Pirelli diventa cinese. Tronchetti Provera: “operazione sarà chiusa nel week-end”. Finisce una storia italiana dal 1872

ChemChina, acronimo di China National Chemical Corporation, è un’azienda controllata in toto dal governo cinese. Così l’imprenditoria italiana incassa e fugge dalle responsabilità ‘istituzionalì di ogni imprenditore vero: innovare la società. Questo il frutto della finanziarizzazione dell’economia

© FOTO STUDIO ERCOLE COLOMBO
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Milano – Pirelli cambia passaporto e diventa cinese. Ossia apparterrà al governo della Cina. Questo il frutto finale dell’operazioni finanziaria condotta da Camfin, finanziaria controllante la Pirelli, e ChemChina, acronimo di China National Chemical Corporation, colosso chimico interamente controllata dallo Stato, che acquisirà il controllo attraverso una nuova società costituita in Italia, ma interamente cinese nell’azionariato.

Ieri in un comunicato, la società milanese ha confermato l’operazione che comporta “il trasferimento dell’intera partecipazione detenuta da Camfin a un prezzo di euro 15 per azione a una società italiana di nuova costituzione, controllata dal partner industriale internazionale con un contestuale reinvestimento di Camfin in detta società”.

L’operazione è soggetta “all’autorizzazione antitrust e alle altre condizioni tipiche di questo tipo di operazioni”, precisa la nota, che poi anticipa come “una volta perfezionatosi tale trasferimento, verrebbe lanciata un’offerta pubblica di acquisto (Opa, ndr) sulla totalità delle azioni di Pirelli”.

Il verbo è coniugato al condizionale solo per motivi di stile.

Ieri sera il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera, al termine di un incontro nella sede di Camfin, ha precisato che il riassetto del controllo di Pirelli sarà portato a termine entro il fine settimana. “Si chiude entro il week-end, ci sono ancora dei passi da fare”, ha spiegato.

Nessun commento, più in generale, sul futuro di Pirelli una volta completato l’ingresso del gruppo cinese Chemchina. “Finché non ci sono i comunicati non posso dire nulla”, ha affermato Tronchetti Provera, che si è trattenuto nella sede di Camfin per poco più di un’ora.

In sede era presente anche il vicepresidente di Pirelli, Alberto Pirelli, che si è allontanato intorno alle 20,30.

Venerdì, dopo una giornata di continui rialzi, il titolo Pirelli ha terminato la seduta di Borsa sopra la soglia dei 15 euro per azione, prezzo stabilito per il passaggio di proprietà delle azioni che fanno capo a Camfin e per l’Opa che sarebbe a seguire lanciata sull’intero capitale sociale del gruppo degli pneumatici. Il titolo ha chiuso in rialzo del 2,21% a 15,23 euro; giovedì valeva 14,9 euro e nel corso della seduta di ieri ha toccato un massimo di 15,81 euro (+6%), nuovo record storico per Pirelli a Piazza Affari. Nella seduta sono passati di mano oltre 21 milioni di titoli, pari al 4,5% del capitale sociale. Con il rialzo di ieri il gruppo della Bicocca, che si prepara al passaggio del controllo alla cinese ChemChina, ‘vale’ in Borsa 7,25 miliardi di euro.

ChemChina, gigante della chimica di Pechino

È un colosso da 244 miliardi di yuan di fatturato (circa 36 miliardi di euro), al diciannovesimo posto tra le ‘big’ mondiali della Cina e al 355esimo nella classifica di ‘Fortune’. “Chimica tradizionale, materiali avanzati” e’ il motto della China national chemical corporation (ChemChina), società a controllo statale nata nel 2004 e amministrata dalla Sasac, il braccio del governo di Pechino cui fanno capo buona parte delle industrie di Stato cinesi.

ChemChina opera in sei diversi settori, che vanno dalla chimica dei nuovi materiali alla gomma, ed e’ presente in 140 Paesi con 118 controllate, tra cui nove quotate, 6 divisioni e 24 centri di ricerca; impiega 140 mila persone.

Dalla Francia all’Australia, ChemChina ha puntato sin dalla fondazione sulla crescita internazionale secondo la strategia del ‘going global’ (divenire globali) largamente esplicitata nel suo sito internet. Tra le operazioni più importanti, l’acquisizione della francese Adisseo e dell’australiana Qenos nel 2005 e, nel 2011, l’acquisto della norvegese Elkem e di una quota di controllo nell’israeliana Makhteshim Agan, sesto produttore mondiale di pesticidi. Nel carniere ora finirà l’italiana Pirelli.

Pirelli, una storia italiana

Pirelli in termini di fatturato è il quinto operatore mondiale nel settore tyre (pneumatici) e ha impianti produttivi in 13 paesi del mondo, con 19 stabilimenti e una presenza commerciale in oltre 160 paesi. Si caratterizza per essere leader nei prodotti ad alto contenuto tecnologico, fornendo molte case automobilistiche, che utilizzano le gomme della Bicocca come primo equipaggiamento.

La casa milanese ha una presenza nelle competizioni fin dal 1907, fornendo in regime di monofornitura la Formula 1, il campionato Superbike di moto e altri campionati, come la GP2.

La “Pirelli & C.” fu fondata a Milano nel 1872 dall’ingegner Giovanni Battista Pirelli, con l’obiettivo di produrre “articoli tecnici” di caucciù vulcanizzato. I primi prodotti della casa milanese erano tele gommate, cinghie di trasmissione, manicotti e raccorderie in gomma.

Il primo opificio fu costruito in via Ponte Seveso, poi rinominata via Fabio Filzi, dove oggi sorge il “Pirellone”. La produzione iniziò nel giugno 1873. Alla fine del XIX Secolo, con l’invenzione della gomma per bicicletta, Pirelli sfruttò immediatamente il know-how acquisito nella produzione di manicotti in tela gommata per sperimentare quel nuovo tipo di prodotto, in collaborazione con la Bianchi. Da allora le gomme sono state parte fondamentale del core business della casa.

Con la vendita ai cinesi di ChemChina finisce una storia imprenditoriale italiana. Un evento traumatico (confessiamo un certo choc quando ne abbiamo avuto contezza ieri pomeriggio, mentre giravamo per le strade di una città del Nord Italia), su cui sarà il caso di approfondire la riflessione.

Commento

Al momento, crediamo sia opportuno segnalare come questa vendita sia il frutto di due malattie culturali che stanno uccidendo l’Italia e le imprese italiane: la fiscalità statale soffocante e la deriva finanziaria dei grandi imprenditori italiani, che fuggono dalle responsabilità di ruolo: l’innovazione della società, non solo il perseguimento del ricavo fine a se stesso.

Invece, con la finanziarizzazione dell’economia, il ricavo è diventato l’unico obiettivo delle grandi imprese, il cui leader non forniscono più l’esempio del coraggio ottimista con cui si costruisce il futuro di ogni Paese.

I cinesi questa nostra debolezza la conoscono, così mettono in mano agli azionisti della Pirelli tanto denaro che potrà servire per fare investimenti in Paesi meno fisco-asfissiati o per vivere di rendita per 50 anni.

Nel frattempo l’Italia si impoverisce di idee e di coraggio, che sono come l’educazione: chi non ce l’ha non se le può dare.

(§Credit: AGI) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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