Netanyahu al padre di Mohammed Abu Khdeir, il ragazzo palestinese ucciso: “Atroce assassinio”

Il premier israeliano ha telefonato al padre del giovane trovato morto la scorsa settimana a Gerusalemme. Per l’omicidio sono stati arrestati sei estremisti

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Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha telefonato a Hussein Abu Khdeir, il padre del ragazzo palestinese ucciso a Gerusalemme Est, per esprimergli il proprio shock e l’orrore proprio e di Israele per l’assassinio di suo figlio, Mohammed Abu Khdeir. “Voglio esprimere il mio shock e lo shock di tutti i cittadini israeliani, per l’efferato assassinio di suo figlio“, ha detto il premier, secondo quanto riferito dal suo ufficio in un comunicato ripreso dai media locali.

Abbiamo agito subito dopo per individuare gli assassini e saranno consegnati alla giustizia“, ha aggiunto Netanyahu, ribadendo il rifiuto di “ogni comportamento crudele” e che l’assassinio del giovane palestinese “è atroce e non può essere accettato“.

Domenica i media locali – tra cui ‘Times of Israel– hanno riferito che sono stati arrestati sei terroristi nazionalisti israeliani per l’omicidio del ragazzo. Estremisti che hanno agito per vendicare la morte dei tre ragazzi rapiti in Cisgiordania, il cui operato ha indignato subito la maggior parte di Israele. Netanyahu aveva subito definito il crimine “abominevole” per la dinamica dell’assassinio, rivelata nei dettagli dall’autopsia, sebbene non fossero chiare le circostanze dell’omicidio e fosse circolata anche l’ipotesi di una faida tra clan, avvalorata dalla testimonianza dell’imam della moschea frequentata dal ragazzo, che aveva già mediato in una diatriba familiare.

Niente di tutto questo. Israele si deve confrontare con una reazione barbara a un triplice assassinio barbaro, un lusso che una democrazia e uno Stato retto sulla prevalenza della legge non può permettersi. Forse uno choc necessario, per entrambi i fronti: capire che ogni persona è una persona, è fondamentale per iniziare un cammino di pacificazione e condivisione dello spazio. La storia “condanna” alla convivenza israeliani e palestinesi, le cui intelligenze sarebbero ben più proficue – sia sotto il profilo individuale che sotto quello comunitario – in uno stato di pace e collaborazione reciproca. La soluzione “due popoli e due Stati” non cancellerà mai gli indispensabili interscambi tra i due popoli.

Da un altro punto di vista, il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha chiesto – in una lettera inviata al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon – un’inchiesta indipendente e internazionale sull’uccisione del ragazzo palestinese, ma per fortuna le autorità di polizia e la magistratura israeliana hanno fatto a meno di inutili inchieste dell’ONU, trovando nel proprio seno un gruppo di criminali efferati quanto vigliacchi, che si sono accaniti contro un ragazzo indifeso.

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Sarebbe però opportuno che il presidente dell’ANP mantenesse alta la tensione morale e applicasse lo stesso rigore etico nel collaborare alla cattura dei sospetti autori del triplice assassinio dei tre seminaristi israeliani nei pressi di Hebron – Gilad Shaar, 16 anni, Eyal Yifrach, 19 anni, e Naftali Frenkel, 16 anni – ancora uccel di bosco. Ieri è stato arrestato  Husam Dufash, che secondo le autorità israeliani sarebbe il terzo individuo coinvolto nell’esecuzione.

Quando il presidente Abbas telefonerà alle famiglie dei tre giovani israeliani, per comunicare lo sdegno proprio e dei palestinesi per il barbaro assassinio? Difficile crederlo possibile, una differenza che dovrebbe fare riflettere di più i commentatori improvvisati di questioni mediorientali, spesso protesi solo verso una parte perché a conoscenza di una sola parte della storia.

Come risposta alle richieste di Abu MazenNetanyahu ha chiesto al presidente palestinese di condannare le rivolte scoppiate a Gerusalemme Est e nei villaggi arabi nel nord di Israele, dopo l’uccisione del ragazzo palestinese, peraltro mostrando un’inedita moderazione nella risposta militare al lancio di razzi da Gaza su Israele, perché secondo il premier israeliano si deve agire “in modo responsabile, equanime e senza fretta“. Come fa uno statista.

La prima conseguenza di questa “moderazione” è stata la rottura dell’alleanza tra Likud del premier Benyanim Netanyahu e Israel Beiteinu, il partito del ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman. Lo ha annunciato nel corso di una conferenza stampa lo stesso Lieberman, secondo il quale “i disaccordi tra me ed il primo ministro sono fondamentali e non consentono una futura partnership“. “Non sto attaccando il premier – ha precisato il capo della diplomazia di Israele, spiegando che la fine dell’alleanza non significa l’uscita dalla compagine governativa. Secondo Lieberman, il governo “ha il diritto di avere i propri punti di vista. Io vedo le cose in maniera diversa e non lo nascondo“. Sembra Italia, è Israele…

(Fonte: agenzie)  © RIPRODUZIONE RISERVATA