Udienza generale, il Papa chiede al mondo una “mobilitazione di coscienze in favore dei cristiani perseguitati” (video)

Papa Bergoglio eleva con forza il suo grido contro le violenze perpetrate contro i cristiani (non solo contro i cattolici) e per la violazione della libertà religiosa. Poi prende di mira il senso del servizio che deve permeare l’apostolato del clero: “guai se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno” o si comportassero come se “comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale”, mentre deve essere “in ascolto della gente”, anche di coloro che “possono essere ancora lontani”. Il ricordo del massacro di studenti in Messico

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Città del Vaticano – “Accorato appello” di Papa Francesco al termine dell’Udienza generale del mercoledì in Piazza San Pietro di questa mattina. “A quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale, come pure a tutte le persone di buona volontà, affinché si intraprenda una vasta mobilitazione di coscienze in favore dei cristiani perseguitati. Essi hanno il diritto di ritrovare nei propri Paesi sicurezza e serenità, professando liberamente la propria fede“.

Queste le parole con cui il Papa ha espresso la propria “grande trepidazione” per le “le drammatiche vicende dei cristiani che in varie parti del mondo sono perseguitati e uccisi a motivo del loro credo religioso“. Un pensiero che non specifica la fonte delle minacce, a tutti note: il fondamentalismo islamico nei Paesi del Medio Oriente, del Nord e del Centro Africa; l’estremismo hindù in India e, in genere, ogni violazione alla libertà delle libertà – come è definita la libertà religiosa – che si concreta non solo nella libertà di professare il proprio credo quale che sia, ma anche di non professarne alcuno.

Sento il bisogno di esprimere la mia profonda vicinanza spirituale alle comunità cristiane duramente colpite da un’assurda violenza che non accenna a fermarsi“, che però non cessa di incoraggiare “i Pastori e i fedeli tutti ad essere forti e saldi nella speranza” e il pensiero indefesso, per cui ha invitato a “pregare un Padre Nostro” per “tutti i cristiani perseguitati perché cristiani“.

Prima dell’appello, il Papa aveva proseguito la catechesi dedicata alla Chiesa alle 25mila persone presenti sul sagrato della basilica vaticana, in una giornata nuvolosa ma non piovosa, parlando di “cosa viene richiesto ai ministri della Chiesa, perché possano vivere in modo autentico e fecondo il proprio servizio“. A tal proposito non ha mancato di ammonire duramente il clero di ogni ordine e grado: “guai se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno” ovvero si comportassero come se “la comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale“. Al contrario, la gerarchia ecclesiastica di ogni ordine e grado deve essere “in ascolto della gente“, anche di chi è ancora lontano dalla Chiesa. 

Il Papa ha corroborato la propria esortazione citando le ‘Lettere pastorali‘ inviate dall’apostolo Paolo ai discepoli Timoteo e Tito, in cui “si sofferma con cura sulla figura dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi” e su “una descrizione di ogni cristiano nella Chiesa“. In particolare per i vescovi, presbiteri, diaconi sono “elencate alcune qualità squisitamente umane: l’accoglienza, la sobrietà, la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di cuore“. E per essere sicuro di essere stato inteso, il Papa ha ribadito: “Ripeto: l’accoglienza, la sobrietà, la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di cuore“, che è “l’alfabeto, la grammatica di base di ogni ministero! Deve essere la grammatica di base di ogni vescovo, di ogni prete, di ogni diacono“, perché “senza questa predisposizione bella e genuina a incontrare, a conoscere, a dialogare, ad apprezzare e a relazionarsi con i fratelli in modo rispettoso e sincero, non è possibile offrire un servizio e una testimonianza davvero gioiosi e credibili“.

Ancora, il Pontefice ricorda che per chi è investito del “ministero pastorale” Paolo raccomanda di “ravvivare continuamente il dono che è stato ricevuto: “. E “questo significa che deve essere sempre viva la consapevolezza che non si è vescovi, sacerdoti o diaconi perché si è più intelligenti, più bravi e migliori degli altri, ma solo in forza di un dono, un dono d’amore elargito da Dio, nella potenza del suo Spirito, per il bene del suo popolo“.

Questa “consapevolezza che tutto è dono, tutto è grazia, aiuta un Pastore anche a non cadere nella tentazione di porsi al centro dell’attenzione e di confidare soltanto in se stesso“, l’autentico antidoto alle “tentazioni della vanità, dell’orgoglio, della sufficienza, della superbia“. “Guai – ammonisce Bergoglio – se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno. Al contrario, la coscienza di essere lui per primo oggetto della misericordia e della compassione di Dio deve portare un ministro della Chiesa ad essere sempre umile e comprensivo nei confronti degli altri“.

Dunque, il metodo da seguire è quello di aprirsi in “ascolto della gente“, con la coscienza “di avere sempre qualcosa da imparare, anche da coloro che possono essere ancora lontani dalla fede e dalla Chiesa“, un approccio che serge ad “assumere un atteggiamento nuovo, improntato alla condivisione, alla corresponsabilità e alla comunione” con “i propri confratelli“.

Alla fine dei consueti saluti, il Papa ha ricordato di nuovo “la tragedia degli studenti rapiti e uccisi” dai trafficanti di droga in Messico, una vicenda che ha scoperto legami tra criminalità organizzata e politica e che sta mettendo in subbuglio la vita istituzionale messicana.

(Credit: AsiaNews, CTV)

L’udienza integrale di Papa Francesco del 12/12/2014