Il “Terzo Sbarco”? Dobbiamo ringraziare Vladimir Putin (e Angela Merkel) se gli Stati Uniti “ritornano” in Europa
Lo spostamento dell’asse geopolitico verso l’Asia e il Pacifico condotto dall’Amministrazione Obama è stato un errore, cui l’Amministrazione pone rimedio. Occorrerà un “nuovo Congresso di Vienna” per costituzionalizzare l’Europa: con due secoli di ritardo
Il 2014 sarà ricordato come l‘anno del “Terzo Sbarco” statunitense in Europa?
Dopo aver spostato l’asse dell’attenzione geopolitica verso l’Asia e il Pacifico, “abbandonando” l’Europa nelle mani dei fidati alleati – Gran Bretagna, Francia, Germania (e Italia con una capacità molto più attenuata) – l’Amministrazione Obama è tornata indietro, con un testacoda strategico. I fatti, con un antefatto.
Alan Friedman ha preparato nel 2013 il suo “Ammazziamo il Gattopardo” che noi consideriamo l’equivalente giornalistico dell’operazione “Mani Pulite”. È una ricerca giornalistica che mira a decapitare una classe dirigente inadeguata a guidare un Paese importante come l’Italia e intende conseguire questo obiettivo utilizzando una tecnica delle arti marziali: utilizza fatti, parole, comportamenti e ambientazioni degli stessi protagonisti politici italiani della Prima e della Finta Seconda Repubblica per archiviarsi, in una sorta di eutanasia politica conseguita con altri mezzi.
Friedman fornisce una serie di fotografie dell’abisso di incompetenza della classe politica italiana, ne scegliamo una, significativa, riguardante Massimo D’Alema, uno che passa per competente. “Ci fermiamo a dare un’ultima occhiata allo splendido panorama, la campagna, le vigne, le colline, e lo ringrazio per essere stato così generoso del suo tempo”, scrive Friedman di D’Alema, “E lui mi prende in contropiede, perché dichiara: «La leggo sull’”Herald” ogni giorno, e spesso sono d’accordo con quello che scrive». E io non so cosa dire: devo informarlo che non scrivo per l’«International Herald Tribune» da dieci anni, dal 2003?”.
D’Alema è stato presidente del Consiglio dei ministri, ministro degli Esteri, presidente del Copasir, la commissione di controllo sui servizi di informazione e sicurezza, è stato (e forse è ancora) un potente d’Italia. Ma leggendo Friedman viene solo da dire: in che mani…
Quindi, dopo “Husky” in Sicilia e “Overlord” in Normandia, l’operazione “Gattopardo” in Italia, per riconquistare l’Europa? Ossia, l’Europa è troppo importante per lasciarla in mano agli europei? A cominciare dall’anello più debole, ma forse uno dei più importanti, l’Italia? Vedremo, ma i segnali a nostro avviso ci sono tutti.
Nel 2010 Obama snobbò il vertice Usa-Ue. L’8 gennaio scorso, il segretario al Tesoro Usa Jacob Lew, incontrando a Berlino il collega tedesco Wolfgang Schaeuble, criticò la politica economica di Berlino fondata sull’austerity. Una mossa inattesa, che porse il destro alle critiche di molti euroscettici europei. Lo barco di un paracadutista dell’82nd Airborne in grisaglia? Un’inversione di rotta?
Dopo la confusione estiva dello scorso anno sulla Siria – e il moderato intervento della Russia per un piano coordinato che non lasciasse in mano quel paese ai tagliagole islamisti sponsorizzati da Qatar e Arabia Saudita – l’evoluzione (imprevista?) della situazione in Ucraina e in Crimea ha riportato l’Europa nella mente degli uomini del Dipartimento di Stato.
A Putin non può sfuggire che l’annessione della Crimea non possa passare in modo indolore, così come a Obama e agli americani non sfugge che “inglobare” l’Ucraina nello spazio del Trattato Nord Atlantico è impossibile, senza scatenare una reazione russa.
La reazione russa all’avvicinamento ucraino all’Europa e alla Nato è la mossa per sopravvivere come potenza o è la mossa di teatro che mira a ottenere un effetto più globale, quello dell’adesione alla Nato della stessa Russia? Fantapolitica, dirà qualcuno, perché la Russia non è solo europea, è anche asiatica e il dualismo spirituale tra Europa e Asia dura da secoli.
La globalizzazione impone però un cambiamento di scenario per tutti. Non è passato inosservato che per la prima volta siano state schierate milizie senza insegne a Simferopoli, prima che ne fosse svelata l’appartenenza alle forze armate russe: non è forse quel che accade con gli shuhadā (plurale di “shahīd”), i martiri kamikaze, quei militari senza insegne combattenti per lo Stato che non c’è, il Califfato Islamico Mondiale nella mente dei jihadisti?
Forse allora dobbiamo ringraziare Vladimir Putin (e la cancelliera Angela Merkel) se gli americani sono stati “richiamati in servizio” in Europa, anche con iniziative concrete: se la Russia chiudesse i rubinetti del gas, gli americani potrebbero concedere il proprio, con una solidarietà materiale che ricorda l’ERP (European Recovery Program, meglio noto come “Piano Marshall”) proiettato sullo scenario energetico del XXI Secolo. Il Secolo della Cina dalla potenza – anche militare – montante, che deve essere bilanciata con mezzi idonei. Mezzi che solo un’area NATO allargata a est può mettere a disposizione.
“Foreign policy is the art of establishing priorities” – “la politica estera è l’arte di stabilire priorità” – due giorni fa Henry Kissinger ha scritto sul Washington Post. Un “Comitato” (il Consiglio Europeo) può stabilire la politica estera di Ventotto Stati (per finta) indipendenti e sovrani? Non serve uno scatto creativo costituzionale, con lo spirito aleggiante a Philadelphia nel 1787?
Nel 2015 si celebreranno i 200 anni dal Congresso di Vienna, forse un’occasione propizia per avviare la costituzionalizzazione dell’Europa e la fine dell’ipocrisia: lo Stato nazionale europeo è morto per incapacità e ha solo un’occasione per sopravvivere, quello di devolvere parte dei poteri su macro-aree (moneta, commercio internazionale, politica estera, difesa federale, giustizia comune) a un livello federale europeo comune.
Un processo costituzionale destinato a imporre una cesura storica attraverso la legittimazione popolare dell’elezione di delegati a una Convenzione Costituzionale incaricata di scrivere una vera Costituzione (non una “Dichiarazione”) e di distinguere e bilanciare i poteri istituzionali dell’Europa e degli Stati membri.
Se questo non accadrà, il rischio è che uno Stato a caso – la Germania – approfitti del vuoto di capacità di agire e copra il pericoloso vulnus. Meglio agire prima e attraversare il guado, passando finalmente dalla diplomazia alla democrazia europea. Ed evitare che il Quarto Sbarco sia militare a tutti gli effetti, come il primo e il secondo.
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