Israele sotto attacco, Hamas proclama la Terza Intifada, ma c’è chi ribalta la verità dei fatti

Giovani palestinesi si lanciano in tentativi di assassinio, obnubilati dalle criminali spinte del movimento jihadista legato alla Fratellanza Musulmana egiziana (che però è stata resa inoffensiva in patria). I media occidentali spesso ribaltano i fatti, descrivendo i poveri giovani palestinesi uccisi come vittime innocenti, non come caduti in combattimenti urbani da loro stessi scatenati

Tel Aviv – Un altro giovane palestinese è stato ucciso nella notte dai colpi sparati dalla polizia israeliana, nel corso di scontri verificatisi nel campo profughi di Shuafat, a Gerusalemme Est. Si tratta del secondo palestinese ucciso in questo campo profughi in meno di 48 ore: sale così a sette il bilancio delle vittime palestinesi, caduti in operazioni di difesa territoriale dalla difesa o dalle forze di polizia di Tel Aviv.

Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, a Gaza ha lanciato la Terza Intifada, incitando a uccidere gli israeliani in ogni modo quale passo per riconquistare Gerusalemme: dichiarazioni che marcano indebilmente le violenze scoppiate in Cisgiordania e a Gerusalemme Est annessa. Haniyeh – che vive in Qatar e che non a caso si trova a Gaza – ha sollecitato ulteriori violenze.

Tre giovani palestinesi – Ahmed al Hirbawi, Shadi Dawla, Abed al Wahidi e Nabil Sharaf, tutti 20enni – sono stati uccisi, dopo che avevano attaccato con lancio di pietre e lanci di bottiglie incendiarie una postazione di soldati, che hanno reagito aprendo il fuoco nei pressi di Khan Yunis. Mohammed al Raqab, 15 anni, e Adnan Abu Alian, 20, sono stati uccisi in scontri analoghi nella zona orientale di Gaza City.

Fonti sanitarie hanno riferito che altri 80 palestinesi sono stati feriti, 10 dei quali in modo grave. Una portavoce delle IDF ha riferito che 200 palestinesi si sono avvicinati alla barriera di sicurezza lanciando sassi e bruciando copertoni in direzione delle forze di sicurezza. “Le forze sul posto hanno reagito aprendo il fuoco contro i principali fomentatori degli scontri, per scongiurare la loro avanzata e disperdere la folla”, ha spiegato.

L’ondata di violenze è stata fomentata dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, che ha reso noto alle Nazioni Unite lo scorso 30 Settembre l’interruzione dell’applicazione degli Accordi di Oslo del 2003 (senza i quali non ci sarebbe l’ANP, ndr), dopo aver chiesto a Israele di “di fermarsi, prima che sia troppo tardi, di colpire i luoghi sacri dell’Islam e della cristianità a Gerusalemme“, con riferimento esplicito alla “moschea di Al-Aqsa” dove la polizia israeliana ha fatto irruzione a luglio a seguito della sassaiola lanciata da parte di gruppi di palestinesi. La ‘svolta’ movimentista di Abu Mazen fa trasparire l’incremento di potere di Hamas, che ha spinto il presidente dell’ANP di annunciare la cancellazione di tutti gli accordi sottoscritti con Israele, inclusi quelli relativi al coordinamento di sicurezza. Lo si evince dalle parole del portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, che ha affermato come ora sia il “momento decisivo” e che occorre una strategia nazionale che consenta ai palestinesi di fronteggiare “i crimini di Israele e proteggere” proprio “la Moschea di Al-Aqsa”.

In un sermone durante la tradizionale preghiera settimanale del venerdì, presso una moschea di Gaza City, il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha spiegato che “stiamo chiedendo di rafforzare e incrementare l’Intifada. È l’unica strada che ci porterà alla liberazione. Gaza assolverà il suo ruolo nell’Intifada a Gerusalemme ed è più che pronta a un confronto“.

Fino a poche settimane fa, Hamas proponeva a Israele una tregua decennale, a condizione della possibilità di costruzione di un porto a Gaza e della riapertura dei varchi di Gaza verso il Sinai e verso  il Sud di Israele.

Gli accoltellamenti in Cisgiordania, a Gerusalemme est e in altre città di Israele hanno subito fatto pensare a una Terza Intifada, che ieri è stata proclamata ufficialmente, dopo la prima del 1987 e la seconda del 2000. Conflitti che provocarono oltre 6mila vittime, 5.000 palestinesi e circa 1.100 israeliani. Gaza è stata teatro di tre guerre con Israele dal 2008, ma fino a oggi era rimasta tutto sommato calma durante gli ultimi disordini in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

Stupisce però il silenzio del mondo, di fronte alle provocazioni islamiste: a osservatori neutrali non sfuggono le rivendicazioni dei lanci da Gaza di missili e razzi, firmati dall’ala locale del sedicente Stato Islamico dell’Iraq e di al-Sham (ISIS), con l’intento preciso di creare un effetto diversivo sul teatro mediorientale e coinvolgere Israele nella guerra contro il jihadismo transnazionale.

Un silenzio che diventa ribaltamento della verità dei fatti su certi media occidentali, che citano i poveri morti palestinesi, ma titolano come se i palestinesi fossero vittime innocenti, non caduti in combattimenti di guerriglia urbana causata da loro stessi.

(Credit: askanews) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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