Chi consuma cannabis finisce per avere un cervello diverso. Servirebbe un proibizionismo dell’intelligenza, non della legge

Un team di ricerca congiunto delle Università del Texas e del New Mexico ha analizzato il cervello di consumatori abituali e di persone che non ne avevano mai assunto, trovando modificazioni strutturali gravi

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New York – Che il consumo di cannabis alteri lo stato psichico è un dato incontrovertibile, assodato. Ma a fronte di tanti effetti positivi – soprattutto nelle cure di mantenimento di malattie degenerative – un team congiunto di ricercatori dell’Università del Texas e del New Mexico ha verificato danni irreversibili al cervello nei consumatori abituali delle droga considerata come ‘leggera’.

Infatti, i ricercatori americani hanno analizzato il cervello di 48 persone assuntrici regolari di cannabis, attraverso l’effettuazione di una risonanza magnetica, poi paragonando i risultati con quelli ottenuti da analoga scansione sul cervello di 62 individui non consumatori. 

Il risultato ottenuto ha consentito di rilevare che il consumo regolare di cannabis provoca cambiamenti in strutture importanti del cervello, in particolare riduce la materia grigia, le cellule che elaborano le informazioni e aumenta la crescita della materia bianca responsabile delle connessioni tra neuroni, per compensare la perdita di cellule vitali. Questo processo di compensazione si interrompe a fronte di un uso prolungato di marijuana, nel giro di 6/8 anni. 

L’osservazione empirica ha perciò rilevato una differenza nella struttura cerebrale di chi consuma marijuana e di chi non ne assume, perché nei consumatori è stata rilevata una modificazione sensibile della corteccia orbito-frontale, l’area legata all’empatia. Gli scienziati americani hanno perciò ipotizzato che sia questa la radice dei disturbi della personalità e delle psicopatie connesse all’uso di droghe leggere.

Inoltre, la ricerca ha consentito ai ricercatori di ritenere fondata un’altra valutazione sull’impatto del consumo di cannabis sulla struttura cerebrale in un dato lasso di tempo. Il che fa ritenere che i danni irreversibili al cervello siano più gravi nelle persone che iniziano a consumare marijuana in giovane età, perché il tempo gioca a sfavore del mantenimento morfologico delle caratteristiche originarie della corteccia orbito-frontale. 

La ricerca continuerà per valutare i risultati su un campione più esteso. Se i dati emersi fossero confermati, si potrebbe dire con fondatezza scientifica che chi fuma marijuana non è certo un idiota, ma di sicuro è proiettato a diventarlo.

Una riflessione che – atteso il fallimento del proibizionismo legale  dovrebbe portare a un auto-proibizionismo dell’intelligenza, prima che vada in…fumo!

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