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Nicola Nuzzolese, accusato di abusi su minore nella vicenda di Ciccio e Tore, assolto con formula piena in appello

ASSOLTO PERCHÈ IL FATTO NON SUSSISTE. LA CORTE D’APPELLO RIBALTA IL VERDETTO DI PRIMO GRADO. ENNESIMO ERRORE DELLA GIUSTIZIA E A PAGARE SONO SEMPRE I CONTRIBUENTI

di Massimo Manfregola

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Nicola Nuzzolese è stato assolto con formula piena. Una notizia, quella che si è diffusa dopo il pronunciamento della Corte d’appello di Bari, che in prima battuta potrebbe sembrare priva di un certo interesse, se non fosse per il fatto che il protagonista di questa assurda e drammatica vicenda, ha scontato sei mesi di reclusione dopo l’arresto avvenuto il 29 agosto del 2006 con l’accusa di abuso di minore. Il fatto ci riporta indietro alla tragica vicenda dei bambini di Gravina, Francesco e Salvatore Pappalardi, trovati morti in un pozzo di un palazzo disabitato della cittadina pugliese. Le accuse di abuso di minore, sarebbero riconducibile al filone d’inchiesta sulla morte dei bambini “Ciccio” e “Tore” .

Nicola Nuzzolese, compagno della mamma dei due poveri bambini, si trovò coinvolto in questa assurda e penosa situazione a causa delle indprimo_piano_danilo_pennaagini che sfiorarono anche la vita del convivente della signora Rosa Carlucci. Gli inquirenti arrivarono alla conclusione di avere elementi sufficienti per far scattare le misure di custodia cautelare a carico di Nuzzolese, emesse allora dal gip della Procura di Bari Jolanda Carrieri, su richiesta del sostituto procuratore Antonino Lupo.

Il legale difensore di Nicola Nuzzolese, l’avv. Danilo Penna (nella foto), dopo anni di dibattimenti e di carte bollate, nel processo d’Appello è riuscito a ribaltare la sentenza di primo grado, che lo aveva condannato, nel febbraio del 2011, alla pena di quattro anni di reclusione. Sicuro sin dal primo momento dell’innocenza del suo assistito, l’avv. Penna del foro di Bari, in questi anni non ha mai avuto dubbi sulla inconsistenza delle accuse che per anni hanno condizionato la vita del suo assistito, e per questo si è battuto senza incertezze fino alla felice conclusione di questa brutta e infamante avventura.

È l’ennesima conferma di quanto la giustizia in Italia sia amministrata male e di quanto possa essere rischioso per un normale cittadino incappare in errori tanto gravi quanto madornali. Adesso Nicola Nuzzolese, così come fece Filippo Pappalardi (il papà dei bambini di Gravina) a seguito del suo arresto del 2007 e della sua reclusione in carcere per 130 giorni prima che l’indagine a suo carico venisse archiviata, richiederà un indennizzo di 516 mila euro a carico dello Stato, e quindi dei contribuenti italiani. Chi ha sbagliato, ancora una volta non paga.

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