Tra jihad e persecuzioni religiose, la stabilità della Libia interessa anzitutto l’Italia

Il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri hanno chiamato in causa l’Onu, mostrando una triste verità: in politica estera e di difesa il Governo Renzi ha una posizione evanescente. Tra l’idealismo senza costrutto e gli scenari Onusiani della Pinotti

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In Libia la situazione è magmatica. Nella notte vi sono stati scontri a Tripoli, sia sulla strada che porta all’aeroporto internazionale che nel quartiere di Salaheddin, nei pressi della base militare di al-Yarmouk. A Bengasi invece notte “tranquilla”, ma i movimenti islamisti che operano insieme ad Ansar al-Sharia attendono la seconda ondata delle truppe laiche agglomeratesi attorno alla milizia di Khalifa Haftar.

Gli americani, che sostengono Haftar, hanno ridispiegato su Sigonella, altri 180 marines dello Special Purpose Marine Air/Ground Task Force-Crisis Response (SPMAGTFCR) dalla base di Moròn in Spagna. Tuttavia dall’esterno della base siciliana non ci sono segnali di un’attività aumentata, tutto procede come al solito con le normali procedure di esercitazione e i voli dei tanker KC 135 utilizzati per il rifornimento in volo nel Mediterraneo.

Il Governo italiano dovrebbe preoccuparsi di appoggiare una svolta che stabilizzasse la Libia, visto che il “dopo Gheddafi” non è certo stato un periodo di stabilità e sicurezza, ma si appella a fantomatiche missioni Onu, sia per la gestione dei campi di immigrati presenti nel Paese – pronti a imbarcarsi per l’Europa, via Italia – che per una missione di stabilizzazione che sarebbe difficile da ottenere nel breve termine.

L’atteggiamento del Governo Renzi sulla questione però non deve meravigliare. C’è sicuramente una moderazione di fondo – che sfocia a volte nell’inconsistenza – a causa della crisi finanziaria in cui versa l’Italia, ma la crisi peggiore sembra essere quella delle idee, tra un internazionalismo da paravento delle criticità e un internazionalismo operativo alla Pinotti, che vorrebbe mandare i militari italiani in Ucraina come forza di interposizione tra russi e ucraini.

In Libia c’è in gioco la stabilità di tutto il Mediterraneo e l’Itala non può far finta di niente, non può lasciare agli Stati Uniti la responsabilità di risolvere problemi che sono anzitutto nostri. La visione più lucida di quel che sta avvenendo nel mondo arabo ci viene dalla Terra Santa.

Nel suo editoriale del numero di maggio-giugno de “L’eco di Terrasanta”, Pierbattista Pizzaballa – custode di Terra Santa dal maggio del 2004 – ha dato eco a un interrogativo posto nel mese di aprile dagli Ordinari cattolici di Terra Santa e dal Comitato Giustizia e Pace sul tema delle persecuzioni religiose. Il tema è di particolare importanza, perché l’azione di Haftar – che è un musulmano – intende eradicare l’estremismo islamico dalla Libia, ossia dal fronte mediterraneo del jihad (che lo si riconosca o meno).

Come evidenziato da Pizzaballa, il problema – che contiene in parte la soluzione – non è che i cristiani siano perseguitati dai musulmani, ma che gli islamisti perseguitino tutti coloro che sono giudicati come infedeli tout court, ossia chi la pensa diversamente: cattolici, ebrei, musulmani non fa differenza.

Non si smette di dire che in Medio Oriente i cristiani sono perseguitati. Ma, cosa succede nella realtà? “, si chiede Pizzaballa, che cita il documento dei vescovi mediorientali e del Consiglio Giustizia e Pace: “non c’è dubbio – spiegano i vescovi – che molti estremisti considerano i cristiani come infedeli, nemici o ancora agenti di potenze straniere o come un facile bersaglio. Tuttavia – ammoniscono i prelati mediorientali – in nome della verità, noi dobbiamo sottolineare che i cristiani non sono le sole vittime di questa violenza e di questa ferocia. I musulmani laici, tutti quelli indicati come “eretici”, “scismatici” o semplicemente “non allineati” sono parimenti attaccati e uccisi nel medesimo caos.

L’obiettivo dei jihadisti – in uno scenario di “divide et impera” su scala globale e confessionale – è di “seminare l’odio e i pregiudizi e di eccitare i popoli e le religioni gli uni contro gli altri”. Una prospettiva cui tutte le persone di buona volontà si devono opporre, perché l’odio montante “va a discapito di tutti e i fedeli delle due religioni”. Al contrario, cristiani e musulmani (noi aggiungeremmo anche “ebrei”) “devono lottare insieme contro le nuove forze dell’estremismo e della distruzione” e “non devono cadere nel tranello di chi vuole distruggere ogni possibilità di convivenza” di fronte a un progetto politico – quello portato avanti dagli islamisti jihadisti – “del tutto estraneo alla religione”.

Roba da chiedere la nomina di Pizzaballa a ministro degli Esteri…

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