Sede Vacante. Benedetto XVI si ritira a Castel Gandolfo

Editoriale | Momento storico nella Chiesa e nel Mondo

La Rivoluzione Vaticana non desacralizza la figura del Pontefice, ne adegua la figura istituzionale alla contemporaneità e non ne intacca il valore del magistero morale

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In Vaticano dovrebbero fare un monumento al Conte di Cavour e a Vittorio Emanuele II, perché la fine del potere temporale dei papi è stata una manna caduta dal Cielo. La Chiesa Cattolica ne ha guadagnato in credibilità, in esempio, in forza morale. Dato che non è intaccato dagli scandali che colpiscono uomini e donne che servono il Signore, male e nel peccato, e usano il paravento di Cristo per coprire la propria ignominia. Il male mette alla prova ogni giorno il bene, che però prevale sempre.

Benedetto XVI ha ieri concluso il proprio magistero pubblico di Pontefice, come annunciato nella declaratio dell’11 febbraio scorso, una data già passata alla Storia. Il volo dell’elicottero del 31° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana che ha condotto Joseph Ratzinger a Castel Gandolfo ha sancito, con l’ennesima puntualità evocativa delle immagini trasmesse in diretta dai mezzi di comunicazione, una nuova era della Storia della Chiesa, più vicina alla vita della gente.

La Rivoluzione Vaticana di Ratzinger potrà essere valutata ben, in tutta la sua forza, solo tra qualche anno. Noi oggi possiamo solo tentare una interpretazione delle più immediate conseguenze. Chi afferma che debba essere un fatto unico nella storia istituzionale del pontificato a nostro avviso non percepisce la rottura politica, che però non è rottura giuridica (visto il disposto del canone 332, secondo comma, del diritto canonico), solo Cristo è eterno.

Né, a nostro modo di vedere, la rinuncia mina la sacralità del Papa, ma la rende piena nel vero senso, ossia rende sacro l’Ufficio del Romano Pontefice, ma ne distingue la persona chiamata a ricoprirla, umana tra gli umani.

Oggi la Chiesa istituzione necessita di guida certa, ferma, condotta con rigore, ma con la forza fisica e psicologica necessaria per affrontare le sfide di un mondo che cambia con velocità. Il tempo appare accelerato, serve prontezza, anche fisica.

Benedetto XVI, dalle ore 20 di ieri sera Papa Emerito di Santa Romana Chiesa, sarà a servizio in “modo nuovo”, con la preghiera e la meditazione. Il senso della grandezza di questo grande intellettuale bavarese prestato alle istituzioni ecclesiastiche è di evidenziare la forza propria della Chiesa Universale, che può fare a meno di ciascuno di noi, non di Cristo, faro e condottiero della Storia.

Nel saluto ai cardinali presenti a Roma, Joseph Ratzinger lo ha evidenziato: «Attraverso la Chiesa, il Mistero dell’Incarnazione rimane presente per sempre. Cristo continua a camminare attraverso i tempi e tutti i luoghi». Ha salutato i cardinali, assicurando le proprie preghiere perché siano «docili all’azione dello Spirito Santo nell’elezione del nuovo Papa», al quale ha assicurato fin da ora «incondizionata reverenza ed obbedienza», assicurazione di una transizione senza ombre nel segno della Superiore fedeltà a Cristo.

Un atto che si completa con il saluto ai fedeli, accorsi a salutarlo a Castel Gandolfo. «Cari amici, sono felice di essere con voi». Amici, non l’usuale “Cari fratelli e sorelle”, già un segno comprensibile a tutti di rispetto e devozione al futuro pontefice, nel momento dell’apertura della sede vacante. Ma Benedetto XVI non sfugge dalle responsabilità del proprio magistero, prende atto, certifica, sancisce la limitatezza della condizione umana, che unisce tutte le persone, e allo stesso tempo eleva su tutti l’onnipotenza ineguagliabile di Dio.

«Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più» ha salutato le migliaia di persone accorse nella piazzetta antistante la Villa Pontificia «Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità». Una missione che Benedetto XVI assume con il sostegno della Chiesa Universale e del popolo di Cristo.

La benedizione finale, probabilmente l’ultima in luogo pubblico, ha chiuso il pontificato del 264° successore di Pietro, consegnando al mondo una Chiesa attiva nel prendere atto che il XXI Secolo sarà il secolo del rinnovamento generale. A partire dall’ufficio del Pontefice.

Ambienti nordamericani spingono perché il prossimo Papa agisca in controtendenza, affermando che un Pontefice non può lasciare il Soglio di Pietro. Sarebbe un grave errore, in grado di spaccare la Chiesa. Il gesto di Benedetto XVI invece ha una forza evocativa tale da spingere in modo deciso verso il definitivo riavvicinamento di tutte le confessioni cristiane, fino alla definitiva riunione, perché mostra inequivocabilmente che solo Cristo è fondamentale per la fede, non ciascuno delle donne e degli uomini che costituiscono la Chiesa Universale.

Un messaggio dirompente, rivoluzionario, inedito, che colloca Joseph Ratzinger (in vita) tra i grandi della Storia.

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