Pericolo jihad all’attenzione dei servizi di sicurezza. Massolo, DIS: conosciamo i “foreign fighters” italiani

Massima sorveglianza nelle carceri per stroncare sul nascere infiltrazioni e proselitismo per la “guerra santa”. In Libia situazione magmatica: 5/600mila persone pronte a partire per l’Italia. Rapiti: nessuna novità per i rapiti italiani in Libia e Siria

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Roma – Nel corso di un’audizione dinanzi al COPASIR (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), il direttore del DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza), ambasciatore Giampiero Massolo ha illustrato l’azione della comunità intelligence italiana di fronte al pericolo jihadista sia in territorio nazionale che all’estero.

In particolare il direttore del dipartimento che coordina l’intelligence interna ed estera ha chiarito che l’attenzione sui 20140909-massolo-200x179cosiddetti “foreign fighters” – gli occidentali con passaporto dell’UE partiti per combattere in Siria e Iraq nei ranghi del cosiddetto “califfato” – è alta. Tanto alta che i nostri 007 – nelle attività di istituto – avrebbero una mappa completa dei jihadisti italiani, una cinquantina, da tempo noti e sottoposti alle ordinarie attività di monitoraggio a fini di prevenzione.

Durante l’audizione tenuta in regime di segretezza (i componenti del COPASIR sono obbligati al segreto in tali casi), Massolo ha descrito lo scenario operativo dei rischi per la sicurezza nazionale italiana (e, di riflesso, per quella dei Paesi dell’UE), attorno a tre fulcri fondamentali: Libia, Siria e Ucraina.

In Libia la situazione è magmatica, perché il quadro politico è instabile e la presenza di due parlamenti e di milizie islamiste complica lo scenario. Massolo avrebbe affermato che le milizie libiche di Bengasi – di Ansar al-Sharia – non hanno contatti con l’ISIL (lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante autoproclamatosi califfato). Ne è però nota, come più volte detto su queste colonne, l’affiliazione con al-Qaeda. La Libia è fondamentale per l’Italia, perché prevalentemente dalle coste della Cirenaica partono le migliaia di immigrati clandestini, che poi vengono “salvati” – a domicilio aggiungiamo noi – dalle navi della Marina Militare impegnate nell’operazione Mare Nostrum.

In un quadro così frammentato, diventa impossibile per le istituzioni libiche legittime (quelle uscite dalle recenti elezioni, rappresentate dal Parlamento di Tobruk) controllare le coste, impedire o arginare le partenze verso l’Italia. Secondo Massolo, l’intelligence italiana ha potuto quantificare in 5/600 mila persone pronte a partire per il nostro Paese, una marea umana che è fonte di preoccupazione per la sicurezza nazionale e per le istituzioni. Sul fronte rapiti, Marco Vallisa, 53 anni, e Gianluca Salviato, 48 anni, nessuna novità.

Sulla Siria, non vi sono novità sul fronte degl itlaiani rapiti, padre Paolo Dall’Oglio, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo Massolo. Tuttavia, malgrado la fuidità della situazione, sembra confermato che le due giovani lombarde non siano nelle mani dei jihadisti dell’ISIL. Sull’andamento della guerra contro il regime di Bashar al-Assad, la situazione sembra essere in una fase interlocutoria, probabilmente per l’azione statunitense nell’area o per una fase di consolidamento delle posizioni, in attesa di ulteriori evoluzioni.

Infine, sul fronte dei rischi energetici, Massolo ha riferito che non dovrebbero esserci problemi, anche se la situazione sul terreno in Ucraina è ancora molto fluida e può sfuggire di mano. La tregua, malgrado con fatica, sembra reggere sostanzialmente.

L’evoluzione delle azioni dei jihadisti in Siria, Iraq e nel Mediterraneo però hanno anche dei riverberi sull’attività di sorveglianza effettuata all’interno del mondo carcerario italiano. “La guardia è sempre alta. L’obiettivo è evitare la possibilità di infiltrazione di jihadisti nelle carceri italiane“, ha dichiarato all’Adnkronos di recente Luigi Pagano, reggente del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria). ” Il pericolo reclutamenti potrebbe esserci e perciò da tempo abbiamo predisposto sezioni in cui sono reclusi detenuti che di sicuro appartengono a organizzazioni terroristiche“, ha spiegato. Tuttavia, “anche nelle sezioni ordinarie, tuttavia, il personale di polizia penitenziaria è allertato per seguire ogni situazione“, perché da tempo il DAP ha “avviato un monitoraggio centrale sul fenomeno, mettendo in campo mirate misure di prevenzione, in costante collaborazione con le altre forze di polizia e l’autorità giudiziaria“.

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