione, ma anche a livello mondiale.<\/span><\/p>\n

Occorre per\u00f2 ricordare che nelle giuste condizioni morbilit\u00e0<\/strong><\/a>, ovvero l\u2019aggressivit\u00e0 di un agente biologico, e mortalit\u00e0 crescono parimenti, poich\u00e9 molte volte i fattori concorrenti alla propagazione sono gli stessi che compartecipano a un maggior impatto su una determinata popolazione: si pensi a esempio alla doppia azione moltiplicazione su propagazione ed effetti sulla salute in un paese caratterizzato da scarse condizioni igieniche generali della popolazione: non solo si ha pi\u00f9 facilit\u00e0 di contrarre una malattia, ma la stessa situazione ambientale determina che gli individui siano pi\u00f9 proni a soccombere a infezioni, cos\u00ec come la diffusione sarebbe pi\u00f9 rapida.<\/span><\/p>\n

Nella gestione delle crisi, laddove non si ha gi\u00e0 un focolaio o un\u2019epidemia, si denotano gli eventi come l\u2019apparire di pochi singoli casi come \u201cepidemic hazard<\/em><\/strong>\u201d, ovvero rischio epidemico, una sorta di \u201cpre-stato\u201d di emergenza epidemia.<\/span><\/p>\n

Si devono perci\u00f2 valutare tutti i fattori sociali, economici, sanitari ed antropologici che potrebbero concorrere all\u2019esplosione di epidemia e non solo rilevare il tasso di immunizzazione della popolazione \u2013 un concetto di cui avrete sentito parlare molto ultimamente \u2013 che affronteremo in seguito.<\/span><\/p>\n

DOVE SI VEDONO I FATTORI DI RISCHIO, QUINDI ?<\/strong><\/span><\/h2>\n

Occorre innanzitutto per prima cosa valutare come gli attuali fenomeni di migrazione di massa pongono rischi di natura epidemica e pandemica<\/strong>, per il presentarsi sia di fattori endemici delle popolazioni migranti (si pensi alla gi\u00e0 citata meningite, che sia o meno di ceppo W135), ma anche di altrI possibili potenziali rischi biologici, quali la scabbia (come gi\u00e0 denunciato dalle forze dell\u2019ordine impegnate nelle operazioni di sbarco degli immigrati) e il presentarsi di casi multipli in fasce di popolazione italiana non solitamente soggetta, neanche per rischio professionale.<\/span><\/p>\n

Migrazioni di massa<\/strong>. Il primo dato \u00e8 da prendere con assoluta seriet\u00e0 e attenzione, perch\u00e9 le Autorit\u00e0 Pubbliche hanno sempre indicato il rischio come insussistente<\/strong> in quanto il periodo di transito dei migranti attraverso il deserto di eventuali soggetti provenienti dalla Meningitis Belt sarebbe troppo lungo per poter garantire la sopravvivenza del meningococco in fase infettiva, annidato nella gola dell’ospite sino all\u2019arrivo alle coste libiche e all\u2019imbarco sui gommoni dei trafficanti di uomini diretti verso l\u2019Italia.<\/span><\/p>\n

\u00c8 stato indicato in modo ripetuto come a volte questo transito sino alle contigue Tunisia o Algeria avvenga a volte in aereo e quindi la \u201cmitologia del viaggio\u201d non sarebbe un valido criterio di possibile esclusione per la possibile pericolosit\u00e0 di ceppi africani della stessa malattia anche in Italia.<\/span><\/p>\n

Ancor di maggior rilievo \u00e8 il fatto che Paesi<\/strong> contigui come Marocco e Algeria abbiano la presenza endemica di ceppi di meningite<\/strong> e vi si registrino con ricorrenza epidemie su scala locale<\/strong>, rendendo addirittura possibile la propagazione basata su normali relazioni, anche da parte di italiani, che si recano in quei Paesi per viaggi d\u2019affari, di turismo: a maggior ragione il rischio \u00e8 pi\u00f9 elevato se connesso allo spostamento di migranti economici che da questi paesi si imbarcano comunque dalla Libia.<\/span><\/p>\n

Quindi lo screening sanitario speditivo<\/strong> (febbre – gola – occhi ecc.) previsto prima della \u201cLibera Pratica\u201d di bordo per le navi delle ONG entranti in porto per tutti i migranti, cos\u00ec come la visita ambulatoriale prima dell\u2019ammissione nei centri di prima accoglienza, potrebbero non essere misure sufficienti a garantire che non ci si trovi di fronte a un numero elevato di ospiti, contagiosi tutti assieme, e quindi un\u2019elevata possibilit\u00e0 di un primo focolaio concentrato proprio nei centri di accoglienza, da gestirsi in loco direttamente; o – ancora peggio – sulle navi militari o civili effettuanti il \u2018salvataggio\u2019.<\/span><\/p>\n

Il secondo dato da considerare, molto pi\u00f9 generale ma pregno di stimoli per una rapida riflessione \u2013 riguarda le circostanze in cui epidemie gravi si siano storicamente presentate in precisi momenti storici di molte civilt\u00e0 precedenti alla nostra. Alcune di queste epidemie sono avvenute a ridosso di eventi bellici particolarmente gravi<\/strong> (si pensi all\u2019epidemia di Spagnola dopo la Prima Guerra Mondiale), di crisi economiche di prolungato impatto (l\u2019epidemia di tifo e di colera di inizio \u2018900 da noi), o dopo il contatto tra popolazioni distanti tra di loro dal punto di vista antropologico (si pensi allo sterminio delle civilt\u00e0 precolombiane avvenuto in gran parte per malattie banali non presenti prima sul territorio sudamericano) o dopo la diffusione di malattie potenzialmente letali a scopo bellico, come fu presso certe popolazioni nordamericane con le coperte infettive di vaiolo.<\/span><\/p>\n

Qui ci interessa rilevare che di solito le civilt\u00e0 colpite<\/strong> si siano invariabilmente estinte o quasi estinte poco dopo il presentarsi della malattia. Fortunatamente viviamo in una epoca completamente differente dalla precedente, in cui il progresso medico e tecnologico, la scolarizzazione di massa e conseguente diffusione di conoscenze delle buone prassi sanitarie ed igieniche e la presenza di unit\u00e0 specializzate delle Forze Armate e della Protezione Civile rendono improbabile il presentarsi di scenari ad un cos\u00ec alto livello di impatto<\/strong>. Tuttavia, di conseguenza occorre ricordare e riflettere su come siano presenti contestualmente in Italia molti dei succitati fattori: una prolungata crisi economica, un peggioramento della qualit\u00e0 dell\u2019assistenza sanitaria conseguente al primo fattore, un peggioramento in molte zone delle condizioni igieniche – si pensi alle innumerevoli emergenze rifiuti \u2013 infine, il contatto con popolazioni antropologicamente lontane dalle nostre. Per capire appieno questo dato occorre accedere e valutare i dati statistici presentati negli ultimi due anni da fonti ufficiali, dove si \u00e8 sottolineato un\u2019aumentata mortalit\u00e0 infantile <\/strong>(dato oggettivo rilevato a livello mondiale, quale termometro della salute generale di una popolazione), il tasso di rinuncia alle cure diagnostiche e mediche per difficolt\u00e0 di accesso (o connaturate alla vita economica in una Grande Citt\u00e0) e infine il mutamento della popolazione italiana, con generale aumento dell\u2019et\u00e0 media. Tutti questi fattori fanno pensare a una realt\u00e0 socio-economica-sanitaria peggiore di quanto appaia in superficie.<\/span><\/p>\n

Infine, \u00e8 presente un terzo fattore <\/strong>che pu\u00f2 incidere in modo negativo sulla possibile diffusione epidemica di un agente patogeno grave<\/strong>: il clima secco e torrido di questo 2017<\/strong>.<\/span><\/p>\n

Alcune malattie – come per esempio la meningite batterica di certi ceppi riscontrati in Nigeria, Mali ed altri Paesi dell\u2019Africa Centrale da studi incontrovertibili delle Nazioni Unite e di scienziati indipendenti – sono legate alla stagione secca locale (Febbraio – Maggio), caratterizzata dalla quasi assenza di pioggia, presenza costante di venti e altri fattori concorrenti. A questo si aggiunge la scarsit\u00e0 di acqua disponibile per prolungata siccit\u00e0<\/strong>, divenuta emergenza regionale in molte zone di Italia proprio a inizio estate. La scarsit\u00e0 di acqua<\/strong> incide sul livello di igiene generale<\/strong> della popolazione tutta (meno frequenti ed efficaci lavaggi delle mani ad esempio) e sul livello di idratazione dei singoli – non tutti hanno accesso economico all\u2019acqua minerale per prolungati periodi di tempo – con conseguenze ovvie sulla predisposizione alle infezioni.<\/span><\/p>\n

IL DISCUSSO DECRETO SUI VACCINI PU\u00d2 METTERE ARGINE ALLA SITUAZIONE?<\/strong><\/span><\/h2>\n

Le aspre critiche e contestazioni mosse verso la decisione del Governo Gentiloni risultano in alcuni casi totalmente fantasiose e assolutamente deleterie, mentre altre necessiterebbero di approfondimento e valutazione, in alcuni casi attenta, da parte delle Istituzioni, dei tecnici ministeriali e dei politici, poich\u00e9 non \u00e8 importante solo l\u2019aspetto medico della situazione in atto<\/strong>, ma anche importanti fattori socioeconomici, al momento totalmente non toccati dai provvedimenti governativi.<\/span><\/p>\n

Su alcuni di questi aspetti ci soffermeremo pi\u00f9 avanti, ma \u00e8 di assoluto rilievo come la maggior parte delle discussioni si siano focalizzate sul livello medico, creando aspro attrito tra sanitari e non sanitari, a volte tra sanitari stessi. Le epidemie sono un fenomeno non solo biologico, ma anche e soprattutto antropologico, secondariamente biologico. La medicina \u00e8 il principale, ma non l\u2019unico, strumento di controllo e sicurezza delle stesse.<\/span><\/p>\n

Vi sono alcuni aspetti tecnici di gestione generale – non solo afferenti alla salute pubblica \u2013 che risultano prevalenti rispetto a quelli meramente sanitari. Innanzitutto, in termini di prevenzione, si dovrebbe cercare un coordinamento<\/strong> tra enti diversi che agiscono in modo concorrente per elaborare una strategia integrata, volta ad abbassare i fattori concausali al possibile manifestarsi di un focolaio epidemico. Una oculata ed efficace gestione della crisi idrica, una rapida soluzione delle varie emergenze rifiuti e un migliore e pi\u00f9 attento screening sanitario di migranti e operatori \u00a0sarebbero gi\u00e0 ottime mosse preventive.<\/span><\/p>\n

Ancora, una scientifica e accurata campagna di informazione sanitaria – sia sulle potenziali malattie che sulle prassi igieniche di base e di emergenza \u2013 otterrebbe il duplice effetto di calmierare l\u2019eccessiva disinformazione e la scarsa informazione, fornendo gi\u00e0 poche ed efficaci misure di prevenzione (ma anche di primo intervento), con beneficio per la capacit\u00e0 di resilienza generale di tutta la popolazione.<\/span><\/p>\n

Circa le politiche vaccinali, al netto delle polemiche delle ultime settimane, il decreto – o almeno la sua discussione – ha molto toccato il tema della cosiddetta “immunit\u00e0 di gregge<\/strong>“, fattore molto dibattuto anche dalla stessa comunit\u00e0 scientifica, non sempre in positivo, si veda ad esempio l\u2019audizione in Senato Americano in materia dopo i fatti epidemici registrati in California nel 2015. Qualora sia realmente possibile ottenerla, l\u2019immunit\u00e0 di gregge prevede un\u2019enorme quota di vaccinati, in corso di validit\u00e0, ben superiore al numero di individui soggetti alle vaccinazioni del decreto stesso.\u00a0<\/span><\/p>\n

Ma al di l\u00e0 del numero, occorre ben individuare quali siano i principali ambienti potenzialmente affetti, poich\u00e9 dal caso del bambino morto per morbillo al manifestarsi di alcuni casi di meningite – ma anche malattie minori quali la scabbia – tra gli operatori delle forze di polizia e i migranti stessi, si evince come i soggetti pi\u00f9 esposti a un potenziale contagio non sono altri rispetto alla popolazione scolastica, anche se i dati ministeriali indicano un discreto numero di casi reali e non potenziali proprio nella popolazione pediatrica.<\/span><\/p>\n

Operatori sanitari (medici ed infermieri) e militari, volontari di protezione civile, sono soggetti a obbligo vaccinale, ma lo stesso non copre nuovi ceppi: si hanno scarse notizie sulla diffusione dei richiami e dei c.d. \u201cboost\u201d (previsti secondo il tipo di copertura vaccinali), mentre sono scoperti da qualsiasi obbligo i volontari delle ONG, alcune tipologie di soccorritori, parte del personale scolastico e cos\u00ec via.<\/span><\/p>\n

Una eventuale ulteriore revisione del decreto sui vaccini dovrebbe sicuramente andare a toccare con urgenza questi punti, mentre – al di l\u00e0 delle considerazioni giuridiche sulla costituzionalit\u00e0 del decreto sui vaccini \u2013 troviamo assolutamente necessario prendere provvedimenti anche di carattere generale nell\u2019immediato in materia di educazione sanitaria e prevenzione. Storicamente molte Associazioni di Volontariato, di rilievo internazionale e nazionale, hanno offerto programmi educativi parallelamente a quelli di primo soccorso, di igiene e prevenzione, ma alcune tematiche pi\u00f9 recenti, sicuramente importantissime, quali la defibrillazione precoce o la disostruzione pediatrica sembrano aver monopolizzato la scena dell\u2019educazione sanitaria.<\/span><\/p>\n

Ad avviso di chi scrive, vi \u00e8 una norma vigente \u2013 l\u2019articolo 117 del D.Lgs 112\/1998 \u2013 che attribuisce ai sindaci la competenza di attivare provvedimenti di urgenza in materia di salute pubblica al presentarsi di un\u2019emergenza sanitaria locale, comprese le vaccinazioni di massa, in attesa di un intervento organico di Autorit\u00e0 di livello nazionale e non solo. \u00c8 evidente che in caso di rischio epidemico, i sindaci potrebbero trovarsi in difficolt\u00e0 nella gestione di materie per le quali non hanno sufficiente preparazione, n\u00e9 competenza.
\nNe risulterebbe rallentato il processo di reazione e contenimento dell\u2019epidemia, ma soprattutto perch\u00e9 nelle more di un\u2019azione delle autorit\u00e0 nazionali, l\u2019intervento su base locale risulterebbe meno efficace sia per l\u2019inadeguata preparazione delle autorit\u00e0 comunali che per la non chiarezza di norme che potrebbero essere evocate anche per impedire l\u2019azione di contenimento richiesta.
\n<\/span><\/p>\n

RISVOLTI DI SICUREZZA IN TERMINI DI ANALISI CBRNE<\/strong><\/span><\/h2>\n

Sicuramente al Ministero della Difesa e a quello della Salute avranno gi\u00e0 attivato le pre-fasi dei piani di emergenza nazionale, quale la verifica delle scorte di vaccini e antidoti, il piano per la loro somministrazione, mantenuto in un ambito di comprensibile riservatezza.<\/span><\/p>\n

Come termine di paragone pu\u00f2 essere l\u2019apparire non molti anni fa di un ceppo particolare di meningite W135 in Algeria, Marocco e Mali: in quel caso, il Governo Francese intervenne isolando il ceppo in meno di una settimana e sintetizz\u00f2 il vaccino in davvero pochi giorni, andando a tutelare i propri interessi nazionali.<\/span><\/p>\n

La possibilit\u00e0 che oggi siamo di fronte a un\u2019azione deliberata da parte di una potenza a noi<\/strong> ostile<\/strong> \u00e8 sempre presente, ma la presenza di pi\u00f9 malattie e pi\u00f9 ceppi, con una normale aggressivit\u00e0 (le armi biologiche \u201cweaponizzate\u201d sono modificate per non rispondere alle terapie o per una velocissima diffusione e cos\u00ec via), penseremmo piuttosto che i flussi migratori in atto non sono semplicemente migrazioni di massa,<\/strong> ma una vera e propria arma geopolitica<\/strong> che destabilizza il nostro Paese anche tramite veicolazione di malattie nuove o ceppi particolari di malattie normalmente da noi non presenti od agenti, anche ottenuti in laboratorio, nuovi<\/strong>.<\/span><\/p>\n

CONCLUSIONI<\/span><\/strong><\/span><\/h2>\n

\u00c8 necessario ricondurre urgentemente ad una visione unitaria e multidisciplinare le molteplici tematiche ed eventi locali, valutando non solo i dati sanitari e demografici, ma anche gli aspetti antropologici e sociali, e non ultimi quelli geopolitici, che riconducano ad una politica unitaria di Biosicurezza nazionale.<\/span><\/p>\n

Servirebbe una revisione del decreto che andasse non tanto a portare risposte alle istanze dei movimenti spontanei contro i vaccini, che in alcuni casi meritano comunque risposta, ma che vada a colmare con urgenza le lacune esposte gi\u00e0 dalla speditiva analisi dei rischi qua sopra esposta : soggetti esposti, educazione sanitaria, valutazione del fattore climatico, procedure e protocolli di intervento omogenei in linea con le best practices internazionali anche per tutti i soggetti eventualmente esposti al rischio biologico attuale.<\/span><\/p>\n

Marco Filippi<\/strong> \u00e8 laureato in Protezione Civile presso l\u2019Universit\u00e0 di Perugia, Facolt\u00e0 di Coordinamento delle Attivit\u00e0 di Protezione Civile, e si occupa di Crisis & Consequence Management con particolare riferimento alle CBRNE Emergencies (Chemical Biological Radiological Nuclear and Esplosives Emergencies) presso Enti, Organizzazioni ed Amministrazioni Nazionali ed Internazionali.<\/span><\/p>\n

(Photo Credit: Wikipedia, Zoran Corporation) \u00a9 RIPRODUZIONE RISERVATA<\/span><\/p>\n

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