Economia

Da Telecom Italia a Telefonica, Franza o Spagna purché se magna…

La compagnia iberica sottoscriverà oggi un aumento di capitale per 324 milioni, 1,09 euro ad azione, salendo così al 66% di Telco che controlla il 22,44% di Telecom. E dal 2014 l’opzione per comprare il 100%. Lo comunicano gli azionisti Mediobanca, Generali e Intesa San Paolo. Carlos Slim rimette in moto il risiko telefonico europeo, mesi decisivi

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Telefonica sottoscriverà in data odierna un aumento di capitale sociale di Telco, per complessivi 324 milioni, a 1,09 euro per azione.  Lo hanno comunicato gli azionisti di Telco – Mediobanca, Generali e Intesa San Paolo – in una nota congiunta, in cui danno notizia della conclusione con Telefonica di un “accordo modificativo del patto parasociale relativo a Telco“.

La compagnia spagnola, dopo l’aumento di capitale, salirà al 66% di Telco, diventandone il primo azionista. In Telco, la scatola che controlla il 22,44% di Telecom, la partecipazione di Generali scende al 19,32% dal 30,6, mentre quella di Intesa San Paolo e di Mediobanca rispettivamente al 7,34 dall’11,6%.

Telefonica ha assunto l’impegno di sottoscrivere un ulteriore aumento di capitale, per 117 milioni, arrivando al 70%. A seguito dell’operazione, subordinata all’ottenimento da parte di Telefonica di tutte le autorizzazioni regolamentari e antitrust, la partecipazione in Telco salirà “senza alcuna modifica nei diritti di governance“.

Inoltre, dal 1° gennaio 2014, Telefonica avrà l’opzione di acquistare tutte le azioni dei soci italiani, ad un prezzo determinato valorizzando la partecipazione di Telco in Telecom Italia al maggiore tra euro 1,1 e il prezzo di mercato delle azioni al momento dell’esercizio dell’Opzione Call. Anche in questo caso, “l’esercizio dell’opzione sarà soggetto all’ottenimento da parte di Telefonica di tutte le autorizzazioni regolamentari e antitrust“.

In caso di esercizio dell’opzione, Telefonica – prosegue la nota – sarà obbligata ad acquistare, a valore nominale, anche tutte le quote residue del prestito obbligazionario emesso da Telco, detenute dai soci italiani a fronte del pagamento di un corrispettivo composto per il 50% in contanti e per il restante 50%, a scelta di Telefonica, in contanti o in azioni di Telefonica.

20130924-carlos-slim-390x272A quel punto, la possibilità di una scissione di Telco potrà essere richiesta durante una prima finestra tra il 15 e il 30 giugno 2014 e una seconda finestra tra l’1 e il 15 febbraio 2015. Lo hanno deciso, nel nuovo accordo, i soci di Telco (Telefonica, Mediobanca, Intesa Sp e Generali): “Ciascun socio di Telco – si legge nella nota – mantiene la possibilità di vedersi attribuire le azioni di Telecom Italia, uscendo così dal patto parasociale, attraverso la scissione di Telco“.

L’operazione covava da alcuni mesi, ma solo in “zona Cesarini” ha prodotto reazioni politiche, soprattutto nel fronte “progressista” (le virgolette sono d’obbligo), sulla perdita di italianità di un’azienda indebitata in modo insostenibile e preda ormai del mercato da tempo. Si è parlato perfino dell’esercizio dei poteri straordinari, per mantenere italiano un asset fondamentale come le telecomunicazioni (il riferimento è l’esercizio della cosiddetta “Golden Rule”, che darebbe diritto al Tesoro di esercitare un diritto di prelazione assoluto, dietro motivi fondati, come il mantenimento del controllo di un settore strategico).

Nel PDL silenzio assoluto, anche se alcune riflessioni elargite con discrezione maliziosa guardavano al tema golden rule come un modo per soccorrere la famiglia de Benedetti, sul ponte di comando della barcollante Telecom Italia.

L’operazione invece è stata salutata con favore dal mercato. Il titolo Telecom in apertura a Milano segna un rialzo del 4% a 0,61 euro.

Tuttavia non mancheranno le polemiche sulla gestione della società negli ultimi anni e, ancor di più, sulle decisioni che portarono alla privatizzazione dell’ex monopolista italiano delle telecomunicazioni.

Continua il depredamento di aziende italiane da parte di imprenditori europei e non. Del resto, lo stato di prostrazione psicologica in cui versa il Paese – causato da una classe dirigente mediamente inetta, incline alla strumentalizzazione pro domo sua, incapace di gestire una latrina, figurarsi un Paese straordinario come l’Italia – lascia ben pochi margini di manovra. Forse con la “colonizzazione” surrettizia cui si assistiamo si potrà inoculare nel sistema italiano gli anticorpi necessari a rinvigorire un “fisico” che appare, oggi, irrimediabilmente compromesso.

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