Ebola, religioso dei Fatebenefratelli ucciso dal virus in Liberia

Patrick Nshamdze, direttore del nosocomio di Monrovia dove è morto, aveva 52 anni: l’ospedale è isolato, a rischio contagio tre confratelli che lo avevano assistito

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Monrovia – Un’altra vittima di Ebola in Liberia. Il virus ha ucciso a Monrovia fra Patrick Nshamdze, religioso dei Fatebenefratelli e direttore del locale nosocomio. Aveva 52 anni e da 23 faceva parte dell’ordine ospedaliero San Giovanni Di Dio. Fra Patrick aveva studiato in Italia e aveva emesso la professione solenne nella chiesa dell’Isola Tiberina di Roma: “Abbiamo lavorato per sei anni insieme a Roma – commenta in una nota fra Marco Fabello, direttore dell’Irccs San Giovanni di Dio di Brescia – e conservo il ricordo di un uomo generoso”. “Non mi sorprende che non si sia tirato indietro in questo momento di emergenza – aggiunge – anche se mi addolora averlo perso. Ha voluto star vicino ai malati fino all’ultimo, in una fraternità di spirito e di vita che è il cuore della nostra vocazione”.

“Una situazione davvero problematica. Dopo la morte di fra Patrick Nshamdze l’ospedale di Monrovia è isolato, e tre confratelli che lo avevano assistito quando ancora non c’era certezza della diagnosi sono andati oggi a fare il test. Si tratta di due spagnoli e di un frate del Ghana, che non hanno sintomi ma sono comprensibilmente molto spaventati”. A riferirlo all’Adnkronos Salute è fra Pascal Ahodegnon, chirurgo ortopedico del Consiglio generale dell’Ordine dei Fatebenefratelli, che conosceva da anni Nshamdze. “Una paura – prosegue – legata anche al fatto che la malattia di fra Patrick non è stata diagnosticata subito: il primo test, fatto in ospedale, è risultato negativo. Le condizioni di Patrick però sono peggiorate, e lo abbiamo trasferito in Ghana. Qui hanno ripetuto il test, che è risultato positivo. Purtroppo non si è salvato, e considerato che l’incubazione è di 21 giorni, i religiosi che lo hanno assistito quando non si sapeva che fosse un caso di Ebola ora hanno paura”.

“Patrick era originario del Camerun – ricorda fra Pascal – ha studiato a Roma ed era direttore generale da 2 anni dell’ospedale di Monrovia. In questa struttura lui però non era chiuso nella sua stanza alle prese con l’amministrazione: se gli operatori avevano bisogno, andava nei reparti. Anche perché in Italia, dove aveva studiato, aveva fatto il corso da infermiere. E in questo modo deve aver contratto il virus”.

A Monrovia “noi non assistevamo specificamente i malati di Ebola: per loro era stato realizzato un campo ad hoc poco fuori dalla città, dal governo. Ma se un paziente arrivava in pronto soccorso con sintomi ‘vaghi’, febbre e diarrea, certo non veniva mandato via. Ora, comunque, l’ospedale è isolato e si attendono gli operatori che disinfetteranno i reparti. I pazienti che sono già dentro restano ricoverati, ma il problema è che è operativo solo metà del personale: gli altri, quelli entrati in contatto con un malato, sono a casa in quarantena”, racconta fra Pascal. I Fatebenefratelli hanno due strutture in Sierra Leone: “A Lunsar e a Lungi. L’ospedale di Lunsar è il più colpito, e qui si assistono tanti malati, con 9 confratelli impegnati giorno e notte e un reparto specializzato allestito per l’Ebola. Riceviamo tanti aiuti internazionali, ma in Sierra Leone possiamo dire che la situazione è quasi sotto controllo. Così non è in Libera. Preghiamo che la malattia non si diffonda in altri Paesi, perché sarebbe un duro colpo per l’Africa occidentale”, conclude.

(Adnkronos)