Bud Spencer è partito per l’Ultima Missione

Carlo Pedersoli è mancato ieri pomeriggio in una clinica romana, ne ha dato notizia il figlio. Pallanuotista e nuotatore, fece coppia storica con Mario Girotti, Terence Hill, interpreti di un cinema composto ed educato, denso di valori e senza volgarità inutili. Mancherà, ma ora anche gli angeli mangeranno fagioli

Roma – Da ieri stasera anche gli angeli mangeranno fagioli, perché Carlo Pedersoli, per tutti Bud Spencer, è morto in un ospedale romano. Lo ha confermato il figlio: “Papà è volato via serenamente alle 18.15. Non ha sofferto, aveva tutti noi accanto e la sua ultima parola è stata ‘grazie’“. Nel profilo ufficiale su Facebook e Twitter un post della famiglia ha dato la notizia a tutto il mondo: “With our deepest regrets, we have to tell you that Bud is flying to his next journey. Fam. Pedersoli” (Con il più profondo rimpianto, dobbiamo dirvi che Bud sta volando verso il suo prossimo viaggio. Famiglia Pedersoli).

Come dire, signore fino all’ultimo istante, un esempio di vita cristiana e di persona perbene, costellata da tante avventure di vita, sport, cultura.

Bud Spencer è stato protagonista di una carriera lunga, poliedrica per stili di interpretazione, molto tesa sul filo dell’ironia con qualche divagazione più impegnata, come il thriller ‘Quattro mosche di velluto grigio‘, di Dario Argento, o ‘Torino nera‘ di Carlo Lizzani. I successi commerciali con le pellicole interpretate in tandem con Terence Hill, più all’estero che in Italia, dove in genere per essere apprezzati fino in fondo occorre un requisito essenziale: essere passati a miglior vita, come può testimoniare – a prescindere! – il principe Antonio de Curtis, Totò.

Amarezza che un gli fece dire anche “in Italia io e Terence Hill semplicemente non esistiamo nonostante la grande popolarità che abbiamo anche oggi tra i bambini e i più giovani. Non ci hanno mai dato un premio, non ci invitano neppure ai festival.

Lo scorso anno era stato festeggiato a Napoli con una medaglia e una targa per la lunga carriera che gli aveva consegnato il sindaco De Magistris a Palazzo San Giacomo, a nome della sua amata città.

Carlo Pedersoli nacque a Napoli il 31 ottobre 1929 nel quartiere ‘Santa Lucia’. Il padre era un uomo d’affari bresciano e il suo lavoro lo portò lontano dalla città partenopea quando Carlo ha appena 11 anni, perché tutta la famiglia dovette trasferirsi a Roma.

Lasciati gli amici di scuola – tra i quali Luciano de Crescenzo – Pedersoli si iscrisse al liceo e a un corso di nuoto, risultando brillante in entrambi i casi, tanto da arrivare all’iscrizione universitaria ad appena 17 anni. Finita la guerra, però, la famiglia dovette cambiare di nuovo residenza, trasferendosi in Sud America e Carlo dovette abbandonare gli studi e fece l’operaio a Rio de Janeiro, il bibliotecario a Buenos Aires, infine il segretario dell’ambasciata italiana di Montevideo.

Tornato a Roma, Carlo riprese gli studi, ma soprattutto l’attività agonistica nel nuoto, dove emerse in campo nazionale e poi anche partecipando alle olimpiadi e ai giochi del Mediterraneo. Laureatosi in giurisprudenza, venne notato dal cinema nel pieno della stagione di Hollywood sul Tevere. Grazie al fisico scultoreo, fu scritturato come comparsa in ‘Quo Vadis?’ e poi finì sul set di ‘Annibale’, dove però non si incrociò mai con un altro attore, che avrebbe significato molto nella sua vita: Mario Girotti, il futuro Terence Hill.

Mario Monicelli affidò a Carlo Pedersoli il primo vero ruolo, quello del manesco Nando in ‘Un eroe dei nostri tempi‘ (1955), mentre chiuderà la carriera sportiva nel nuoto dopo i Giochi di Roma del 1960, quando tornò in Sud America per una parentesi lontano dai suoi interessi.

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Rientrato in Italia, Pedersoli aprì una società, sposò Maria Amato (la figlia del produttore Peppino Amato), con la quale ebbe i primi due figli. Fu paroliere di canzoni con discreto successo, mentre nel cinema riprese la gavetta, conquistando il ruolo di protagonista nello spaghetti western ‘Dio perdona io no‘ soltanto nel 1967, grazie a Giuseppe Colizzi.

Prima rifiutato per le richieste economiche, poi arruolato perché risulta il solo adatto alla parte di gigantesco e minaccioso partner del protagonista, Pedersoli incontrò di nuovo Mario Girotti. I due decideranno, alla fine del film, di cambiare i propri nomi sui manifesti per attrarre il pubblico e Pedersoli sceglierà il suo in omaggio alla birra Bud e all’adorato Spencer Tracy. Il successo del film è più che lusinghiero, ma sarà l’episodio successivo, ‘Lo chiamavano Trinità‘ (E.B. Clucher, 1970) a consacrare il successo personale del duo, che si ripeterà per altre 16 volte, in pellicole con analogo cliché del personaggio: un gigante dal cuore d’oro, che mena sganassoni per imporre una giustizia fai da te, ma sorride sempre come un bambino, perché ristabilisce i torti e si gode la vita.

Poi la serie di film della serie ‘Piedone’, dove interpretò un commissario di polizia della Questura di Napoli, dai modi spicci e dai risultati incontestabili, ma anche dalla grande umanità che lo spinge a essere inflessibile con i pezzi grossi della malavita nazionale e internazionale, più incline a perdonare le debolezze della varia umanità che delinque per sopravvivere e non vive per delinquere e fare del male. Un personaggio politicamente poco corretto, ai giorni nostri, anche per il messaggio trasmesso: il bene vince anche se deve ricorrere a qualche schiaffone, paterno ed educativo, perde se esita e dà spazio a un male peggiore.

Si è definito “un dilettante di altissimo livello”, con quella tipica propensione all’autoironia che appartiene solo alle grandi personalità. E da oggi pomeriggio, mentre in Paradiso si preparavano le tavolate di fagioli, noi siamo più tristi perché se ne va un pezzo della gioventù di molti di noi.

Arrivederci, Carlone-Bud (con calma e senza fretta…)…

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