Domenicali: “Andare via dalla Ferrari? Non sono io il problema”

In una lunga intervista al quotidiano spagnolo AS, il team principal della Ferrari analizza la stagione e si difende dalle accuse piovutegli addosso. Non sempre in modo convincente

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Maranello – Stefano Domenicali non è il problema della Ferrari. E in futuro le cose andranno meglio. In una lunga intervista al quotidiano spagnolo As, il team principal di Maranello difende quanto fatto in questi anni e rispedisce al mittente le tante critiche nei suoi confronti, a partire da chi vorrebbe che venisse messo alla porta. Perché la Formula 1 non è come il calcio, dove quando le cose vanno male si cambia allenatore.

Io non solo l’allenatore, sono l’amministratore delegato di una società che fa sport. E il caso della Ferrari non è paragonabile a quello di un club di calcio: non è che cacciando Domenicali, domani si vince” ha detto, aggiungendo che “è chiaro che il mio capo può mandarmi via e se lo facesse sarei sempre grato di essere stato in Ferrari – l’accorata autodifesa – ma in Italia c’è un proverbio che dice: ‘quando si lascia la strada conosciuta, l’altra può essere peggiore“. In realtà il detto è “chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quello che lascia, non quello che trova”, ma insomma è un dettaglio.

Quello che posso garantire – ha aggiunto Domenicali – è che cerco di dare gli strumenti migliori alle persone che lavorano sulla macchina, che la disegnano, mi occupo della scelta dei piloti, degli sponsor, di far funzionare il sistema. Il mio impegno è totale, sapendo che possiamo essere sostituiti ma non con la logica del calcio” chiarisce il capo del team di Formula 1 più prestigioso al mondo, che poi spiega che “non è che comprando un difensore o un attaccante vinco il campionato, non è questa la chiave del successo in Formula Uno“.

Stefano Domenicali in buona sostanza non ci sta a passare per capro espiatorio dei risultati non all’altezza delle aspettative nel 2013. “Il problema non è Domenicali – spiega – Domenicali è una persona che arriva per prima al lavoro ed è l’ultima a uscire, che si impegna perché non manchi nulla ai suoi uomini e in questi anni credo che abbiamo costruito la base di una squadra che deve essere la migliore di tutte. Se avessimo vinto nel 2012, Domenicali non sarebbe stato un fenomeno, avrebbe fatto solo il suo lavoro. Ma se ci buttano fuori alla prima curva, non bisogna cambiare Domenicali. E non lo dico per me, è un fatto“.

Il cambiamento, approfondisce Il team principal del Cavallino “comporta discontinuità e può essere pericoloso. Prendiamo i piloti: quante volte ho letto in passato ‘bisogna cambiare Felipe’. E ora leggo: ‘Felipe deve rimanere’. Ci vuole un po’ di razionalità“. Domenicali confessa che non è facile “quando qualcuno si permette di essere offensivo verso una persona che cerca solo di fare bene il suo lavoro e a casa la sua famiglia legge certe cose, ma cerco di isolarmi e di tenere la mia famiglia fuori da questo gioco“.

Questo gioco al massacro – per come lo illustra Domenicali – non lo ha mai spinto ad andare via. “Sono nato in Ferrari, mi ha dato tanto come io ho dato tanto a questa famiglia. Faccio le cose per passione, perché ci credo ma ora anche per dimostrare, a coloro che hanno il piacere di offendermi, che non capiscono nulla e che prima o poi arriverà il mio momento” sostiene, unendo all’orgoglio di brand quello personale.

Tuttavia Domenicali non si nasconde che il 2013 è andato ben al di sotto delle aspettative, ma sottolinea due fattori principali: “il primo è che all’inizio della stagione avevamo una macchina che non era competitiva nelle qualifiche ma molto buona sul passo gara: a Montmelò le due Mercedes avevano conquistato la prima fila ma noi abbiamo vinto rifilando un minuto a Nico Rosberg e doppiando Hamilton”. A quel punto, però la Ferrari fece il passo del gambero, si direbbe, perché – ammette Domenicali – “non abbiamo potuto sviluppare la macchina in modo costante, perché sfortunatamente, vedi Silverstone o la Germania, gli sviluppi fatti anziché migliorare la monoposto la peggioravano. Poi c’è stato il cambio delle gomme e non siamo stati capaci di sfruttare la caratteristica migliore che avevamo, cioè la competitività sul passo gara“.

Una situazione diversa rispetto al 2012, “quando non abbiamo vinto perché siamo stati sfortunati. Se per due volte finisci fuori gara alla prima curva non è perché la macchina è lenta“. Un concetto – andrebbe ricordato però a Domenicali – che faceva andare in bestia il Commendator Ferrari: il fatto che il fondatore del Cavallino Rampante sia in Alti Luoghi affaccendato mette al riparo il capo della Ferrari di F1 dai suoi strali (tranne che non gli appaia in sogno, ma Domenicali non ce lo racconterà mai).

In questa stagione invece – prova a fare un bilancio – “il rammarico è aver perso punti nella prima parte di stagione, perché potevamo aver fatto di più, e poi non aver sviluppato la macchina come mi aspettavo e come avevo chiesto ai miei tecnici. Quando non si migliora – spiega al quotidiano spagnolo – ci sono sempre dei motivi: mancanza di creatività, di strumenti all’altezza per lavorare bene ma in questi tre anni abbiamo praticamente rifatto tutto, sistema di simulazioni, software, organizzazione, e ripartiremo con una nuova galleria del vento a Maranello, con tutti gli strumenti che in una F1 così competitiva sono necessari per poter vincere“.

Domenicali riconosce anche che “negli ultimi anni non abbiamo capito al 100% l’uso degli scarichi con effetto aerodinamico, un problema che ci portiamo dietro da quando esiste questo effetto e che non siamo stati capaci di risolvere del tutto“. Un aspetto che sicuramente sarà legato alla sfortuna di non aver trovato un tecnico preparato ad affrontarlo come avrebbe dovuto.

Tuttavia, ricorda Domenicali, alla Ferrari c’è un obbligo: vincere. “In un mondo così competitivo, non si vive solo del nome, bisogna fare tutto nel momento giusto e credo che abbiamo completato tutto il quadro per poter, in maniera consolidata, essere molto forti. E poi – conclude l’intervista ad AS ricorrendo alle massime del compianto Catalano, il filosofo dell’ovvio – credo che non avremmo ricevuto tante critiche se lo scorso anno avessimo vinto, ed è stato un anno straordinario pur non avendo la macchina più veloce“.

Naturalmente le parole di Domenicali non mancheranno di suscitare polemiche, ma da esse emergono due verità: non è di certo solo di Stefano Domenicali se negli ultimi quattro anni la Red Bull ha strapazzato tutti, Ferrari in primis; ma altrettanto certo è che Domenicali avrebbe dovuto movimentare l’ambiente anche con scelte dure, al limite dello spericolato. Così non è stato e – temiamo – non sarà neanche nel 2014, quando il ritorno del turbo azzererà per certi versi il vantaggio tecnico e aerodinamico della Red Bull, ma non la verve progettuale di Adrian Newey. Su queste basi, a Maranello possono già mettere in conto la partenza di Fernando Alonso, destinazione McLaren, dove la Honda lo vorrebbe avere alla guida della monoposto che segnerà il ritorno della casa giapponese nel Circus. Una cosa è certa, Alonso non ha scritto “Jo Condor” sul casco.

(fonte AGI)