In Arabia Saudita le norme sulla femminilizzazione dei negozi per donne producono effetti paradossali

Chiusi 514 negozi di abbigliamento femminile che avevano ancora commessi uomini. La sanzione in ossequio alla norma per la quale in esercizi che vendono vestiti e biancheria per le donne o cosmetici debbono esserci solo commesse. Le ispezioni servono anche a controllare lo status dei lavoratori stranieri

20131115-arabia-saudita-donne-330x194-didRiyadh – Il mancato adeguamento alle norme sulla “femminilizzazione” è costato la chiusura forzata a 514 negozi di abbigliamento femminile sauditi.

La sanzione è conseguenza di una decreto reale dello scorso anno che prevedeva il divieto assoluto per gli uomini di lavorare in negozi di biancheria femminile e di cosmetici, disponendo la loro progressiva sostituzione con commesse donne.

Dopo un periodo di transizione, a luglio il Ministero per le ispezioni e lo sviluppo dell’ambiente lavorativo aveva imposto a tali negozi l’assunzione di sole donne. I motivi erano stati indicati nella lotta alla disoccupazione femminile e la decisione di re Abdullah era vista come un segno di eguaglianza con gli uomini. «Il ministero – era stato annunciato – prenderà misure immediate nei confronti di chi tenterà di aggirare il provvedimento, l’attività sarà segnalata con possibilità di revoca della licenza».

Il vice-ministro del dicastero, Abdullah Abu Thunain, ha reso noto ieri che tra luglio e novembre 1.173 negozi erano incorsi in sanzioni, di questi 403 avevano avuto disposizioni per il pieno adeguamento alle norme e 514 avevano avuto l’ordine di chiusura.

Il gran muftì dell’Arabia Saudita, Sheikh Abdel Aziz al-Sheikh, ha definito «un crimine, proibito dalla sharia» l’impiego femminile.

Abu Thunain ha precisato che la campagna di ispezione nazionale proseguirà e riguarderà negozi di abbigliamento femminile sia al dettaglio che all’ingrosso. «Gli ispettori potranno anche verificare se i lavoratori stranieri in questi negozi stanno violando le leggi di residenza e di lavoro».

Il ministro ha anche chiesto ai cittadini di segnalare, anche via email, eventuali violazioni. Insomma, sentimenti contrastanti nel regno saudita, dove una norma in apparenza discriminatoria avrebbe l’effetto di promuovere ruolo crescenti della donna nella società.

Per lo stesso principio, fin dallo scorso anno è stato programmato il progressivo impiego di personale femminile al controllo dei visti di entrata e uscita dal Paese, una mansione da cui erano finora escluse in modo tassativo. Alle donne toccherà la perquisizione delle donne in partenza. Anche se non potranno vestire l’uniforme e non riceveranno un’istruzione militare, riceveranno uno stipendio uguale a quello degli uomini, come confermato già da tempo dal portavoce del General Directorate of Passports, Badr Al-Malik.

Credit: AsiaNews