Enrico Letta verso la formazione del governo
Il presidente del Consiglio incaricato potrebbe giurare già domani. In mattinata lungo incontro con Napolitano al Quirinale, per riferire sui colloqui e gli incontri di ieri. Grillo: governo del bunga-bunga
Enrico Letta potrebbe sciogliere la riserva e giurare già domani, in modo tale da prendersi una pausa domenica, per redigere il discorso che lunedì terrebbe alle Camere, a partire dal Senato. Secondo fonti parlamentari, il presidente del consiglio incaricato avrebbe già iniziato la stesura del discorso, che sarebbe articolato in due parti, una politica, l’altra programmatica. La parte programmatica sarebbe centrata su tre temi: lavoro e crisi economica, riforma della politica, comprese le indicazioni per fare dell’Italia il Paese guida per cambiare le politiche dell’UE in materia economico-finanziaria, con un’attenuazione dell’austerità e più sviluppo e crescita. “Europa sarà la parola chiave del suo discorso” hanno indicato fonti dello staff.
Letta sta gradualmente stringendo i contatti con le forze politiche. Non ha ancora incontrato Silvio Berlusconi e un appuntamento non è stato ancora fissato, chiariscono fonti vicine al presidente incaricato, che sta definendo la squadra di governo, articolata in un mix di politici ‘giovani’ e di figure esterne competenti.
In mattinata Letta era salito al Quirinale per incontrare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e riferire sui colloqui e gli incontri avuti ieri con i gruppi politici in vista della formazione del governo. L’incontro con il capo dello Stato è durato oltre due ore e al termine del colloquio, il premier è andato a palazzo Chigi, dove ha incontrato per oltre un’ora Mario Monti.
Tornato dagli Stati Uniti, unico italiano invitato alla cerimonia di inaugurazione della biblioteca del presidente George W. Bush, Silvio Berlusconi ha mostrato fiducia e ottimismo per la formazione del governo. Dopo lunghi contatti telefonici con i maggiorenti del Pdl, Berlusconi ha avuto conferma che le trattative procedono bene anche se, ha precisato “non si è parlato di ministeri e di nomi ma delle cose da fare”. Il presidente del Pdl ha confermato che da parte di Letta “c’è stato un atteggiamento molto positivo” e che la delegazione del Pdl è tornata dall’incontro molto confortata. In parte una correzione rispetto alla “modalità passo di piombo” con cui Angelino Alfano aveva proceduto ieri, dopo l’incontro con il presidente incaricato. Berlusconi ha confermato che Napolitano è parte attiva nella formazione del governo, avendo indicato la necessità di un governo di nuova generazione, con una notevole presenza di donne: un modo per segnalare che del presidenzialismo – di fatto – non c’è da avere alcun timore in un Paese civile.
Berlusconi ha peraltro chiarito di chiamarsi fuori dal governo, a prescindere dai suggerimenti del capo dello Stato, e di essere favorevole a un compromesso onorevole, pur di dare un governo serio all’Italia. “Non mi è parso che ci fossero problemi veri – ha detto il Cavaliere – certamente non possiamo pretendere un accordo al 100%”
Sulle consultazioni In merito alle consultazioni di ieri, Renato Brunetta, presidente del deputati del Pdl, ha conferma che con Letta è stato affrontato il nodo Imu. “Ne abbiamo parlato e l’abbiamo posto come punto fondante della nostra partecipazione al governo e lui è stato seriamente disponibile ad ascoltare”. È stata valutata la possibilità di eliminare l’IMU sulla prima casa, tema che per il Pdl “è un fattore determinante, la nostra credibilità nei confronti di 10 milioni di persone che ci hanno votato” ha chiarito Brunetta.
Anche Matteo Renzi è ottimista. “Il Pd voterà compatto la fiducia” ha detto il sindaco di Firenze, che poi ha incitato tutti i parlamentari del Pd “ad ascoltare quello che Letta dirà” alle Camere, quando chiederà la fiducia, giudicando prematuri i distinguo e le dichiarazioni contrarie. Bersaglio Civati e la Puppato, che hanno annunciato il loro voto contrario al governo dell’inciucio, secondo il loro modesto (nel senso di povero, ndr) punto di vista. Sull’ipotesi di espulsione dei dissidenti, Renzi ha glissato, ma ha riconosciuto che se qualcuno non vota la fiducia a un governo del PD è evidente l’esistenza di qualche problema.
Sulla formazione del nuovo esecutivo, Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia e segretario federale della Lega Nord, ha messo in guardia Letta con un post su Twitter: “Amato e Monti dentro il ‘nuovo’ governo? Il giovane Letta non deve fare questo grossolano errore”. Parole semplici ed esaustive, che preannunciano voto contrario nell’evenienza i due professori – o anche uno solo di essi – entrino nella squadra di governo.
Colorito il giudizio di Beppe Grillo, leader del M5S, affidato a un post sul suo blog dal titolo culinario “La mescolanza”. “Il governo che sta nascendo è un’ammucchiata degna del miglior bunga bunga. Tutti passivi tranne uno che di bunga bunga se ne intende. Una mescolanza che sconfina nell’incesto, lettiana, che ha in sé il profumo di famiglia, da Mulino Bianco dell’Inciucio – afferma Grillo, prima di specificare che – Zio e Nipote Letta si sono alternati come sottosegretari alla presidenza del Consiglio negli ultimi vent’anni. Cambiava il presidente, ma la famiglia Letta era sempre presente. A garanzia di chi? E’ una coincidenza singolare questa successione monarchica. Una famiglia di predestinati”.
Insomma, a parte i giudizi di Grillo e le prese di posizione dei dissenzienti del Pd, personalità senza alcun realismo politico (la prima virtù per chi si occupa di cosa pubblica), la formazione del governo Letta è in itinere. La partenza sarà salutata con giubilo dei mercati, ma il lavoro da fare è enorme, sia sotto il profilo dell’amministrazione del Paese, sia sotto quello più difficili delle riforme che servono all’Italia per modificare il proprio assetto istituzionale.
Noi rimaniamo del parere che nessuno governo dovrebbe auto-attribuirsi poteri costituenti, neanche un governo di larghe intese. Le modifiche costituzionali dovrebbero essere affidate a un’Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale diretto, con legge elettorale proporzionale moderata da una soglia di sbarramento che impedisca a sparute minoranze di operare per bloccare le riforme. Altre modalità sarebbero uno strappo pericoloso, perché costituirebbero un precedente. Non è mai avvenuto in alcun Paese Occidentale.
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