Dieci anni dall’attacco islamista alla Spagna. A Madrid il ricordo commosso delle 191 vittime

L’11 marzo 2004 un attacco multiplo ai treni in arrivo nella capitale spagnola provocò una strage multipla perpetrata dai jihadisti propugnatori del Califfato islamico mondiale. Quattro treni saltati in aria produssero quasi 200 morti e oltre 2000 feriti

Madrid – Erano le 7.40 circa del mattino dell’11 marzo 2004, quando dieci bombe esplosero a bordo di quattro affollati treni diretti alla stazione Atocha di Madrid. Fu una strage, con 191 morti, quasi 2000 feriti. Il primo attacco islamista in Europa su larga scala avrebbe perfino potuto essere più devastante.

Provenienti dalla stazione di Alcala de Henares, periferia est della capitale, i convogli saltarono in aria in piena ora di punta, quasi in simultanea, nelle stazione di Santa Eugenia ed di El Pozo. Un terzo treno fu sventrato all’interno della stazione di Atocha, così come un quarto.

In Spagna lo shock fu enorme. Oltre undici milioni di persone – uno spagnolo su quattro – scesero in piazza il giorno successivo per manifestare contro il terrorismo. Dieci anni dopo, gli spagnoli hanno rivissuto quella giornata con profonda emozione, compreso chi da quei fatti fu segnato a vita, nel fisico e nell’anima.

A dieci anni di distanza la Spagna, ancora scossa e commossa, ha ricordato le vittime di quell’attacco multiplo, i più gravi nella storia spagnola. Questa mattina è stata celebrata una messa nella cattedrale Almudena de Madrid, alla presenza di re Juan Carlos, della regina Sofia e di tutta la famiglia reale, prima degli omaggi organizzati dalle associazioni delle vittime, uno dei quali al memoriale di Atocha (nella foto in basso, da Panoramio), di fronte all’omonima stazione.

Omaggi che già ieri erano iniziati a Madrid, dove 365 vittime sono state decorate nel corso di una cerimonia solenne.

Fu un attacco militare jihadista, che la maggioranza degli osservatori si ostina ancora a chiamare terrorismo, perché non riconosce la natura imperialista del disegno neocaliffale promosso da al Qaeda e dalle galessie islamiste che in varie parti della Mezzaluna islamica ne interpretano il verbo localmente. La responsabilità fu rivendicata dalla Brigata Abu Hafs al Masri, che il 7 luglio dell’anno dopo replicò a Londra.

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Non è l’Islam il nemico, ma la versione politica “positiva”, elaborata da un corposo studio teologico-politico ispirato alle teorie di Ibn Taymiyya (Ibn Taymiyya Taqī al-Dīn Abū al-ʿAbbās Aḥmad, nome completo), il filosofo e giurisperito islamico del XIII Secolo, al magistero del quale attingono i fautori della “rivoluzione” islamica del XX e del XXI Secolo, una “rivoluzione” nel senso astronomico del “ritorno alle origini”.

Il progetto politico imperialista è la edificazione di un Califfato islamico mondiale, considerato l’ultimo approdo dell’Umanità prima del Giudizio Universale. Una elaborazione assoluta, quindi non negoziabile, dal punto di vista di questi avanguardisti neocaliffali.

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