Guerra al traffico di migranti dalla Libia: il Governo Renzi ha mentito sull’azione di contrasto

Il Regno Unito ha presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu per dare legittimità all’azione – anche militare – contro i trafficanti di persone dalla Libia. Fonti diplomatiche però hanno precisato: a Roma non serve, ma è indispensabile a Berlino, Parigi e Londra. Finora invece Renzi, Gentiloni, Pinotti e Alfano hanno propalato il motivetto giustificativo dell’inazione: serve una risoluzione dell’Onu per coprire legalmente l’operazione. Una copertura di cui l’Italia non aveva bisogno: vi spieghiamo perché.

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Traffico di migranti dal Nord Africa, una lunga scia di morte e di speranza. Negli ultimi anni migliaia di persone (per-so-ne) hanno perso la propria vita tra i flutti del Mare Nostrum, diventato la loro tomba. Ogni cifra pubblicata sui media è una stima, ma migliaia è già una quantificazione atroce che dovrebbe coprire tutti noi di disdoro.

Tuttavia, il problema del traffico di migranti ha due aspetti intrecciati in modo drammatico: quello sociale e quello riguardante la sicurezza e la difesa di un territorio.

Sotto il profilo sociale, prescindendo da ogni valutazione di ordine giuridico (perché non è la finalità di questo articolo, non perché non sia importante), una massa di gente si muove per migliorare (almeno in teoria) la propria esistenza. In termini di realismo però l’Africa e il Medio Oriente in Europa non possono entrarci: neanche se le popolazioni di quelle due Regioni del mondo eliminassero fisicamente tutti gli europei. Non ci sarebbe lo stesso spazio sufficiente.

Sotto il profilo della sicurezza, il tema si intreccia ancora una volta con una dimensione di protezione internazionale che deriva dai trattati firmati e ratificati dall’Italia e da tutti i Paesi europei (e civili tout court). Anzitutto la Convenzione di Ginevra del 1951, con i protocolli di applicazione successivi, che definisce chi ha diritto a tale protezione internazionale.

È indiscutibile l’afflusso di migliaia di persone produca un problema di sicurezza in un Paese e in un’area così vasta come l’Europa di Schengen, soprattutto quando si ha certezza dell’incertezza sull’identità della stragrande maggioranza di questi individui, che in termini di probabilità potrebbero avere tanto ottime intenzioni (vivere meglio ci sembra la più importante), quanto peggiori: il ‘terrorismo’ internazionale non è un pettegolezzo da coiffeur per signora o da bar dello sport. Questa considerazione vale al di là dell’obbligo morale (e perfino giuridico) di assistenza immediata di ogni persona umana che si trovi in condizione di difficoltà.

Da quando è in carica, il Governo Renzi – dal presidente del Consiglio al ministro degli Esteri, dalla ministra della Difesa al responsabile dell’interno – ha speso molte energie per diffondere la litania internazionalista secondo cui per agire con mezzi militari e non militari contro il traffico illegale di migranti servisse una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Questa risoluzione sarebbe indispensabile per consentire ai militari italiani (Marina Militare e Forze Speciali) di fermare in acque internazionali il naviglio sospettato di trasportare migranti illegali verso il territorio italiano (porta di ingresso dell’Europa).

Mezzi militari impegnati in azione di sorveglianza marittima nell'ambito dell'operazione Poseidon al largo della Grecia (Foto Frontex)
Mezzi militari impegnati in azione di sorveglianza marittima nell’ambito dell’operazione Poseidon al largo della Grecia (Foto Frontex)

Quanto asserito finora è falso, spiegheremo perché.

Qualche giorno fa (16 Settembre), la Gran Bretagna ha presentato una bozza di risoluzione volta ad autorizzare l’intervento degli Stati dell’UE contro i trafficanti di migranti, consentendo sia i controlli dei natanti in alto mare che la distruzione di queste barche trasportanti illegalmente persone (ovviamente senza persone a bordo).

Il progetto di risoluzione è stato distribuito agli altri 14 membri del Consiglio di Sicurezza Onu (al momento i 10 membri temporanei sono [tra parentesi la fine del mandato]: Angola [2016], Ciad [2015], Cile [2015], Giordania [2015], Lituania [2015], Malesia [2016], Nuova Zelanda [2016], Nigeria [2015], Spagna [2016], Venezuela [2016]).

Fonti diplomatiche sotto condizione di anonimato – citate dall’Associated Press e rilanciate da Guido Olimpio, esperto in sicurezza internazionale e corrispondente del ‘Corriere della Sera’ da Washington – hanno però precisato che “A causa delle diverse leggi vigenti in Europa, l’Italia può già sequestrare e distruggere i barconi, ma la Germania e la Gran Bretagna, le due cui navi sono parte delle operazioni europee, hanno bisogno dell’approvazione del Consiglio di Sicurezza”.

Riservatezza diplomatica mantenuta per non svergognare il Governo italiano, che sul tema ha mentito all’opinione pubblica nazionale, per blandire le ali estreme del pacifismo terzomondista, che interpreta l’articolo 11 della Costituzione come divieto assoluto di muovere guerra, quando è evidente (dal dibattito in assemblea costituente è del tutto lapalissiano) che la Costituzione italiana “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, fattispecie non rilevabili nello scenario del traffico illegale di migranti dalla Libia, che invece mette in pericolo la sicurezza nazionale (e comunitaria).

Il progetto di risoluzione infatti ricadrà sotto il Capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite (articoli 39-52) che ha un titolo ineludibile: “Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione”.

Ne consegue che la legittimità dell’azione militare (e non) italiana nel Mediterraneo promani

  1. dal primo comma dell’articolo 52 della Costituzione, secondo cui “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, subordinandone le modalità “allo spirito democratico della Repubblica” (ultimo comma art. 52 Cost);
  2. dalle norme del Trattato di Amburgo del 23 Aprile 1979 sulleOperazioni marittime di Ricerca e Soccorso” (International Convention on Maritime Search and Rescue – SAR);
  3. in combinato disposto e come normativa speciale e integrativa del Diritto Internazionale Marittimo pattizio (trattato di Montego Bay, Unclos – United Nations Convention on the Law of the Sea);
  4. nel quadro del diritto all’autotutela ex articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite.

La Convenzione di Amburgo del 1979 impone infatti i doveri di ricerca e soccorso in mare, attribuendo ad alcuni Stati le incombenze di sviluppare idonei mezzi e procedure per rendere possibile il salvataggio di naufraghi in tempo di pace. È sulla base di queste norme che l’Italia ha il dovere di soccorrere naufraghi nel quadrante di Mediterraneo Centro-Occidentale assegnato, ma non quello di accogliere tutti i migranti senza distinzione tra ‘migranti economici’ e profughi di guerra/rifugiati.

L’aspetto che però in questa sede ci preme sottolineare riguarda più i trafficanti di migranti, che agiscono come minaccia alla sicurezza nazionale italiana (e comunitaria). Su questo aspetto si fonda il diritto di fermare, ispezionare ed eventualmente neutralizzare (tecnicamente) il naviglio con cui avviene il traffico illegale di persone verso l’Italia.

In tal caso, l’Italia può già agire, senza la copertura di una risoluzione dell’Onu, perché Stato confinante con la fonte della minaccia. Rispettando la lettera dell’articolo 51 dello Statuto dell’Onu, il nostro Paese potrebbe agire in autotutela, con il solo dovere di “portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza” ogni eventuale azione.

Solo in quel momento, con la notifica al Consiglio di Sicurezza Onu, il Paese automaticamente otterrebbe una legittimazione del proprio operato sottoposta a condizione risolutiva, perché rimarrebbe libero in ossequio al diritto all’autotutela, ma sottoposto a condizione risolutiva nel caso esondasse dai limiti dell’autotutela medesima.

Al contrario, Francia, Germania e Regno Unito (e tutti gli altri Stati dell’UE), per agire – anche a supporto dell’Italia – necessitano di una risoluzione dell’Onu perché in linea di principio non sono Stati confinanti con la fonte della minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale (i trafficanti che operano dalla Libia).

L’Unione Europea sotto il profilo giuridico internazionale è infatti un’organizzazione regionale, non uno Stato Federale o una Lega di Stati (Confederazione), e quindi gli Stati membri formalmente (ma non sostanzialmente) rimangono del tutto sovrani all’esterno, ancorché legati tra loro da norme pattizie (sempre di natura internazionale, non costituzionale). Il confine italiano esterno italiano è confine esterno comunitario per i rapporti interni all’Ue, ma rimane estraneo (formalmente) rispetto agli altri Stati dell’Unione.

In conclusione, l’Italia non ha agito perché il Governo in carica ha atteso la risoluzione del Consiglio di Sicurezza per meri motivi di politica interna (riguardanti le voci dissenzienti interne alle varie anime della maggioranza e, più in generale, alla sinistra italiana: sul tema la cosiddetta opposizione non avrebbe fatto mancare il sostegno all’esecutivo). Il rispetto della legalità internazionale è solo un pretesto che non fa onore al Paese.

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