Francesco Storace “offese Napolitano”: condannato per vilipendio del presidente della Repubblica

L’esponente della destra commenta: “condanna su commissione”. Ma non spiega perché. Le reazioni politiche. Manconi: Storace condannato da norma medievale, però le mancate scuse a Levi Montalcini…

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Roma – Mezz’ora di camera di consiglio è bastata per chiudere (almeno per ora) una vicenda giudiziaria che si stava trascinando da 7 anni: Francesco Storace, leader della Destra, è stato condannato dal giudice del tribunale di Roma Laura D’Alessandro a sei mesi di reclusione per il reato di offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato. Attenuanti generiche, pena sospesa e non menzione, ma l’attuale vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio non ha fatto nulla per nascondere la propria amarezza: “Sono l’unico italiano condannato per questo reato e questa è una cosa su commissione. Ieri il Pd ha bloccato, per voce della Finocchiaro, ogni possibilità di discussione sull’abrogazione o sulla modifica di questo reato anacronistico (l’articolo 278 del codice penale, ndr). Sarà contento Napolitano…”.

I fatti costati la condanna risalgono all’ottobre del 2007, quando l’allora senatrice a vita Rita Levi Montalcini contribuì con un suo voto a non far cadere il governo guidato da Romano Prodi. Un’iniziativa criticata aspramente sul blog di Storace, ma non a lui direttamente riconducibile. Napolitano, pochi giorni dopo, ricevendo al Quirinale degli studenti, definì “indegno” l’attacco alla scienziata, scatenando a quel punto la reazione dello stesso Storace che proprio in quei giorni aveva presentato un disegno di legge finalizzato ad eliminare la figura dei senatori a vita: “Giorgio Napolitano – disse all’epoca il senatore – non ha alcun titolo per distribuire patenti etiche. Per disdicevole storia personale, per palese e nepotistica condizione familiare, per evidente faziosità istituzionale. è indegno di una carica usurpata a maggioranza…“.

Per il Pubblico Ministero onorario Laura Pezone, queste espressioni “sono pesanti, insultanti e aggressive” perché arrivano a offendere “il Capo dello Stato, cioé l’istituzione che rappresenta l’Unità d’Italia“. È vero che Storace, oltre a essere incensurato, si è scusato con il Quirinale – che ha poi dichiarato chiuso l’incidente, ottenendo con Napolitano un lungo colloquio privato per scusarsi di quelle dichiarazioni “dai toni e dai contenuti” non proprio ortodossi – ma è anche vero che “quelle espressioni – ha spiegato Pezone – non possono essere coperte dall’immunità parlamentare. Dunque il reato c’è tutto“.

Di diverso avviso i difensori di Storace, gli avvocati Bruno Giosuè Naso e Romolo Reboa, pronunciatisi in fase di arringa per l’assoluzione. Secondo i due penalisti, le espressioni pronunciate nei confronti del Capo dello Stato, “pur essendo frutto di una ‘vis’ polemica aggressiva e graffiante, devono tuttavia rientrare nelle prerogative del diritto di critica politica riconosciuto a ogni membro del Parlamento dall’articolo 68 della Costituzione“. Quindi coperti dall’immunità parlamentare. Anche “se in termini astratti queste parole possono avere una valenza diffamatoria e ingiuriosa“, di fatto Storace – hanno insistito – “ha esercitato le sue prerogative politiche, dando sfogo al suo temperamento, polemico, non remissivo, certamente reattivo. Ma questo non può costituire reato“.

Numerosi attestati di solidarietà sono arrivati a Storace dopo la condanna.

L’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha parlato di “sentenza che deve far riflettere sul confine che separa la libertà di opinione dal vilipendio. Le parole che hanno determinato la condanna di Storace sono certamente ascrivibili alla prima categoria come del resto è apparso chiaro allo stesso presidente Napolitano“.

La pena sarà stata anche sospesa – ha sottolineato Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia – ma resta la profonda amarezza per una decisione ingiusta, anacronistica. La Finocchiaro e Zanda hanno impedito che si discutesse la mia proposta per abolire il vilipendio sul quale anche Napolitano aveva aperto, rendendosi colpevoli di questa sentenza vergognosa. Presenterò un’interrogazione per sapere quante procedure ha attivato il ministro della Giustizia Orlando nei confronti dei tanti che insultano impuniti il Presidente della Repubblica. Temo nessuna, e di questo farò pubblica denuncia. Napolitano, con il quale tra l’altro Storace ha avuto modo di chiarirsi, si esprima ora chiaramente. Non permetta almeno lui che ci sia un reato ad personam“.

Fabrizio Cicchitto (Ncd) ha commentato la condanna di Storace riflettendo che “testimonia l’urgenza di riformare in Italia la giustizia“.

Più articolato il ragionamento di Luigi Manconi, presidente della ‘Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani’. “Quello di vilipendio è, in tutta evidenza, un reato balordo e fuori tempo che meritava di essere abrogato, da molti anni. Tanto più che rimanda al tema delicatissimo della libertà di espressione. Dunque l’augurio è che sia l’ultima volta che si ricorre a una simile fattispecie penale“, ha dichiarato all’Adnkronos il senatore del Pd. “Mentre ribadisco di ritenere Francesco Storace vittima di una norma palesemente obsoleta – rimarca Manconi – non posso non evidenziare l’astio che ancora riserva a Giorgio Napolitano“. Poi aggiunge: “e le mancate scuse, allora come ora nei confronti di Rita Levi Montalcini, bersaglio di quelle scurrilità di Storace che sono all’origine di questa malinconica vicenda“.

(AGI, Adnkronos)