Le dimissioni farlocche di Antonio Ingroia che non rientra in servizio e fa scattare la decadenza per …

Cinque giorni fa aveva imbastito una conferenza stampa per dare una non-notizia: «Firmerò le mie dimissioni il 18 ad Aosta dove restituirò le chiavi del mio ufficio al mio capo, Marilinda Mineccia». Oggi viene fuori la verità, rivelata dal procuratore di Aosta: si lascia la porta aperta per rientrare fra due anni in magistratura. Che eleganza…

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Antonio Ingroia negli ultimi mesi è passato da procuratore aggiunto di Palermo, a candidato (in tutti i collegi elettorali, tranne Aosta) al Parlamento e alla presidenza del Consiglio come leader di “Rivoluzione Civile”, a grande “trombato” alle elezioni, a leader del riconvertito movimento in “Azione Civile”, infine a dimissionando dalla magistratura.

Per annunciarlo, in pompa magna e con grande mestizia, aveva intavolato una conferenza stampa ad hoc cinque giorni fa: “Ingroia lascia la magistratura e nasce “Azione Civile”, titolava l’Unità online. Una dichiarazione cui Michele Vietti, vice-presidente del CSM rispondeva in modo elegante: «Ingroia lascia la magistratura per la politica? Ce ne faremo una ragione».

Oggi il colpo di scena. La procuratrice capo di Aosta, Marilinda Meneccia ha rivelato che la lettera di dimissioni Ingroia non l’ha firmata e non la firmerà: «ha annunciato che invierà una lettera al Csm, al Ministero di Grazia e Giustizia e alla Procura di Aosta per spiegare le ragioni per le quali non si presenterà domani, allo scadere delle ferie, in servizio, facendo così scattare la decadenza». A questo punto, viene da chiedersi quale sia il fine dell’azione civile (?) dell’ex-forse magistrato?

È la stessa dottoressa Meneccia a svelare l’arcano, degno di un azzeccargabugli, non certo di un uomo delle istituzioni: «affinché la procedura venga completata, sono necessari alcuni giorni – ha spiegato all’Ansa la procuratrice di Aosta – Scegliendo di decadere dall’incarico, non presentandosi domani nella sede giudiziaria di Aosta dove sarebbe dovuto rientrare in servizio dopo le ferie, il sostituto procuratore Antonio Ingroia si tiene aperta la strada per poter chiedere al Csm, nei prossimi due anni, di tornare ad esercitare le funzioni di magistrato. Invece se avesse firmato le dimissioni, la scelta sarebbe divenuta irrevocabile non consentendogli più passi indietro».

Da Palazzo dei Marescialli fonti della magistratura hanno confermato la possibilità prospettata dalla dottoressa Meneccia, grazie alla giurisprudenza consolidata della Corte dei Conti che prevede la possibilità del rientro in servizio dopo la decadenza. Un rientro su cui dovrebbe decidere comunque il CSM.

Di contro, Antonio Ingroia, pochi minuti prima di recarsi alla procura di Aosta ha dichiarato che lasciare la toga “gli è costato molto, è stata una decisione sofferta e travagliata”, perché si sentiva “la toga cucita addosso”. Tuttavia Ingroia ha detto all’Ansa che non avrebbe potuto “continuare a subire soprusi dal ceto politico attraverso il CSM” e per questo di avere reagito.

«Quella di oggi – ha dichiarato Ingroia – è una giornata piena di sentimenti ed emozioni, sia se guardo indietro sia se guardo avanti. Una porta che si chiude, un portone che si apre» ha affermato l’ex-ma-forse-no magistrato, ricorrendo a un noto detto popolare.

Alla luce di quel che emerge, non si tratta di una porta chiusa, visto che Ingroia non ha presentato affatto le dimissioni, ma semmai è una porta socchiusa con un cuneo a futura memoria: se non andrà bene l’esperienza politica, allora Ingroia potrà tornare a fare il magistrato come e quando gli parrà, come se la magistratura fosse un ordine equestre e non un ordine dello Stato.

Da un cosiddetto servitore dello Stato ci saremmo aspettati più eleganza. Almeno più eleganza. Peccato.

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