Crisi migranti, il Giappone aiuta le Nazioni Unite, ma non accetta lo sconvolgimento demografico

A margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il premier nipponico Shinzo Abe è stato disponibile a rifinanziarie le organizzazioni umanitarie con una maxi devoluzione di 1,5 miliardi di dollari, ma sull’accoglienza in patria dei migranti è stato chiaro e fermo: “è un problema demografico, prima dobbiamo fare tante cose per accettare migranti”. Come aumentare il tasso di natalità. Esemplare


Tokyo – La crisi dei migranti provenienti da Medio Oriente e Africa comporta l’assunzione della responsabilità di guardare la realtà per quel che è, non per quel che si vorrebbe fosse. E la realtà è che accanto a migliaia di persone perseguitate e profughi di guerra, cui le convenzioni internazionali assicurano protezione massima, vi sono centinaia di migliaia di migranti economici illegali, che mettono a repentaglio l’equilibrio culturale, religioso ed economico di Europa e Stati Uniti.

Se ne rende conto molto bene il primo ministro giapponese Shinzo Abe, che ha discusso la crisi dei rifugiati siriani di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Giappone sta contribuendo con 1,5 miliardi di dollari al rifinanziamento delle casse dell’Onu, perché la crisi dei rifugiati in Medio Oriente possa essere affrontata meglio, scongiurando repentine interruzioni a causa della penuria di fondi. Tuttavia, Abe ha chiarito in modo netto che il suo Paese non è pronto ad accettare le richieste di asilo in massa.

Come noto (ne abbiamo parlato qui), il Giappone si è impegnato a fornire 1,6 miliardi di dollari per aiutare iracheni e siriani sfollati nei campi profughi di Turchia, Libano e Giordania. Secondo Al Jazeera America, 810 milioni di dollari saranno destinati a fornire aiuto finanziario per i rifugiati, mentre altri 750 milioni saranno investiti per i programmi volti a riportare la pace in Medio Oriente e Africa.

“Il Giappone vorrebbe contribuire modificando le condizioni che danno origine ai rifugiati”, ha dichiarato Abe, secondo il quale “la causa di questa tragedia è la paura della violenza e del terrorismo e il terrore della povertà. Il mondo deve collaborare in modo di trovare per loro un modo per sfuggire dalla povertà”.

Tuttavia, con altrettanta chiarezza, il Giappone non dà il benvenuto ai rifugiati in cerca di asilo. Nel 2014, secondo quanto ricorda The Guardianil governo giapponese ha accettato solo 11 delle 5.000 domande di asilo ricevute. Per il quotidiano progressista britannico, il è tra le nazioni ad alto reddito meno accoglienti in tema di rifugiati, con Russia, Singapore e Corea del Sud.

Ma il motivo di questa ritrosìa è stato spiegato dal primo ministro Abe, il quale ha puntualizzato che il Giappone deve affrontare i propri problemi, prima di accettare gli immigrati. “È un problema di demografia“, ha spiegato Abe. “Direi che prima di accettare gli immigrati o rifugiati, abbiamo bisogno di avere più attenzione per le donne e gli anziani, e dobbiamo aumentare il nostro tasso di natalità. Ci sono molte cose che dobbiamo fare prima di accettare gli immigrati”, ha tagliato corto il primo ministro giapponese.

Il Giappone è tra i Paesi ‘occidentali’ (sotto il profilo geopolitico) con più gravi problemi legati al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione, ma le parole di Abe fanno presagire l’avvio di una campagna a lungo termine per favorire un aumento del tasso di natalità, unico strumento per affrontare la crisi economica nella prospettiva di non stravolgere gli equilibri sociali, culturali e religiosi del Paese. Come si rischia di consentire in Europa, grazie a un ceto politico miope o ignorante.

Si ripete come un matra, negli ultimi mesi, che favorire l’immigrazione dal Medio Oriente e dall’Africa sarebbe un mezzo efficace per porre rimedio alla crisi demografica in Europa, con le conseguenze dirette in tema di previdenza sociale e del mantenimento di un welfare state agli attuali livelli di intervento.

Un tema che è stato al centro della riflessione del professor Mordecai George Sheftall, un docente americano dell’Università di Shizuoka, che al quotidiano britannico The Guardian ha affermato parole nette: “affrontare pubblicamente l’immigrazione di massa – e gli adattamenti multiculturali che comporterebbe necessariamente nella vita giapponese – come mezzo per risolvere l’incombente crisi demografica del Paese è qualcosa che rasenta il sacrilegio“. Se qualche esponente politico nazionale lo pensasse, andrebbe incontro a un “suicidio politico”.

Beato il Giappone che ha gente coraggiosa al governo (e all’opposizione).

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Se hai gradito questo articolo, clicca per favoreMi piacesulla pagina Facebook di The Horsemoon Post (raggiungibile qui), dove potrai commentare e suggerirci ulteriori approfondimenti. Puoi seguirci anche su Twitter (qui) Grazie.


Save the Children Italia Onlus