L’ebola e l’Italia: “Sì ai controlli, ma no alla paura dello straniero”. Bimbo di 5 anni ricoverato a New York
Lo afferma il presidente Amsi – Associazione dei medici di origini straniere. “Intensificare la cooperazione socio-sanitaria e aumentare i controlli senza creare allarmismo”. E per gli esperti c’è un rischio: “Quest’epidemia può frenare la lotta alla malaria”. Australia: sospensione visti di ingresso da Sierra Leone, Liberia e Guinea
Roma – Usa, Spagna, Italia e Australia: diversi Paesi e un timore comune, ebola.
Un bambino di cinque anni tornato dall’Africa occidentale è stato trasportato all’ospedale Bellevue di New York con possibili sintomi di ebola. Lo riferiscono fonti delle forze dell’ordine citate dai media locali.
Il piccolo – ricoverato dopo essere tornato sabato notte con la famiglia dalla Guinea, come raccontato dai vicini – vomitava e aveva 39.4 di febbre quando è stato portato dai servizi medici di emergenza in ospedale. I cinque membri della sua famiglia sono stati messi in quarantena all’interno dell’appartamento nel Bronx.
Dopo le critiche e le pressioni della Casa Bianca, il governatore dello Stato di New York, il democratico Andrew Cuomo, allenta la quarantena annunciata venerdì scorso insieme a Chris Christie, governatore repubblicano del New Jersey, per medici e infermieri che rientrano dai Paesi colpiti dall’ebola. La nuova misura prevede che dovranno rimanere isolati per 21 giorni a casa propria e non obbligatoriamente in una struttura ospedaliera, ha annunciato Cuomo, affiancato dal sindaco di New York, il democratico Bill de Blasio.
Australia: sospensione dei visti di ingresso dall’Africa – Intanto l’Australia ha fermato temporaneamente la procedura per il rilascio del visto alle persone provenienti dai Paesi africani maggiormente colpiti. Le nuove regole, confermate in Parlamento da da Scott Morrison, ministro per l’Immigrazione, verranno applicate per Sierra Leone, Liberia e Guinea.
Spagna – In Spagna si è conclusa la quarantena per il marito di Teresa Romero e le altre persone entrate in contatto con l’infermiera spagnola. Nessuno di loro ha contratto la malattia e tutti hanno lasciato l’ospedale Carlos III di Madrid, dove sono rimasti in isolamento per 21 giorni, ovvero per il tempo massimo di incubazione della malattia.
Del gruppo, oltre al marito Javier Limon, fanno parte i medici, gli infermieri e il portantino che hanno accudito la donna senza protezioni specifiche prima che fosse confermata l’infezione da ebola. Secondo le direttive dell’Oms, bisognerà ora aspettare il 2 dicembre per dichiarare definitivamente che la Spagna è ‘ebola-free’.
Italia. Non aver paura dello straniero – E in Italia? Un’indicazione importante è di non aver paura dello straniero. Per contrastare con efficacia la diffusione del virus dell’ebola è necessario “intensificare la cooperazione socio-sanitaria tra i popoli, mettere in campo politiche di prevenzione e aumentare i controlli. Senza creare però allarmismo“. Lo ha dichiarato all’Adnkronos Salute il presidente dell’Amsi – Associazione medici di origini straniera in Italia, Foad Aodi, intervenuto a Roma alla Conferenza sulla salute nell’area del Mediterraneo.
L’evento, organizzato dal ministero della Salute in collaborazione con la Commissione Europea, vuole promuovere il ruolo dell’Italia sia nell’ambito dei rapporti con i Paesi del Mediterraneo, sia nell’ottica di solidarietà, rafforzamento di partnership e crescita condivisa dei sistemi sanitari.
Ma l’attenzione e l’impegno internazionale nella lotta a ebola in Africa sta mettendo in secondo piano un altro nemico potente e insidioso in quell’area del mondo: la malaria.
A temere i contraccolpi di un ‘effetto ebola’ è Fatoumata Nafo-Traoré, la responsabile di ‘Roll Back Malaria Partnership’. “Comprensibilmente – ha dichiarato alla ‘Bbc online’ – tutta l’attenzione degli operatori sanitari è concentrata su ebola“. Per questo le aree delle strutture sanitarie di solito piene di pazienti con la malaria stanno diventando “luoghi fantasma“.
Il fatto è che le due malattie spesso si sovrappongono: nel 2012 la malaria ha ucciso 7mila persone nei tre Paesi africani più colpiti da ebola e molti sono bambini. “Siamo tutti d’accordo – ha affermato Nafo-Traoré – che nessun bambino dovrebbe morire per la malaria, perché abbiamo gli strumenti per prevenirla e trattarla. Ma ora, comprensibilmente, tutta l’attenzione degli operatori sanitari è concentrata su ebola“.
“Vediamo di solito letti d’ospedale con tre bimbi insieme perché non c’è spazio“, ha aggiunto, “così non sappiamo chi ha la malaria e chi sta morendo per questa malattia“, oggi curabile. Insomma, “siamo davvero preoccupati che ebola freni i progressi nella lotta alla malattia“.
(Adnkronos)