Il paradigma della sicurezza civica in Italia passa solo per la videosorveglianza?

Negli ultimi giorni due fatti di sangue hanno colpito l’opinione pubblica per l’efferatezza delle dinamiche, ma pongono anche interrogativi sul funzionamento di un sistema civico di sicurezza, che veda la cittadinanza coproduttrice e non semplice consumatrice

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Due fatti di sangue hanno occupato la cronaca nera negli ultimi due giorni, entrambi triplici delitti. A Santhià il giovane Lorenzo Manavella ha trucidato, sotto l’effetto della cocaina, i nonni e la zia paterna, che amava tanto, per impossessarsi di 300 euro. A Tempio Pausania, Angelo Frigeri ha – in circostanze ancora non del tutto chiare e con un movente non definito – sterminato un’intera famiglia, compreso un bambino inerme di 12 anni, l’ennesima vittima del male degli adulti e per causa degli adulti. Roba da chiedere la vendetta di Dio su tali belve fuori dal consesso umano.

Il modo in cui i colpevoli dei due delitti sono stati scoperti si presta però a una riflessione che va al di là delle dinamiche, dei moventi, delle circostanze in cui sono maturati i due efferati fatti di sangue. Una riflessione che riguarda le modalità con cui sono stati individuati, in uno scenario di “nuovo paradigma della sicurezza civica” che non possa prescindere dall’efficacia di sistemi elettronici volti alla prevenzione delle minacce.

Lorenzo Manavella ha avuto il tempo e la possibilità di prendere un treno a Santhià e arrivare fino a Venezia, oltre 350 km di viaggio, malgrado i vestiti sporchi di sangue: nessuno ha avvertito l’esigenza di chiamare le forze dell’ordine e segnalare la circostanza, pur notando un ragazzo in condizioni non normali.

Se il giovane Manavella – esauriti gli effetti della droga – non avesse risposto all’ultimo barlume di coscienza rimastogli e non si fosse consegnato alla Polizia Ferroviaria di Venezia, di lui probabilmente non avremmo più sentito parlare. Avrebbe avuto il tempo e la possibilità di andarsene semi-indisturbato dall’Italia.

Frigeri è stato immortalato dalle telecamere di videosorveglianza poste all’esterno di alcune attività commerciali nei pressi della casa della famiglia Azzena. Ha anche sfidato, in qualche modo, i Carabinieri – che forse erano già a conoscenza della tresca con la donna uccisa con il marito e il proprio bambino – tornando sul luogo del delitto nelle fasi successive alla scoperta, come un “turista del crimine” qualsiasi.

Il tema dunque è quello del ruolo dei mezzi tecnologici di sorveglianza elettronica nel mantenimento del paradigma della sicurezza civica, che però lamenta l’assenza della partecipazione della gente, un comportamento irresponsabile su cui pesano varie concause.

I cittadini oggi sono consumatori di sicurezza, mai co-produttori. La farraginosità delle procedure, la sfiducia generale nelle istituzioni, la disattenzione della classe dirigente e dei dipendenti pubblici verso la cittadinanza possono giocare un ruolo in questo meccanismo perverso, in virtù del quale il cittadino ha delegato ad altri il mantenimento della sicurezza civica. E come se la gente si servisse – quando serve – di un carrello di supermercato: chiede di poter prendere al bancone della sicurezza surgelata quell’aliquota che gli consenta di vivere in modo decente. Ma di compartecipazione non si parli.

Ne discende l’accettazione della invasività dei sistemi di sorveglianza elettronica in luogo dell’occhio vigile del cittadino (dove questo è o sarebbe sufficiente ed efficace), un modo per spersonalizzare la sicurezza.

Una conseguenza cui nessuno ha pensato è però che con il proseguire della diffusione di questi sistemi, sarà inevitabile un affinamento della tecnica per sfuggire alla video sorveglianza. Con il nefasto risultato di consentire l’interposizione di uno spazio più ampio tra autore del crimine e crimine medesimo, un dato inversamente proporzionale sia alla sicurezza tout court che all’efficacia delle disposizioni giudizirie.

Al contrario, bisognerebbe informare la popolazione che un sistema sociale più sereno comporta una partecipazione corale, perché la sicurezza non può essere il prodotto di un assolo monostrumentale, ma è sempre una sinfonia di suoni e voci che produce elementi intangibili sotto cui noi rinchiudiamo il concetto di sicurezza.

Perché oggi è quasi impossibile fare 350 km (da Santhià a Venezia centrale) senza che nessuno si accorga di un uomo che va in giro con i vestiti macchiati di sangue. Eppure è accaduto.

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Un pensiero su “Il paradigma della sicurezza civica in Italia passa solo per la videosorveglianza?

  • 22/05/2014 in 15:44:42
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    Ottima nota che merita una seria riflessione da parte di tutti: Forze dell’Ordine e Cittadini.

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