Opinioni

L’inutile idiozia. Calderoli continua a rompere i Maroni

Offendere una persona per l’aspetto fisico, quale che sia, apre una voragine ed è segno di intelligenza non maturata. Il razzismo è un lusso dell’imbecillità, ma il vice-presidente del Senato ha due colpe: aver offeso una persona, aver distratto l’attenzione dal vero problema. Però le offese non valgano solo se l’obiettivo è di sinistra

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Per chi è stato educato al rispetto dell’altro, sulla base di un principio etico assoluto – non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te – è difficile pensare di offendere una persona per il colore della pelle o per l’aspetto fisico.

È chiaro che Cécile Kyenge non abbia i caratteri estetici preferiti da Roberto Calderoli, ministro e dirigente della Lega Nord, oggi vice-presidente del Senato. Ce ne faremmo una ragione, se le sue parole “dal sen fuggite” non avessero avuto l’impatto mediatico (ed etico) che hanno avuto. Se Kyenge è assimilabile a un orango, nella mente etologica di Calderoli, quale animale è vicino all’ex ministro bergamasco? Un cinghiale? Un bradipo?

O forse semplicemente Calderoli è semplicemente un rompi…Maroni? Nel duplice significato di segretario della Lega e di…beh, ci siamo intesi?

Se è chiaro che le parole di Calderoli siano del tutto idiote, inqualificabili, vergognose (a voi la scelta dell’aggettivo più adatto), c’è una qualificazione ulteriore che andrebbe rilevata: fuorvianti.

20130716-cecile-kyenge_300x225L’impatto mediatico del verbo (si fa per dire…) calderoliano ha di fatto spostato l’attenzione da un problema serio, che la sinistra vorrebbe gestire senza governarlo, semplicemente aprendo le porte in modo incondizionato del Paese. Papa Francesco è ritenuto l’ispiratore di questa accoglienza senza limiti, ma la sinistra evoca le parole del pontefice solo quando sono strumentali a un disegno coerente con le proprie idee: stravolgere sotto il profilo sociale il Paese, farlo diventare porta di ingresso aperta e senza portiere di tutta l’Europa.

L’accoglienza è un dovere per ogni persona di buona volontà e questo umano sentimento dovrebbe spingere le popolazioni a premere sugli Stati e i governi perché agiscano sul piano internazionale per l’attenuazione delle condizioni miserrime in cui vivono molti popoli dell’Africa e del Medio Oriente, con gli strumenti della cooperazione tra nazioni.

Il problema – maleducazione o meno di Calderoli – è che Cécile Kyenge (alla quale va il nostro sincero saluto solidale per le indicibili parole del vice-presidente del Senato: che vergogna!) e Laura Boldrini sono alla testa di una corrente di pensiero che vorrebbe aprire in modo illimitato le porte all’immigrazione incontrollata e vorrebbe aprire concedere la cittadinanza agli immigrati senza chiedere niente in cambio, stravolgendo la tradizione europea dello ius sanguinis (moderato da uno ius soli temperato e legato alla residenza stabile sul territorio, tramite naturalizzazione), imponendo il criterio dello ius soli per l’acquisto della cittadinanza. Un principio su cui anche negli Stati Uniti – Paese di immigrati – oggi si riflette.

Alla vergogna delle offese si deve aggiungere la colpevole distrazione dal problema centrale che quelle parole hanno prodotto. Insomma, una doppia idiozia.

Andrebbe però condotta una riflessione più complessiva sul linguaggio politico in Italia, perché gli epiteti animaleschi sollevano la giusta indignazione se riferiti a Cécile Kyenge, ma non suscitano alcuna reazione se indirizzati a Daniela Santanché (detta “la pitonessa”, forse per dire che è viscida come un pitone?). Una esponente del PDL verso la quale non abbiamo alcuna simpatia, ma non è questo il tema. C’è un doppio canale interpretativo degli epiteti, un doppio intollerabile trattamento che si concreta come forma oggettiva di doppio canale razzista e settario.

Non si tratta di essere più moderati, ma di essere idonei come membri della classe dirigente. E la classe dirigente non blandisce l’elettorato, non ne eccita le bassezze, ma svolge in qualche modo anche un ruolo pedagogico. Che Calderoli non può svolgere, sic et simpliciter, ma purtroppo è in pessima compagnia trasversale. Questo è il vero vulnus italiano. Peccato…

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@johnhorsemoon