Cosa nostra e la mafia nigeriana

Il dinamismo della criminalità organizzata nigeriana in Italia è sempre ai massimi livelli, con tentativi di mimetizzazione e un appeasement con Cosa Nostra siciliana


L’arresto di Matteo Messina Denaro ha riacceso i riflettori mediatici sul contorto fenomeno criminale chiamato “mafia”. Oggi, com’è noto, la mafia siciliana definita comunemente Cosa Nostra non è l’unica organizzazione criminale operante in Italia. 

Sia nel Sud Italia che nel Nord, oltre che in alcuni Paesi europei, esistono organizzazioni criminali nigeriane, nate negli anni 60/70. Le principali sono due, appartenenti ai gruppi cultisti nigeriani: la EIYE e la BLACK AXE.

Queste organizzazioni da parecchi anni si sono insinuate nei luoghi meno frequentati dalle mafie nostrane e risultano organizzate sul territorio, mutuando i metodi della mafia: si avvalgono della forza dell’intimidazione del vincolo associativo, della condizione di assoggettamento e di omertà delle vittime (anche interne).  La loro presenza a livello transnazionale oggi è poco conosciuta e sottovalutata. I culti nigeriani hanno dunque una connotazione prettamente mafiosa e sono caratterizzati da alcune caratteristiche.

Anzitutto in una proiezione interna, si desume l’esistenza di una struttura gerarchica con correlato assoggettamento dei membri di posizione subordinata ai voleri dei soggetti in posizione apicale, da cui deriva una ripartizione interna in aree delineate di influenza su base territoriale. Sono rilevati fenomeni caratteristici delle organizzazioni mafiose, come la sottoposizione degli adepti a riti di affiliazione, la collazione di denaro da versare in una cassa comune (anche virtuale), cui si accompagna l’utilizzazione di un linguaggio convenzionale; ovvero l’elaborazione di un codice di procedura penale interno, con le relative misure di esecuzione della pena attraverso la realizzazione di rappresaglie ai danni di membri che cercassero di allontanarsi o di dissociarsi dalla consorteria o dalle direttive impartite.

Per l’altro verso, in proiezione esterna, si rileva l’uso della carica intimidatrice e la sottoposizione della forza di assoggettamento, con conseguente pretesa di omertà  verso l’autorità statale, fenomeno desumibile da un controllo del territorio diretto a una determinata comunità di un certo gruppo etnico, tenuto conto del fatto che il concetto di territorio va considerato in un particolare contesto culturale, geografico ed etnico. La stessa forza criminale si esprime anche nei confronti di altri gruppi criminali competitor sul territorio di riferimento, ma – come avvenuto in particolari contesti siciliani – sono stati rilevati fenomeni di allacciamento di rapporti con altri gruppi criminali con analoghi connotati, sulla base della gestione di comuni interessi.

La mafia nigeriana è presente in tutta Europa e si occupa per lo più di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, omicidi, falsificazione di denaro, clonazione di carte di credito, traffico di armi, prostituzione e tratta di esseri umani.

Andando nello specifico, particolare rilevanza ha il cult Maphite (acronimo di Maximum – Academic – Performance – Highly – Intellectuals – Train – Executioner). All’interno di questa realtà criminale si dà ampio spazio a una sorta di statuto chiamato Green Bible, nel stesto del quale viene citata «Cosa Nostra» per diversi motivi, tra cui il modello generale da imitare, ma anche la codificazione di un divieto di entrarci in alcun modo in conflitto. Nel testo base organizzativo vengono enunciati una serie di doveri e di regole relative alle varie cariche, oltre che al funzionamento delle stesse, suddivisi in sette sezioni.

L’organizzazione è governata dal SUPRIME MAPHITE COUNCIL, che ha sede in Nigeria e controlla tutti i cults presenti nei Paesi di proiezione. A livello internazionale, i Maphite pare si nascondano dietro un’organizzazione “caritatevole” considerata legale, la “Green Circuit Association Charity Italia”, fondata in Inghilterra, diramatasi in Nigeria e, dal 2011, presente anche in Italia dove è stata registrata a Bologna. Sui vertici di questa organizzazione sono state svolte indagini penali, come riporta il sito della Polizia di Stato in merito a un’operazione specifica svolta a Bologna (Mafia nigeriana: a Bologna e Torino fermato il “Cult Maphite” https://www.poliziadistato.it/articolo/225d3044258ac57885003795).

La confraternita si caratterizzerebbe per l’utilizzo di un linguaggio lontano dalla consueta terminologia di un contesto tipicamente criminale: una cautela, talvolta utilizzata anche dalle organizzazioni criminali italiane, nel tentativo di rendere incomprensibili le conversazioni in caso di intercettazioni ambientali e telefoniche. Il cult affilia solamente persone di sesso maschile, senza discriminazioni religiose. La sua festa viene celebrata ogni anno l’11 di maggio, giorno in cui si ricordano i fratelli caduti “in azione”. Nell’occasione, i MAPHITE sono soliti indossare un cappello verde.

In Italia i MAPHITE sono territorialmente suddivisi in quattro famiglie: la FAMIGLIA VATICANA, con sede principale in Emilia Romagna, e “controlla” anche la Toscana e le Marche; la FAMIGLIA LATINO, “competente” sul Piemonte, Liguria e Lombardia; la FAMIGLIA ROMA EMPIRE, attiva nella Capitale e su Lazio, Campania, Abruzzo e Calabria; la FAMIGLIA LIGHT HOUSE OF SICILY, attiva in Sicilia e Sardegna.

Per quanto noto, la FAMIGLIA VATICANA è l’unica espressione dei MAPHITE a essere considerata ufficialmente dal SUPREME MAPHITE COUNCIL per aver versato in Patria la somma necessaria per farsi “riconoscere”.

A livello nazionale vi è un unico capo, il “Don” nazionale e un vice. Ogni famiglia è guidata da un organo decisionale, detto DON IN COUNCIL (D.I.C., Consiglio dei Capi), mentre in ogni regione (ad eccezione per il Piemonte e Lombardia), è presente un COORDINATOR IN COUNCIL (C.I.C., Consiglio dei Coordinatori), braccio operativo del D.I.C. che coordina tutte le attività illecite sulle aree di competenza, svolgendo anche una funzione di intelligence.

A livello nazionale è presente anche il COUNCIL OF PROFESSOR (C.O.P., Consiglio dei Professori), guidato da un CHAIRMAN e composto da “saggi”, che monitora e supervisiona l’attività dei D.I.C., determinando, all’occorrenza, punizioni per gli affiliati che non si adeguano alle regole del cult.

Le attività illecite svolte dalle famiglie sono gestite da apposite Sezioni con a capo una persona nominata dal DON e sette collaboratori che restano in carica per due anni distinte per tipologia di attività illecita, e denominate: TYRUS, per gli stupefacenti; JAZIBEL-RHABA, per la prostituzione; MARIO MONTI, per il trasferimento di denaro; OPERATION SANYO-SANYO, per le armi; OPERATION CANALAND, per le estorsioni (Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, https://documenti.camera.it/_dati/leg18/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/074/003_RS/00000034.pdf ).

Cosa Nostra e la cosiddetta mafia nigeriana si somigliano molto ed è corretto affermare che – nonostante i numerosi arresti di questi anni trascorsi – non sono mai state annientate, perché i clan continuano a dimostrare di essere sempre un passo avanti a chi li indaga. Grazie alla connivenza, al silenzio e al guadagno di chi si gira dall’altra parte. I colpi inferti dalle inchieste giudiziarie e l’assenza di una regia unitaria delle indagini consentono ai clan locali margini di operatività, soprattutto nello spaccio di droga, nel gioco d’azzardo e nella ristorazione, determinano gravi problemi all’economia locale in specie nel Meridione (Si consolidano i legami tra mafia e clan nigeriani, https://www.agi.it/cronaca/news/2022-04-07/legami-mafia-nigeriana-e-mafia-palermo-sicilia-16289676/).

Le mafie, nostrane e non, vanno combattute ogni giorno, e bisogna ricordare che ogni giorno loro sono sempre vive e continuano ad espandere la loro rete criminale. Si adattano e mutano così come muta la società. Sconfiggerle è possibile, ma è essenziale una collaborazione costante con gli organi inquirenti e le Forze dell’Ordine.

Bibliografia istituzionale

ATTIVITÀ CRIMINALI DELLE ORGANIZZAZIONI NIGERIANE, CON UNA PRIMA INDAGINE PARLAMENTARE SULLA PORTATA DELLA «GREEN BIBLE» https://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/Doc_XXIII_n_37_Sez_XV.pdf

(Coordinamento editoriale Vincenzo Scichilone) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Vincenzo Priolo

Sono nato ad Agrigento nel 1981 e ho conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università Telematica Nicolò Cusano di Roma. Ho frequentato corsi di specializzazione in materie inerenti la sicurezza nazionale e la difesa militare/civile, maturando esperienza in settori pubblici e di rappresentanza. Sono docente di Scienze Cognitive ed Etica della Comunicazione presso l’università Unifeder e membro della Società Italiana di Intelligence. Attualmente lavoro presso il Ministero della Giustizia, Corte di Appello di Caltanissetta.