Xinjiang, operazione contro il jihadismo islamista, arrestati 139 uighuri: proselitismo terrorista via internet
Ondata di arresti, avviata fin da agosto, confermata dal governo di Pechino. Un contadino arrestato per aver messo online dei libri che parlano di separatismo. Il Consiglio mondiale degli uighuri ribatte alle accuse: “Un pretesto per chiudere la Rete”
Urumqi – La polizia della provincia cinese dello Xinjiang ha arrestato 139 persone – tutte di etnia uighura – con l’accusa di “aver diffuso il jihad nel Paese“. Secondo China Daily, l’organo ufficiale del governo centrale che ha confermato i numeri, l’ondata di arresti è iniziata alla fine di agosto e ha riguardato in quasi tutti i casi l’uso “scorretto” di internet. Un contadino di Hotan sarebbe stato arrestato nel corso di questa operazione per aver caricato alcuni e-book incentrati sul tema del secessionismo.
Pechino ha confermato gli arresti, “giustificati dall’aumento degli attacchi terroristici nella regione. Queste violenze sono di matrice fondamentalista, come dimostra anche il fatto che diversi arrestati hanno combattuto lo scorso anno in Siria e sono tornati nello Xinjiang per fomentare la rivolta contro la Cina“. Al momento però le accuse non sembrerebbero corroborate da prove.
Dilshat Rexit, portavoce del Congresso mondiale degli uighuri (organizzazione definita dal governo cinese “separatista”), ha rigetta questa versione. “Sono una distorsione totale della verità. Gli arrestati sono persone normali che hanno espresso il proprio malumore per il dominio cinese e la sistematica repressione della nostra zona – ha detto – lo scopo della Cina è bloccare l’uso di internet per gli uighuri, in modo da limitare ancora di più l’accesso di informazioni nello Xinjiang”.
La provincia dello Xinjiang è una delle più turbolente dell’intera la Cina, perché è popolata dall’etnia uighura, turcofona e di religione islamica, che ha sempre cercato di ottenere l’indipendenza da Pechino. Il governo centrale ha inviato nella zona centinaia di migliaia di cinesi di etnia han, per cercare di renderli l’etnia dominante. Inoltre impone serie restrizioni alla libertà religiosa, alla pratica musulmana, all’insegnamento della lingua e della cultura locale.
Dal 2009 è in atto un regime speciale di controllo da parte della polizia e dell’esercito cinese, imposto da Pechino dopo gli scontri nei quali quasi 200 persone persero la vita. In seguito a quelle violenze sono state inflitte centinaia di condanne a pene detentive e decine di condanne a morte. Le autorità cinesi ritengono che i responsabili delle violenze siano estremisti musulmani, ma gli esuli sostengono che Pechino “esagera” la minaccia del terrorismo islamico per giustificare la repressione contro la popolazione uighura.
(AsiaNews)