Il bebè impara a fare le smorfie nel grembo materno

Il feto si esercita già nel grembo materno a sorridere o piangere. Lo riferisce uno studio condotto da Nadja Reissland della Durham University. “Non è ancora chiaro se i feti riescano ad avvertire il dolore, né sappiamo se le espressioni facciali si riferiscano alle loro sensazioni”

bambino

Sorrisi, naso arricciato, simulazioni di pianto: il bebè impara a farli in tempi non sospetti, quando è nel pancione della mamma. Ebbene sì, secondo uno studio condotto da Nadja Reissland della Durham University, i neonati si allenano a fare le smorfie quando si trovano nel grembo materno. Un modo per farsi capire dai genitori quando verranno al mondo.

Ancor prima di nascere, dunque, i bambini si specializzano in espressioni facciali, imparando a sorridere, piangere, muovere le sopracciglia “a comando”. La Reissland ha esaminato, infatti, 15 feti (7 maschi e 8 femmine), e ha constatato che tutti sono capaci di fare le tipiche “faccine”. Servendosi di immagini prodotte da ecografie 4D, l’esperta ha potuto analizzare i movimenti del volto durante le fasi di sviluppo del bambino. Ma non è ancora chiaro se espressioni contrite del feto possano essere condotte a reali sensazioni di dolore o se siano solo delle “prove”.

L’obiettivo dell’indagine – ha spiegato la dottoressa Nadja Reisslandè comprendere quali espressioni possano essere collegate allo sviluppo normale, in modo da riuscire in futuro a identificare sin dal grembo materno eventuali patologie e problemi del nascituro. Al momento non è ancora chiaro se i feti riescano ad avvertire il dolore né sappiamo se le espressioni facciali si riferiscano alle loro sensazioni“.

L’ipotesi più verosimile è che il futuro bebè si alleni a piangere per accattivarsi l’attenzione dei genitori appena farà la sua apparizione al mondo. “L’esercitazione – ha detto la Reissland – potrebbe essere dettata dal fatto che è di vitale importanza per i bambini essere in grado di mostrare la propria sofferenza appena nati per comunicare qualsiasi disagio o disturbo in tempo“.

In ogni caso, lo studio condotto dalla ricercatrice potrebbe essere utile per rilevare eventuali problemi di sviluppo del feto. Il maggiore o minore grado di complessità delle espressioni facciali, inoltre, è da mettere in relazione con la crescita cerebrale del futuro bebè.

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