Nucleare Iran, trovato accordo con il “Gruppo E3+3”. Hague: possiamo lavorare con Iran. Usa: “Passo importante”. Israele: “Errore”
Dopo ore di colloqui tra la delegazione di Teheran e i Paesi del “Gruppo E3+3”, poi l’annuncio del portavoce dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton: si tratta di un patto limitato nel tempo che aprirà la strada a nuovi incontri tra il governo iraniano e i Paesi occidentali. Il presidente Obama soddisfatto: “Ora il mondo è più sicuro”. Ma il premier Netanyahu: “Al contrario, ora è più pericoloso”
Ginevra – L’Iran e i Paesi del gruppo 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) hanno raggiunto nella notte tra sabato e domenica scorsa a Ginevra un accordo provvisorio sul programma nucleare di Teheran. L’annuncio è stato dato poco prima delle tre di mattina di domenica, dopo le ultime febbrili ore di trattative, quando sembrava che la tornata di colloqui stesse per esitare un nulla di fatto.
L’accordo è transitorio e della durata di sei mesi e per effetto delle clausole concordate Teheran si è impegnata a sospendere l’arricchimento di uranio oltre il cinque per cento, ma anche a consentire ispezioni più minuziose e a sorpresa, anche su base quotidiana, ai siti per la produzione di uranio arricchito. Tutto l’uranio arricchito dall’Iran al 20 per cento dovrà essere ridotto al livello concordato, per evitare di avvicinare la soglia che ne mura lo status in materiale nucleare di possibile impiego militare.
In cambio, i Paesi del “Gruppo dei 5+1” non introdurranno altre sanzioni contro Teheran e sospenderanno alcune delle misure restrittive già in vigore, per un valore di sette miliardi di dollari. Fra queste, alcune misure relative all’embargo di petrolio così come quelle contro l’industria petrolchimica, la produzione di auto, le assicurazioni e il commercio di metalli preziosi. Secondo l’agenzia iraniana Isna, Teheran potrà anche ritornare nella disponibilità di 4,2 miliardi di dollari depositati in fondi esteri e congelati dalle sanzioni, proventi della vendita di greggio.
Nel periodo transitorio, che servirà a verificare la effettiva volontà dell’Iran a chiudere la controversia nucleare, che minaccia di sconvolgere gli equilibri della regione mediorientale e di spingere a una pericolosa corsa all’atomo militare, i colloqui proseguiranno in sinergia con i controlli da parte degli ispettori dell’AIEA, con l’obiettivo di giungere a una soluzione definitiva che chiuda la questione con soddisfazione di tutte le parti in causa.
Sono di varia natura le reazioni di fronte a questo passo preliminare per la conclusione della diatriba.
Il ministro degli Esteri – e capo negoziatore iraniano – Mohammad Javad Zarif è stato il primo a dare l’annuncio via Twitter, in coerenza con una specie di operazione “glasnost” avviata fin dall’elezione del presidente Hassan Rouhani. «Abbiamo raggiunto un accordo» ha twittato laconico Zarif intorno alle 3 di notte.
We have reached an agreement.
— Javad Zarif (@JZarif) 24 Novembre 2013
Zarif è stato seguito dall’annuncio dell’Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, tramite il suo portavoce Michael Mann.
#EU High Rep #Ashton: “We have reached agreement between E3+3 and Iran.”
— Michael Mann (@EUHighRepSpox) 24 Novembre 2013
Lady Ashton nella serata di domenica ha emanato una dichiarazione congiunta con il ministro degli Esteri iraniano, Zarif, in cui si afferma che «dopo intensi negoziati, oggi abbiamo raggiunto un accordo su un piano d’azione che preveda un approccio verso il raggiungimento di una soluzione comprensiva di lungo termine». Il comunicato riconosce che – come ogni accordo internazionale – «l’adozione del piano di azione congiunta è stata possibile grazie al senso di mutuo rispetto e alla determinazione a trovare un modo di avanzare che sia positivo per tutti noi», anche perché le modalità di implementazione è di pieno rispetto delle clausole saranno monitorate «in modo congiunto, in stretto coordinamento con l’AIEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica, ndr)».
Il presidente americano Barack Obama ha accolto con favore l’esito della trattativa e ha sottolineato i «limiti sostanziali che contribuiranno a evitare che l’Iran costruisca armi nucleari». L’accordo, ha proseguito Obama, «è un primo passo importante per arrivare a una soluzione complessiva della questione del programma nucleare iraniano» e grazie all’intesa raggiunta a Ginevra «c’è ora tempo e spazio per nuovi negoziati complessivi».
«Per la prima volta in dieci anni abbiamo fermato il procedere del programma nucleare. l’Iran non può arricchire uranio sopra un certo livello – ha precisato il presidente americano – non può usare centrifughe di nuova generazione, procedere con il reattore al plutonio, ci saranno nuove ispezioni ai siti per consentire la verifica». Per fugare i dubbi e le perplessità sollevate da alcune parti, Obama ha confermato che «l’architettura fondamentale delle sanzioni rimane in piedi».
Obama ha sottolineato che l’accordo raggiunto è il risultato di una «diplomazia intensa» degli Stati Uniti, sia a livello bilaterale con l’Iran che con i partner del gruppo “E3+3” (Francia, Germania e Gran Bretagna + Cina, Russia e USA) e l’Unione Europea, rappresentata dalla Ashton. Obama ha chiarito che i negoziati definitivi dovranno trovare una soluzione complessiva alla questione nucleare iraniana e, con una delle sue frasi a effetto, ha affermato che «non ci sarà accordo su nulla se non si troverà un accordo su tutto».
Il ministro degli Esteri del Regno Unito, William Hague, ha comunicato via Twitter le sue prime valutazioni. «Importante e incoraggiante primo tappa dell’accordo con l’Iran. Il programma nucleare non proseguirà per 6 mesi e le parti sono tornate indietro».
Important and encouraging 1st stage agreement with #Iran. Nuclear programme won’t move forward for 6 months and parts rolled back #IranTalks
— William Hague (@WilliamJHague) 24 Novembre 2013
Poi Hague ha cinguettato che «questo accordo mostra che è possibile lavorare con l’Iran e attraverso la diplomazia affrontare problemi intrattabili».
This agreement shows it is possible to work with #Iran, and through diplomacy address intractable problems #IranTalks
— William Hague (@WilliamJHague) 24 Novembre 2013
Ancora il responsabile del Foreign Office ha aggiunto: «l’accordo di stanotte con l’Iran è un bene per il mondo intero, inclusi i Paesi del Medio Oriente e il popolo dell’Iran stesso».
Tonight’s agreement with #Iran good for the whole world, including Middle Eastern countries and the people of Iran themselves #IranTalks
— William Hague (@WilliamJHague) 24 Novembre 2013
Nel primo pomeriggio di domenica, Hague ha però indirettamente confermato che l’avvio del “disgelo” transitorio con l’Iran rientra in un piano più ampio, che include anche la Siria. Infatti il ministro degli Esteri britannico ha scritto, sempre su Twitter, di essere «tornato a Londra dopo i colloqui con l’Iran» e che avrebbe «incontrato il segretario (di Stato, ndr) Kerry per discutere degli passi per sviluppare l’accordo con l’Iran e per fare progressi sulla Siria».
Back in London after #IranTalks. Will meet Secretary Kerry to discuss steps to implement the #IranDeal and make progress on #Syria
— William Hague (@WilliamJHague) 24 Novembre 2013
Da rilevare che il presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, ha ribattuto i cinguettii di Hague per poi affermare, in un discorso trasmesso alla televisione di Stato, che l’accordo riconosce i «diritti» di Teheran in materia nucleare.
Non si è fatta attendere la reazione del Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, il quale ha definito un «errore storico» un accordo che «rende il mondo un posto molto più pericoloso, perché ora il regime più pericoloso del mondo potrà fare passi significativi per acquisire l’arma più pericolosa». Netanyahu ha precisato che «Israele non è tenuta a rispettare questo accordo, ha il diritto di proteggersi di fronte a minacce di qualsiasi tipo», due affermazioni lapalissiane, ma in linea con la posizione ufficiale finora tenuta di freddezza verso le moderate aperture provenienti da Teheran. «Israele non consentirà all’Iran di sviluppare capacità nucleari militari» ha chiarito il premier israeliano, che però conosce l’importanza di un accordo che potrebbe raffreddare la regione se fosse portato a compimento.
Credits: Adnkronos, AGI, UE High Representative for Foreign Affairs and Security Policy
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Buongiorno,
ho letto l’articolo. Credo che sia un passo importante ed un meritato “sgambetto” ad Israele. La situazione attuale imponeva che questo accordo venisse raggiunto, però non credo che sia motivato da vero interesse e motivazione da parte del paese arabo. Il motivo, secondo me, è il seguente: l’Iran ha una necessità di economia interna nel raggiungere l’accordo, poiché essa sta frantumandosi ed è in crisi a causa delle sanzioni, perciò da parte iraniana vi è solo un desiderio legato al risollevamento dell’economia nazionale. Questo lo conferma l’elezione di Rouhani, il quale è un capo di stato più moderato, ma solo per gentile concessione dell’Ayatollah, in quanto l’Iran è un paese totalitario e quindi non è possibile che senza rivoluzione o “traumi socio-politici” si passi ad un governo moderato quasi filo-occidentale. Io credo che vi sia stato un accordo politico interno nel paese per far sembrare veritiera la svolta iraniana verso l’Occidente, ma niente è, se non una mossa per convenienza e spingere l’Occidente a ridurre le sanzioni. Anche perché non dobbiamo dimenticarci che la Guida Suprema rimane al suo posto. Questa strategia serve anche come controffensiva verso un Israele sempre più deciso a combattere l’Iran, per cui mostrando al mondo come si sviluppa il nucleare iraniano, cade il “mito” della possibile minaccia (simile a quella inventata per l’Iraq) che l’Iran si doti di armi di distruzione di massa, cosa che conveniva ad Israele e che in futuro avrebbe potuto portare ad una guerra e questo l’Occidente non può assolutamente permetterselo in un momento di crisi che durerà anni. Un’Iran più moderato ed aperto alle verifiche degli organismi internazionali, non permette questa possibilità bellica futura, cogliendo Israele in contropiede. Ovviamente il governo israeliano grida all'”errore” riguardo l’accordo, proprio per questo. Dopo il riconoscimento della Palestina come stato osservatore all’ONU, questo accordo segna un altro punto di rottura con Israele.