Opec non taglia la produzione, crolla il prezzo del petrolio
Arabia Saudita e petromonarchie del Golfo mantengono ferma l’intenzione di non tagliare la produzione al di sotto dei 30 milioni di barili al giorno, cassando l’indirizzo di Paesi come Ecuador e Venezuela che premevano per una riduzione dell’output. L’unica novità è costituita dalla ministra del Petrolio nigeriana, nominata al vertice del cartello
Roma – Come previsto dagli operatori sui mercati internazionali, il vertice dell’Opec convocato oggi a Vienna si è concluso con un nulla di fatto per il taglio della produzione di petrolio, che resterà a livello di 30 milioni di barili al giorno. Arabia Saudita e le altre petro-monarchie del Golfo hanno prevalso sull’indirizzo di Paesi come Venezuela ed Ecuador, favorevoli a un taglio della produzione per frenare il crollo dei prezzi, scesi del 35 per cento dall’inizio del 2014 a causa di un eccesso di offerta causato dal boom dello shale oli statunitense e dal calo della domanda in Europa, legato alla crisi economica
Infatti, una volta che la decisione non tagliare l’output è stata confermata dal vertice di Vienna, il crollo del prezzo sui mercati internazionali è ripreso, anche se i Paesi dell’Opec pesano solo per un terzo della produzione mondiale di greggio. Il barile di light crude scambiato a New York è sceso a 67,75 dollari, in calo di quasi 6 dollari, la quotazione piu’ bassa dal maggio 2010. A Londra il barile di Brent ha chiuso a quota 71,25 dollari, raggiungendo il proprio minimo da quattro anni.
Ribassi che hanno avuto effetti anche sui mercati azionari, dove si sono moltiplicate le vendite dei titoli delle compagnie petrolifere. Total ha chiuso la seduta con una perdita del 4,42 per cento, Royal Dutch Shell ha registrato -4,26 per cento, Bp ha ridotto le perdite a -2,94 per cento e Repsol ancora meno (-1,60 per cento).
I dodici paesi dell’Opec “hanno deciso di mantenere il livello produttivo a 30 milioni di barili al giorno“, si legge nel comunicato diffuso alla fine del vertice. Tuttavia, la riunione dell’Opec ha prodotto anche un altro risultato che potrebbe avere ripercussioni sullo scenario regionale, se è vero che il ministro del petrolio iraniano – Bijan Namdar Zanganeh – aveva incontrato mercoledì l’omologo saudita – Ali al-Naimi – commentando in modo positivo il faccia-a-faccia. “posizioni molto vicine” e “unità di intenti” che potrebbero – il condizionale è d’obbligo – avere appunto effetti sullo scenario bellico in Medio Oriente, perché la stabilità passa di certo da Ryad e Teheran e da una mediazione intelligente e risolutiva sul piano strategico e della sicurezza regionale.
In ogni caso a Vienna non è stata trovata alcuna soluzione di compromesso sul ritiro dal mercato delle quote eccedenti gli obiettivi, che, secondo i dati Aie, il mese scorso sarebbero arrivate a 600 mila barili al giorno. “Dovremmo ritirare la sovrapproduzione del mercato“, ha commentato il ministro degli Esteri venezuelano, Rafael Ramirez, promettendo di “mantenere i contatti con i paesi non Opec“.
Contatti che, nei giorni scorsi, non hanno sortito grandi risultati. Si erano infatti conclusi con una fumata nera anche i colloqui tra l’Arabia Saudita e due importanti produttori estranei al cartello, Messico e Russia.
Questo però non ha impedito al colosso petrolifero russo Rosneft di annunciare una riduzione della produzione petrolifera di 25mila barili di petrolio al giorno (pari all’1 per cento del totale), a causa delle “condizioni del mercato“, mentre il rublo ha toccato nuovi minimi storici sia sull’euro che sul dollaro, proprio sulla scia dell’annuncio giunto da Vienna.
“La decisione dell’Opec è di lasciare che sia il mercato a stabilizzare i prezzi“, ha commentato l’economista, ex ministro ed esperto di energia, secondo il quale “controllare un aumento dei prezzi e’ relativamente facile, controllare una caduta libera non lo e’ affatto: la decisione di oggi vuol dire che l’Opec non può e non vuole intervenire, anche perché l’attuale eccesso di offerta e’ composto soprattutto da greggi leggeri e non da greggi pesanti, come quelli prodotti da Riad“.
Per inciso, la decisione mette in difficoltà il mercato nero gestito dai jihadisti dell’Isil in Iraq e Siria, perché l’approvvigionamento illegale è meno conveniente di quello legale.
Il prossimo vertice dell’Opec è previsto per giugno 2015 ed è molto probabile che il quadro della domanda di petrolio allora sarà non dissimile dall’attuale, connotato da un calo generale della domanda sia per la crisi, come avviene in Europa; sia per la disponibilità di altre fonti (come lo shale oil negli Stati Uniti); sia per quanto avviene in Paesi come la Cina – che hanno influenzato al rialzo la domanda negli anni scorsi e che oggi – preso atto del collasso ambientale prossimo venturo – accelerano su scenari di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, incentivandone la produzione e determinando una contrazione sui mercati internazionali.
L’unica novità prevedibile per il prossimo meeting dell’Opec è che l’assise dei Paesi produttori di petrolio sarà – per la prima volta – presieduto da una donna. Il ministro del Petrolio nigeriano, Diezani Alison-Madueke, è stata nominata alla presidenza per un anno.
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