Fucilieri del San Marco: Massimiliano Latorre e Salvatore Girone tornano in India per salvare la faccia dell’Italia?

Esteri | Tensione Italia-India

Il governo denunzi l’India davanti alla Corte dell’Aja, subito!

I due fucilieri di Marina servono a stanare le ripetute violazioni indiane del diritto internazionale. Agire subito sul piano giuridico internazionale e non escludere nessuna misura, tranne la guerra

20130322-Salvatore-Girone-Massimiliano-Latorre-750x410

La vicenda che vede coinvolti due sottufficiali della Marina Militare, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in forze al Battaglione San Marco, si tinge di rosso: il rosso di vergogna che dovrebbe apparire sul viso di diversi esponenti del governo presieduto dal professor Mario Monti. Con una decisione che ha destato sbalordimento, il governo italiano ha deciso di far ritornare in India i due militari italiani, indagati per l’omicidio di due pescatori del Kerala, dopo averli scambiati per pirati. Cercheremo di spiegare come da un un atto confuso possa derivarne un guadagno per l’Italia (che ha ragione su tutta la linea: non è facile ammetterlo per chi, come noi, è sempre critico con il proprio Paese).

Come si ricorderà, Latorre e Girone erano membri di un NMP (Nucleo Militare di Protezione) a protezione di una petroliera italiana, la “Enrica Lexie”. L’incidente che sarebbe costato la vita ai due pescatori del Kerala avvenne in acque internazionali, come ha acclarato la Corte Suprema indiana solo dopo molti mesi, per effetto del ricorso promosso dall’Italia, che ha contestato subito la competenza delle autorità giudiziarie indiane sulla questione, per effetto delle norme vigenti in materia di diritto marittimo, sancite dalla “Convenzione delle nazioni Unite sul diritto del mare” sottoscritta a Montego Bay nel 1982, entrata in vigore nel 1994, firmata e ratificata dall’India e dall’Italia. Ne abbiamo già scritto in due occasioni lo scorso anno (“La protezione delle navi mercantili dalla pirateria: modernizzare la legislazione italiana sulla security,” il 14 Febbraio 2012;La perizia balistica inchioda i Marò del San Marco, ma l’India viola il diritto internazionale”, il 10 Aprile 2012, anche se il titolo dell’articolo riflette le informazioni disponibili in quel momento).

Fin dall’inizio di questa storia, gestita in maniera dilettantesca dal governo italiano, la Repubblica Federale dell’India ha violato il diritto internazionale in modo deliberato e sfacciato. Qualche settimana fa, la Corte Suprema federale, nel riconoscere che i fatti sarebbero avvenuti in acque internazionali (dando ragione all’Italia), a sorpresa ha devoluto il processo di merito a un “tribunale speciale” da istituire ad hoc. Una mostruosità giuridica, anche sotto il profilo internazionale, perché viola il principio del giusto processo e del giudice naturale preordinato. Principi che in Italia peraltro trovano protezione costituzionale.

Ergo, una ulteriore violazione giuridica, attenuata dalle “originali” autorizzazioni concesse a Latorre e Girone per passare le festività di Natale in Italia (loro Patria, ndr…) e, il mese scorso, per votare (con una “licenza di un mese”, un fatto ridicolo perché tutti sanno che i militari all’estero possono votare in loco e non hanno bisogno di tornare in Patria per farlo, non sono mica studenti Erasmus…).

L’apoteosi di questo atteggiamento provocatorio si è però registrato pochi giorni fa, quando la Corte Suprema federale, con un ulteriore atto giudiziario, ha violato perfino la “Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche”, dichiarando decaduta l’immunità dell’ambasciatore italiano Daniele Mancini e bloccandone un eventuale espatrio per due mesi. La Convenzione del 1961 sancisce – già nel titolo e in premessa – il principio dell’immunità assoluta del personale diplomatico, estendendo la garanzia ai beni personali, a quelli della legazione e alle famiglie dei diplomatici accreditati in un dato Paese. Un fatto inaudito, che perfino in nazisti si trattennero dall’attuare.

Con questo atto l’India reagiva alla “mossa” del governo italiano della scorsa settimana, con cui si manifestava l’intenzione di non far rientrare in India i due militari italiani (peraltro in attesa di un giudizio da parte di un tribunale speciale da costituire, come conseguenza di una catena di atti illegali da parte indiana), disattendendo un accordo raggiunto con la Corte Suprema stessa, secondo cui ai militari sarebbe stata concessa la “licenza elettorale” a patto che rientrassero in India al termine del periodo. Questo accordo era stato garantito dall’ambasciatore italiano in India tramite un affidavit. Lo stesso ambasciatore era stato minacciato di arresto, se i due militari non fossero tornati entro il termine concordato (oggi).

Naturalmente, ne è seguita una furiosa polemica sia in India che in Italia, per motivi opposti. Alcuni ambienti universitari indiani tuttavia nei giorni scorsi hanno dato ragione all’Italia, perché tutta la questione è viziata – ab initio – dalla violazione delle norme internazionali di diritto marittimo, visto che toccherebbe al Paese di bandiera della nave (Italia) giudicare sui fatti che coinvolgono (o meglio: coinvolgerebbero) Latorre e Girone, agenti militari di uno Stato sovrano in servizio antipirateria sotto l’egida di una campagna internazionale promossa e sostenuta dalle Nazioni Unite.

Ieri, con una decisione a sorpresa, il governo Monti ha riunito il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) e ha deciso di far ritornare in India Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i quali sono stati “convinti” dopo 5 ore di colloquio (che immaginiamo pieno di amarezza). Dopo questa decisione si è scatenato il putiferio, di cui potrete leggere su altri giornali. Qui tentiamo di riflettere e ragionale (senza garanzia di riuscirci, peraltro: non abbiamo verità, solo fondate opinioni).

A nostro avviso, la decisione del governo (pur difficile, contraddittoria e difficile da digerire per Latorre e Girone, per le loro famiglie, per la Marina Militare, per le istituzioni locali e anche per ogni italiano che senta un insopprimibile legame di affetto con ogni proprio concittadino onesto, soprattutto se indossa una divisa e se è deputato alla difesa, alla protezione o alla cura del Paese) è giusta sotto determinate condizioni. E potrebbe perfino essere stata pianificata ad hoc, come mostrerebbe l’intervento del CISR (invece che la commissione congiunta esteri e difesa del Parlamento), perché in gioco ci sono anche le relazioni economiche e commerciali con il Paese asiatico. Finora però la posizione dell’Italia è stata supina: da ora in poi, potrebbe cambiare.

Anzitutto, il ritorno dei due fucilieri del San Marco in India nei termini indicati nell’affidavit (oggi, 22 Marzo 2013), fa emergere l’oltraggio al diritto internazionale da parte della Corte Suprema dell’India, per aver compresso ’immunità diplomatica all’ambasciatore Mancini. Un f gravissimo, da denunziare subito di fronte alla Corte Internazionale dell’Aja.

In secondo luogo, se è vero che “la parola data, per un italiano è cosa sacra” come dichiarato dal sottosegretario agli esteri Staffan de Mistura, è invece ridicolo affermare che se ne fosse “sospeso” il rientro. Né vale la pena commentare l’ulteriore affermazione circa le dichiarazioni sulla non applicazione della pena di morte, in un eventuale giudizio penale su Latorre e Girone: quel giudizio deve avvenire in Italia, sotto amministrazione giudiziaria di un Tribunale italiano, a seguito di una procedura legale italiana e con le garanzie riconosciute dall’ordinamento giuridico italiano. Tutto il resto è una speculazione senza fondamento giuridico internazionale.

Dunque, dopo che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono tornati in India, risulta indispensabile elevare la disputa nelle competenti sedi internazionali, come noi affermiamo da un anno.

Nella fattispecie, occorre investire della questione la Corte Internazionale dell’Aja e denunziare le violazioni dell’India sia delle norme sul diritto del mare, sia della convenzione che garantisce l’immunità diplomatica.

Aver eliminato ogni fondamento alle posizioni indiane (con il rientro dei due fucilieri del San Marco) mette l’Italia in una posizione di forza sia sotto il profilo giuridico che sotto quello politico internazionale.

Occorre imprimere alla questione una escalation politica internazionale, non solo per ragioni di principio. Come è evidente a tutte le persone di buon senso, c’è soprattutto in gioco la serenità di dueservitori dello Stato, delle loro famiglie, degli appartenenti ai corpi militari e all’apparato diplomatico della Repubblica Italiana.

Questa escalation, a partire dall’avvio di una vertenza internazionale in sede giudiziaria, dovrebbe comportare scelte di natura diplomatica, militare, commerciale ed economico/finanziaria. Sotto il profilo diplomatico, si dovrebbe interrompere la concessione di visti di accesso dall’India in Italia (e quindi in Europa: un fatto non secondario), dissuadendo ogni accesso di italiani in India. In ambito militare, andrebbe sospesa ogni cooperazione internazionale comune. In materia commerciale, si dovrebbero applicare pedissequamente le norme doganali e commerciali, di fatto rendendo lento, laborioso e contorto il processo di importazione delle merci indiane in Italia (e dunque in Europa). Sotto l’aspetto economico/finanziario, si dovrebbero intensificare i controlli sui servizi di money trasfer verso l’India e le verifiche amministrative sulle imprese indiane in Italia : una forma di intensificazione della pressione burocratico/legale – senza alcuna ombra di abusi – per inviare un concreto messaggio al Paese asiatico: l’Italia non è un Paese di Serie B, è un Paese civile, in cui la legge è uguale per tutti.

Infine, occorrerebbe pianificare ogni azione pratica per reagire, nel modo migliore e tecnicamente opportuno, a ogni eventuale atto di violenza possibile da parte delle autorità indiane verso Latorre, Girone e il personale diplomatico di stanza in India, attraverso il rafforzamento del personale militare presente nella legazione diplomatica a New Delhi e, di converso, l’alleggerimento dell’apparato diplomatico accreditato. A supporto di queste misure, sarebbe necessario avviare un’operazione di pattugliamento marittimo nell’Oceano Indiano, utile in ogni caso di emergenza, rafforzando l’apparato presente nel quadrante orientale. Non entriamo nei particolari, ma potrebbe anche essere necessaria un’operazione di esfiltrazione rapida di tutti gli italiani presenti in India.

Per muovere guerra all’India? Mai, non scherziamo con il fuoco! Solo per dare alla politica italiana la forza della credibilità internazionale, he le deriva dall’essere in piena adesione alle norme internazionali pubbliche e in posizione di Paese leso dalle violazioni indiane.

Insomma, l’India va portata di fronte la piena assunzione delle proprie responsabilità internazionali e deve essere obbligata a risarcire, in modo civile, corretto e giuridicamente fondato (anche con una transazione…), i danni nei confronti dell’Italia.

Tutta questa storia però solleva anche profondi interrogativi sulla evoluzione delle istituzioni comuni europee. Si potrebbe cedere alla tentazione di indirizzare a Lady Ashton (al secolo Catherine Margaret Ashton, Baronessa di Upholland), Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza «guida la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea» e la attua «in qualità di mandatario del Consiglio dell’Unione europea». La Ashton è anche vice-presidente di diritto della Commissione Europea.

Secondo la Ashton “la Convenzione di Vienna deve essere rispettata da entrambi le parti in causa”, senza però specificare chi – secondo l’Unione Europea – la stia violando in modo impudente. E ancora, la Ashton ha dichiarato che “l’UE non è parte in causa nella disputa tra India e Italia”, mostrando in modo inequivocabile le proprie attitudini a mettere la testa sotto la sabbia: meriterebbe che l’Italia ritirasse la fiducia nei suoi confronti come Lady PESC.

L’UE è la vera istituzione latitante in questa brutta storia, in grado di macchiare anche le relazioni intra-europee. Se è vero che i cittadini europei degli Stati membri dell’Unione Europea viaggiano con un passaporto uguale e godono dell’assistenza diplomatica e consolare del proprio Paese di origine, ma anche di quella di tutti gli altri Stati membri, come si può negare che una disputa internazionale che coinvolga uno Stato membro non sia materia che coinvolga l’Unione Europea stessa?

Un interrogativo cui servirà rispondere prima possibile, anche sotto il profilo istituzionale e costituzionale, prima che alla signora Angela Merkel venga in mente di attribuire alla Germania una primazia anche in questo campo.

Post Scriptum

Il governo italiano sostenga in ogni modo ordinario e straordinario (fino al limite del miracolo…) le famiglie di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, perché il rischio è di imprimere una frattura insanabile con la società italiana nel complesso, non solo con le istituzioni militari e diplomatiche.  

tw

horsemoonpost.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA