Israele e Palestina, un iftar per rompere digiuno e silenzio. Riprende il percorso iniziato nel 1993 da Yitzhak Rabin e Yasser Arafat

Benjamin Netanyahu e Abu Mazen tornano al dialogo dopo tre anni con una cena “islamica”. La liberazione di 100 ostaggi palestinesi riapre le trattative tra i due governi, un grande sacrificio del governo israeliano: “le decisioni difficili si devono prendere nei momenti difficili” ha detto il Primo Ministro di Israele. A Washington i due leader discuteranno una bozza di dialogo per i mesi a venire. Nodi da sciogliere: Gerusalemme, profughi palestinesi e territori occupati

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Washington – Sono ripresi i negoziati di pace tra Israele e Palestina. Ieri sera a Washington, il Segretario di Stato John Kerry e le delegazioni diplomatiche dei due Paesi si sono incontrate dopo il tramonto, un gesto di vicinanza per condividere l’iftar, il pasto che segna la fine del digiuno quotidiano nel mese sacro del Ramadan. Lo ha conferma Jen Psaki, portavoce del Dipartimento di Stato americano, definendo l’incontro odierno «un’importante occasione per gettare le basi del dialogo nei mesi a venire».

Il comunicato del Dipartimento di Stato è seguito di un giorno alla decisione di Tel Aviv di liberare 204 prigionieri palestinesi. Con 13 voti positivi e 7 negativi, il governo israeliano ha approvato due giorni fa la scarcerazione di 100 detenuti accusati di aver ucciso dei cittadini israeliani. Altri 104 saranno liberati nel corso dei prossimi mesi. Un gesto di straordinaria disponibilità alle trattative. Quanti governi democratici avrebbero fatto altrettanto?

«Non è un momento semplice per me, come non lo è per i ministri e soprattutto per le famiglie delle vittime – ha dichiarato comprensibilmente il premier israeliano Benjamin Netanyahu dopo la decisione – ma ci sono momenti in cui le decisioni difficili devono essere affrontate e questo è uno di quelli», mostrando realismo politico oltre ogni immaginazioen.

Gerusalemme, le sorti dei profughi palestinesi e la questione degli insediamenti sono i tre punti di snodo su cui si incentreranno i colloqui, congelati dal settembre 2010. Sugli insediamenti coloniali nei Territori Occupati, il governo israeliano ha approvato una bozza di voto da sottoporre agli stessi cittadini, con referendum. «Ogni abitante dello Stato di Israele deve poter scegliere riguardo una decisione di tale portata storica» è stato spiegato.

20130730-Clinton-YitzhakRabin-YasserArafat_WhiteHouse_19930913_300x240L’incontro tra Netanyahu Abu Mazen è una vittoria politica del segretario di Stato John Kerry, il quale si è recato ben cinque volte nella regione negli ultimi sei mesi, in un’opera di indefessa incisività diplomatica volta a portare a compimento il percorso iniziato nel 1993 da Yitzhak Rabin e Yasser Arafat, durante la presidenza di Bill Clinton. Un rafforzamento del ruolo degli Stati Uniti nel Vicino Oriente, a fronte della scandalosa assenza dell’Unione Europea, non in grado di mandare allo sbaraglio l’inadeguata Lady Ashton, rappresentante della Politica Estera dell’UE e, di fatto, pupo di pezza di un comitato di 28 teste pensanti (e anche no).

«Siamo grati ad entrambi i leader per aver dimostrato la volontà di affrontare scelte difficili ma fondamentali» ha dichiarato il Segretario di Stato, lodando sia Benjamin Netanyahu che Abu Mazen per l’impegno profuso.

Non è estraneo alla proficuità dell’incontro il nuovo corso egiziano, che mette in difficoltà il governo di Hamas delle Striscia di Gaza. Mohamed Morsi è sotto indagine proprio per i rapporti spuri con l’amministrazione jihadista della “Striscia” e con le frange armate di Ezzedin Al-Qassem

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