Libertà di impresa in Italia, un’avventura disperata (e dispendiosa)?
Avviare un’attività economica nel Belpaese è l’inizio di un percorso a ostacoli, in cui la burocrazia gioca un ruolo frenante e i costi di stabilimento costituiscono un disincentivo netto. Urge cambiare le regole e il sistema
Costituire una società in Italia non “è un piacere”, come va di moda dire in questi giorni. Luigi Einaudi nel 1944 affermò che per il funzionamento del mercato occorressero «il cappello a due punte della coppia dei carabinieri che si vede passare sulla piazza, la divisa della guardia municipale che fa tacere due che si sono presi a male parole, il palazzo del municipio, col segretario e il sindaco, la pretura e la conciliatura, il notaio che redige i contratti, l’avvocato a cui si ricorre quando si crede di essere a torto imbrogliati in un contratto, il parroco, il quale ricorda i doveri del buon cristiano, doveri che non bisogna dimenticare nemmeno in fiera. E tante altre cose ci sono, che se non ci fossero, anche quella fiera non si potrebbe tenere o sarebbe tutta diversa da quello che effettivamente è».
Eppure, proprio quel notaio – evocato dal liberale Einaudi per dare certezza al mercato – costituisce oggi il più grande ostacolo in termini di tempo e di spesa alla costituzione di una società a responsabilità limitata in Italia, secondo i dati del rapporto “Doing Business 2013”. Di fronte a questa considerazione generale, i notai italiani hanno risposto alla Banca Mondiale in maniera piccata, ma è indubbio che costituire una “limited” (equivalente alla Srl italiana) nel Regno Unito costi meno e richieda meno tempo, anzitutto perché nella “perfida Albione” i notai non ci sono, ma non a scapito della certezza del diritto…
Nel Regno Unito non è il notaio che costituisce la Srl, che in Italia ha un costo medio di 2500 Euro, solo per pagare dei documenti che di solito sono redatti da commercialisti. Una spesa di 2500 Euro per la firma di un notaio su un documento standard. Si tratta, secondo la Banca Mondiale, del 70% dei costi per avviare un’impresa nel Bel Paese.
Seguono le altre incombenze burocratiche: acquisto dei libri sociali e contabili, pagamento dell’imposta di concessione governativa per la vidimazione; registrazioni varie presso le pubbliche amministrazioni competenti (Registro delle Imprese, Agenzia delle Entrate, INPS e INAIL). Di pari passo, viene presentata una segnalazione di inizio attività allo sportello unico comunale. Infine, l’imprenditore informa il locale ufficio del lavoro riguardo le caratteristiche e la data d’inizio del rapporto lavorativo con i suoi dipendenti. Tempo e costi che schizzano verso l’alto. Ci vogliono 16 giorni a Napoli, 6 a Milano e 5 nei Paesi Bassi. Undici giorni di differenza nella seconda e nella terza città del nostro Paese: accade solo in Italia.
Alla fine di questa via crucis i costi di inizio attività risultano il triplo rispetto ai Paesi Ocse e 10 volte più che in Inghilterra, dove te la cavi con sole 160 Sterline. In Slovenia, Danimarca e Irlanda i costi sono quasi pari a zero.
In Italia di fatto il capitale minimo per costituire una Srl in Italia è di 2500 Euro. In 91 paesi non esiste un capitale minimo richiesto. Varcate le Alpi, la somma richiesta è di 1 solo Euro in Francia, non certo la patria del libero mercato. Pensiamo che da quando i nostri cugini hanno ridotto a 1 Euro i requisiti di capitale minimo per le società a responsabilità limitata (nel 2004), il numero di nuove SARL (le nostre Srl) è aumentato del 17,5%. Nel 2008, la Germania ha introdotto un nuovo tipo di società a responsabilità limitata, la UG (Unternehmergesellschaft), con requisiti di capitale simili a quelli applicati in Francia: tra novembre 2008 e gennaio 2010 sono state create 12.000 nuove UG. E i tedeschi che volevano aprire una società a costi bassi, non son dovuti più scappare verso Londra.
In Italia siamo molto indietro, come al solito: per favorire la concorrenza, il Governo Monti ha recentemente abolito gli oneri notarili minimi e ha provato – con grandi resistenze – ad aumentare il numero dei notai. Ma la vera soluzione potrebbe essere la possibilità per i commercialisti – figura che esiste solo in Italia – di costituire le Srl: essendo centinaia di migliaia, i costi di costituzione, oggi elevatissimi (per fare un “piacere” a 4500 persone, i notai) crollerebbero.
Il governo Monti si è mosso in modo timido verso la necessaria semplificazione, introducendo nel sistema societario le SRLS, Società a Responsabilità Limitata Semplificata, ma solo per gli imprenditori che abbiano al momento della costituzione meno di 35 anni di età. Queste società sono esenti da onorari notarili. La Banca mondiale ha consigliato all’Italia di eliminare tale assurdo limite d’età.
Il governo potrebbe ridurre ancor di più i costi legati all’avvio d’impresa redigendo uno statuto standard flessibile, capace di rispondere ai bisogni della maggioranza delle attività imprenditoriali semplici. Questo permetterebbe agli imprenditori di redigere l’atto costitutivo e registrare la propria azienda senza avvalersi dei costosissimi notai.
Eliminare o ridurre oneri statali e imposte di bollo potrebbe ulteriormente ridurre i costi generali di avviamento aziendale. Come? Guardiamo alla Danimarca, dove tali costi per pagare le burocrazie statali non ci sono: i fondi per i servizi delle pubbliche amministrazioni sono raccolti attraverso le imposte pagate dalle attività imprenditoriali che hanno avuto successo.
Insomma, per chi vuole costituire una società l’Italia non è il posto giusto. A questa trafila burocratica e ai costi conseguenti si deve poi aggiungere una cronica difficoltà di accesso al credito, a meno che non si possano fornire garanzie reali alle banche. Per non parlare di servizi ancora più basilari – tipo l’allacciamento dell’energia elettrica – che in Italia richiede tempi biblici, come ricorda sempre la Banca Mondiale.
I dati sulle start-up, nonostante la nuova disciplina del governo, sono indicativi: solo 307 nuove aziende si sono iscritte al registro speciale delle startup innovative per accedere alle agevolazioni. Purtroppo in Italia non c’è – nonostante la primavera – un clima “business friendly“.
La soluzione? Potrebbe essere una LTD costituita in Inghilterra o in Irlanda che può operare in Italia tramite una sede secondaria. La cosa interessante è che questa LTD opererebbe seguendo la normativa vigente in Inghilterra o in Irlanda, anche se tale società opera solo in Italia. La globalizzazione ha i suoi aspetti positivi. Ci proponiamo di riparlarne. Oppure potete iniziare a chiedere al vostro commercialista
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