GMG, il Papa visita una favela ed esorta: non con l’egoismo, ma con la solidarietà si può costruire un mondo migliore

In visita a una favela di Rio, Francesco parla di accoglienza e condivisione. “Non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa. Una società così semplicemente impoverisce se stessa, anzi perde qualcosa di essenziale per se stessa”

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Rio de Janeiro – Non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo a costruire un mondo migliore, ma «la cultura della solidarietà; vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello». E «la misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!».

Questo il messaggio di Papa Francesco lanciato al mondo dal piccolo campo sportivo della comunità di Varginha, circa 2.500 persone, abitanti della favela di Manguinhos, che conta in tutto 350mila abitanti. Situata a nord di Rio de Janeiro, la favela è oggi definita “pacificata” dalle autorità locali, ma fino all’ottobre dello scorso anno – prima che la polizia la espugnasse – era chiamata “la Striscia di Gaza” di Rio. Luogo di ogni tipo di violenza, di scontri tra bande di trafficanti di droga e di armi, oggi merita la festa della vita del Papa, anche se la cornice di sicurezza è apparsa più “attenta”.

Francesco è arrivato con la jeep sotto la pioggia – ormai entrata nella scenografia di questa GMG 2013 – e ha reso impossibile la vita della sicurezza: il passaggio, le continue soste, le strette di mano con la gente che affolla stradine e casupole. Le suore di Madre Teresa gli hanno messo al collo una variopinta collana di fiori di carta. I palazzi della periferia della città appaiono ben lontani.

Il contrasto col palazzo del sindaco di Rio de Janeiro, che all’inizio della mattinata gli aveva consegnato le chiavi della città, è stridente. Come la folla, lì anche personalità politiche e sportive: Papa Francesco ha benedetto le bandiere ufficiali dei Giochi Olimpici e Paraolimpici, che si svolgeranno qui nel 2016. Ma la povera gente sembra lontana dai luccichii dei “Giochi”, dalle divise colorate ma eleganti: qui la povera gente va vestita come può, ma non lesina i sorrisi e il clima di festa nello stringersi attorno al Papa, nel cercarne l’abbraccio, nel toccarlo solamente, nel fargli baciare i bambini. Francesco non si sottrae da questo bagno di amore richiesto ed elargito.  

A una di quelle famiglie è toccato anche di accogliere in casa propria il Vicario di Cristo, il successore di Pietro.

«È bello – dice poco dopo, nel suo discorso – poter essere qui con voi! Fin dall’inizio, nel programmare la visita in Brasile, il mio desiderio era di poter visitare tutti i rioni di questa Nazione. Avrei voluto bussare a ogni porta, dire ‘buongiorno’, chiedere un bicchiere di acqua fresca, prendere un ‘cafezinho’, parlare come ad amici di casa, ascoltare il cuore di ciascuno, dei genitori, dei figli, dei nonni…». «Ma il Brasile è così grande! E non è possibile bussare a tutte le porte! Allora ho scelto di venire qui, di fare visita alla vostra Comunità che oggi rappresenta tutti i rioni del Brasile. Che bello essere accolti con amore, con generosità, con gioia! Basta vedere come avete decorato le strade della Comunità; anche questo è un segno di affetto» afferma il Pontefice, che di quell’affetto sottolinea la genesi: «nasce dal vostro cuore, dal cuore dei brasiliani, che è in festa! Grazie tante a ognuno di voi per la bella accoglienza!».

Ma in questo luogo, non a caso il Papa incentra la sua riflessione sui “valori” e sulla solidarietà.

«Fin dal primo momento in cui ho toccato la terra brasiliana e anche qui in mezzo a voi – dice – mi sento accolto. Ed è importante saper accogliere; è ancora più bello di qualsiasi abbellimento o decorazione. Lo dico perché quando siamo generosi nell’accogliere una persona e condividiamo qualcosa con lei – un po’ di cibo, un posto nella nostra casa, il nostro tempo – non solo non rimaniamo più poveri, ma ci arricchiamo. So bene – afferma il Papa – che quando qualcuno che ha bisogno di mangiare bussa alla vostra porta, voi trovate sempre un modo di condividere il cibo; come dice il proverbio, si può sempre ‘aggiungere più acqua ai fagioli’! E voi lo fate con amore, mostrando che la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nel cuore!».

«Il popolo brasiliano – prosegue – in particolare le persone più sempli20130726-papa-varginha-sicurezzaci, può offrire al mondo una preziosa lezione di solidarietà, una parola spesso dimenticata o taciuta, perché scomoda. Vorrei fare appello a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale: non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo! – ammonisce Papa Bergoglio – Ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali». E ancora, la stoccata decisiva: «Non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile, ma la cultura della solidarietà; vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello».

Papa Francesco apre ufficialmente il dibattito su come coniugare libertà di intrapresa e competizione economica con la solidarietà, con l’attenuamento delle disuguaglianze, con l’apertura ai bisogni primari. Servirà una mediazione intellettuale per avvicinare parti che sembrano tanto lontane, nei presupposti, ma non nella realtà della vita concreta. Chi può pensare di vivere isolato, in una torre eburnea, incurante di quanto accade attorno? E chi può pensare di poter approfittare della propria miserevole condizione, per affidarsi solo all’opera caritatevole altrui, senza metterci l’impegno speculare di fare tutto il possibile per trarsi dalla propria condizione e farsi da soggetto passivo a soggetto attivo di carità?

Insomma, quel che Papa Francesco propone è una rivoluzione a tutto tondo, che tutti include e nessuno esclude, con sottofondo di musica a volte sgradevole: quello della responsabilità nella solidarietà.

«Desidero incoraggiare gli sforzi che la società brasiliana sta facendo per integrare tutte le parti del suo corpo, anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta contro la fame e la miseria – dice il gesuita  formatore di classi dirigenti, che ammonisce sul tatto che «nessuno sforzo di “pacificazione” sarà duraturo, non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa. Una società così semplicemente impoverisce se stessa, anzi perde qualcosa di essenziale per se stessa». E poi ancora, Francesco esorta: «ricordiamolo sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce veramente; tutto ciò che si condivide si moltiplica! La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!».

Le parole del Papa sono inclusive, non dimenticano alcun aspetto dell’evangelizzazione nuova del mondo. «Vorrei dirvi anche che la Chiesa, ‘avvocata della giustizia e difensore dei poveri contro le disuguaglianze sociali ed economiche intollerabili che gridano al cielo’ (Documento di Aparecida, 395) desidera offrire la sua collaborazione ad ogni iniziativa che possa significare un vero sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo».

«Cari amici – esorta il Papa – certamente è necessario dare il pane a chi ha fame; è un atto di giustizia. Ma c’è anche una fame più profonda, la fame di una felicità che solo Dio può saziare. Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell’uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale, che non si riduce ad una semplice trasmissione di informazioni con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l’equilibrio umano e per una sana convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo a partire dal cambiamento del cuore umano».

Poi Bergoglio ha lanciato l’invito ai giovani di non mollare di non arrendersi, di essere artefici del proprio futuro. «Un’ultima cosa vorrei dire. Qui, come in tutto il Brasile, ci sono tanti giovani. Voi, cari giovani, avete una particolare sensibilità contro le ingiustizie, ma spesso siete delusi da fatti che parlano di corruzione, da persone che, invece di cercare il bene comune, cercano il proprio interesse. Anche a voi e a tutti ripeto: non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate che si spenga la speranza. La realtà può cambiare, l’uomo può cambiare. Cercate voi per primi di portare il bene, di non abituarvi al male, ma di vincerlo». «La Chiesa – ha detto il Papa – vi accompagna, portandovi il bene prezioso della fede, di Gesù Cristo, che è “venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10)».

Infine, il Pontefice si è rivolto alle persone che vivono nella favela: «oggi a tutti voi, in particolare agli abitanti di questa Comunità di Varginha dico: non siete soli, la Chiesa è con voi, il Papa è con voi. Porto ognuno di voi nel mio cuore e faccio mie le intenzioni che avete nell’intimo: i ringraziamenti per le gioie, le richieste di aiuto nelle difficoltà, il desiderio di consolazione nei momenti di dolore e di sofferenza». È certo, gli abitanti di Varginha non si dimenticheranno del Papa, ma è altrettanto certo che il Papa non si dimenticherà di loro.

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