Dieci domande sul caso Alfie Evans e l’Alder Hey Hospital di Liverpool

Il caso Alfie Evans, in scia a quello di Charlie Gard dello scorso anno, pone sicuramente dilemmi di natura bioetica importanti, tipici di una società in transizione, ma soprattutto altre domande più urgenti sulla vera natura del caso stesso. Qui alcune riflessioni di Marco Filippi, laureato in protezione civile e crisis management, formatore in materia sanitaria e di soccorso, autore di ricerche e libri sul tema

Varese – Il caso riguardante Alfie Evans, bambino di 23 mesi affetto da una patologia neurodegenerativa irreversibile (a detta dei medici che se ne sono occupati) solleva quesiti di ordine giuridico, sanitario e deontologico che cerchiamo di analizzare di seguito. 

CORTE DI STRASBURGO

Il giudice Anthony Hayden, competente per territorio sulle questioni di diritto di famiglia, ha affermato nel precedente appello da parte dei genitori che la Corte dei Diritti Umani di Strasburgo non avrebbe potuto interferire sul caso. Rientra tra le facoltà di un Lord of Justice britannico confutare un’istituzione giudicante sugli aspetti di legittimità, ancor prima della pronuncia? E in caso contrario, le sue parole, trascritte agli atti, possono aver preventivamente influenzato la decisione successiva della CEDU di respingere l’appello straordinario degli Evans? Questo non dovrebbe render nulli entrambi i procedimenti giuridici?

CURE PALLIATIVE

I genitori di Alfie Evans – sempre nell’udienza del 25 Aprile 2018 – a specifica domanda, hanno confermato di non contestare il principio generale dell’applicazione delle cure palliative sul bambino. Su quale base giuridica quindi si nega il trasferimento del bambino in un luogo secondario di cura?

Quanto rappresentato dal primo giudice in sede di giudizio – ossia che il trasporto in aeroambulanza sarebbe stato rischioso – applicato ad un morituro per decisione legale, non sta in piedi. Negare l’applicazione di un protocollo terapeutico per quanto validato diverso – di fine vita – non è soltanto illogico, ma viola il diritto di scelta e condivisione del processo terapeutico palliativo previsto dagli standard NICE ELC adottati dallo stesso NHS inglese. Inoltre, viola la possibilità di eleggere un domicilio diverso, sito all’interno dell’Unione Europea per un intero nucleo familiare e un minore in condizione di fragilità.

Se il divieto fosse imposto a livello preventivo, occorrerebbe fosse emessa un’ordinanza restrittiva specifica e motivata della libertà personale, provvista di indizi gravi e concordanti che in questo caso non sussistono, essendo tutto il nucleo familiare animato dalla miglior fede possibile, con intento e spirito collaborativo, almeno finora.

Le decisione dei giudici sia del 24 Aprile che del giorno successivo appaiono quindi faziose, immotivate ed illogiche sotto il profilo del diritto sanitario e non solo.

I PRECEDENTI CASI DI PRATICHE SANITARIE NON ORTODOSSE DELL’ALDER HEY

L’Alder Hey Hospital è stato al centro di gravi fatti, riemersi in questi giorni sui social e sulla stampa britannica e internazionale, verificatisi in un arco temporale che attraversa la fine del secolo scorso sino ad arrivare ai giorni nostri. Scandali con implicazioni etiche molto gravi, che hanno riguardato il prelievo – a tutt’oggi ancora immotivato – di campioni istologici su oltre mille bambini, sia vivi che morti; la sparizione di organi, prelevati senza alcun consenso dei genitori, ivi compresi genitali; cremazioni di corpi non autorizzate; richiami da parte delle autorità di controllo per il mancato raggiungimento degli standard sanitari previsti; negligenze mediche con esiti fatali; cause su questioni sanitarie senza nessuna speranza di resistenza in giudizio.

Eppure ad oggi, nessuno dei giudici intervenuti ha richiesto un parere medico terzo indipendente sulla patologia di cui soffre Alfie Evans, in modo da fugare qualsiasi dubbio sulla diagnosi e sulle terapie effettuate.

Ancor peggio, è stato rifiutato l’accesso al paziente a medici, ricercatori e infermieri sia chiamati dai parenti che presentatisi spontaneamente, questo in contraddizione con qualsiasi diritto, prassi, uso e consuetudine in ambito medico.

Anche volendo invocare il diritto del tutore legale di Alfie di scegliere al meglio senza nessuna interferenza esterna, si aprono pesanti ombre sull’operato dell’Alder Hey e sulla trasparenza delle scelte effettuate, riconducibili a una univocità di pensiero, generato sempre all’interno del nosocomio di Liverpool delle equipe che ivi operano: questo atteggiamento necessita di una spiegazione.

LE CONTRADDIZIONI MEDICHE E QUELLE GIURIDICHE

Lo staff medico e quello legale dell’A.H. sono andati più volte in contraddizione tra di loro. Lo staff legale in sede di appello del 25 Aprile 2018 ha affermato che nessuna dichiarazione sulla velocità dell’agonia di Alfie fosse mai stata fatta dal personale medico, mentre i bollettini medici pubblicati anche sui siti istituzionali della struttura riportavano le affermazioni del medico incaricato del caso, il quale minuziosamente delineava un rapido deteriorarsi della respirazione del bambino nella fase immediatamente successiva al distacco.

DIECI DOMANDE PER I GIUDICI ED I MEDICI INGLESI (e PER l’opinione pubblica europea)

A questo punto, formuliamo dieci quesiti che al momento sembrano non avere risposta e che dovrebbero essere considerati anche dalla Procura di Roma, competente sui reati di cui sono vittime i cittadini italiani all’estero.

  1. Quale decisione clinica ha spinto – a fronte di una diagnosticata patologia neurodegenerativa progressiva del bambino – si è scelto di porre in situ per molti mesi un tubo oro tracheale e un sondino nasogastrico e non di effettuare una tracheotomizzazione ed un PEG (Gastrostomia Endoscopica Percutanea, NDR), come invece suggerito in questo specifico caso da alcune autorevoli fonti sanitarie, quali le equipe del Bambin Gesù di Roma?
  2. E’ stato attuato un protocollo di “svezzamento” dal ventilatore polmonare di Alfie onde evitarne traumi secondari dell’apparato respiratorio, relative sofferenze ed eventualmente consentire, come è stato nella realtà dei fatti, un progressivo subentro della respirazione spontanea? 
  3. Nel caso non fosse stato previsto un protocollo di “svezzamento” del ventilatore polmonare, su quali basi cliniche e quali protocolli sanitari sono stati applicati?
  4. Stando alle dichiarazioni dei genitori sui social, il bambino è stato lungamente deprivato di ossigenoterapia di supporto dopo l’estubazione, che non costituisce supporto vitale, ma cura palliativa di per sé, quanto l’idratazione e la somministrazione di nutrienti, come normale prassi sanitaria su qualsiasi paziente, morente e non, rimosso dalla ventilazione meccanica assistita, secondo tutta la letteratura scientifica  e protocollo sanitario validato. Quanto ha eventualmente danneggiato biologicamente il bambino questa irrituale decisione sanitaria se confermata?
  5. Su quale base giuridica si è deciso preventivamente di dichiarare la incompetenza della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, in violazione delle convenzioni internazionali sottoscritte dalla stessa Inghilterra?
  6. Queste dichiarazioni possono aver influenzato la decisione della stessa CEDU di Strasburgo di dichiararsi incompetente?
  7. In assenza di opposizione da parte dei genitori e dei loro legali alla decisione di applicare un protocollo di fine vita al bambino, accettandone la diagnosi, su quale base giuridica si viola il diritto alla mobilità di tre cittadini sul territorio della Unione Europea e contestualmente la libertà di scelta delle cure, attesa la diagnosi e l’applicazione generale di un protocollo di fine vita?
  8. Il primo appello presentato dagli Evans risulta respinto anche per le parti che indicano il bambino come trattenuto a forza nell’ospedale, mentre in quello odierno è stato preventivamente e negativamente valutato dalla Corte, come risulta agli atti il dichiarato intento del padre di denunciare tre medici dell’ospedale per cospirazione atta voler far cessare la vita del bambino. Con quale diritto la Corte ha valutato negativamente e preventivamente l’intento del genitore, tanto da far ritrattare parzialmente tale intenzione dal legale che lo rappresenta? Tale eventuale ipotesi sarebbe perfettamente legale, non temeraria e legittimata dalla gravità delle circostanze, oltre che pieno diritto di ogni cittadino. 
  9. Con quale motivazione la Corte inglese e i sanitari reputano non rilevante la ripresa spontanea e persistente di respiro del bambino ininterrotta per oltre 48 ore, quando l’appello alla Corte iniziale era proprio sulla sospensione della ventilazione assistita come affermato oggi e perché contestualmente i media riportano che i poliziotti perquisiscono i familiari di Alfie Evans, per impedire la somministrazione di nutrienti al fine di impedirne il nutrimento?
  10. In via generale il quadro normativo inglese e la prassi sanitaria vietano l’eutanasia, sia passiva che attiva, così come la pena di morte. Il caso Alfie Evans viene presentato come la giusta ed inevitabile applicazione di un protocollo sanitario, ma alcuni fatti sembrano però mettere in luce gravi e concordanti indicazioni (la persistenza di un cordone di polizia atta a prevenire ‘crimini’, l’aggressività della stessa sui social con affermazioni atte non a prevenire eventuali atti criminali ma ogni forma di dissenso, la sospensione forzata dell’alimentazione, il negato accesso a pareri e cure mediche validate alternative, il grande interesse dell’opinione pubblica mondiale) che così non sia, generando il doppio quesito principale di tutta questa vicenda: perché altri medici ed altri pareri al di fuori di quelli dello staff di Alder Hey non sono ammessi e tollerati in questa vicenda, mentre la giustizia inglese sembra avere una incredibile fretta di chiudere la vicenda, si su richiesta dei genitori, ma senza prendere il necessario tempo per approfondimenti, quanto meno doverosi anche per semplice precauzione?

Quesiti che meritano risposta dalle autorità britanniche competenti e che la magistratura italiana dovrebbe pretendere, in virtù della concessione della cittadinanza italiana al piccolo Alfie Evans, che in quanto cittadino è titolare di diritti soggettivi irrinunciabili e di protezione automatica dell’ordinamento giuridico italiano sulla sua persona.

Tranne che – e questa sarebbe l’undicesima domanda – la concessione della cittadinanza non sia stata una mossa politica di facciata. In tal caso, la linea dello scandalo correrebbe dalla Gran Bretagna all’Italia sulle sorti di un bambino innocente e immeritevole del sabba di morte che di balla attorno alla sua esistenza.

(Credit Photo: fotogramma di video pubblicato su sito dell’Alder Hey Hospital di Liverpool) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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