24 Ore di Le Mans, tra Steve McQueen e il coraggio di dire ‘no’. In difesa di Marc Gené (3 video)

Oggi al Festival di Cannes sarà proiettato il film “Steve McQueen – The man & Le Mans”, nella sezione ‘Cannes Classics, Documentaries’ (TRAILER). Appunto un documentario con il ‘dietro le quinte’ del celeberrimo film con protagonista l’icona americana del cinema, grande appassionato di corse, tanto da coniare un aforisma diventato il motto della passione per il motorsport. Qualche giorno fa ha destato però scalpore la decisione di Marc Gené di rinunciare a correre la prossima 24 Ore di Le Mans, perché il prototipo Nissan è pericoloso (VIDEO)

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20150516-STEVE-MCQUEEN-THE MAN-AND-LE-MANS-300x444Oggi è il giorno del tributo del Festival di Cannes a un grande interprete del cinema e a un grande appassionato di corse automobilistiche: Steve McQueen. Nella sezione ‘Cannes Classics, Documentaries’, sarà proiettato il documentario “Steve McQueen – The man & Le Mans”, omaggio al leggendario film del 1971 diretto da Lee H. Katzin.

Una raccolta di immagini ‘dietro le quinte’, con filmati e interviste, tra cui quelle a Derek Bell, David Piper – che durante le riprese perse una gamba a causa di un incidente – Jonathan Williams che guidò una Porsche 908 su cui fu montata una speciale cinepresa. Ma anche le testimonianze della moglie di McQueen, Neile Adams, del figlio Chad, che a quel tempo aveva solo 10 anni, di Richard Wiseman, archivista del film, che ha dato un contributo essenziale alla realizzazione di questo documentario che non mancherà di emozionare gli appassionati di automobilismo.

Il film non ebbe successo al botteghino, ma a distanza di 45 anni è un film testimonianza sulla magia delle corse, sul mistero di una passione che – cavalcando la velocità e la vita – resta per molti un mistero.

Steve McQueen è diventato egli stesso un’icona del motorsport, forse anche per la tragica fine dovuta a un mesotelioma pleurico, probabile conseguenza delle fibre di amianto inalate durante le sue frequentazioni motoristiche (considerato l’ampio uso del minerale – oggi vietato in Europa – nelle tute ignifughe, nei ferodi dei freni e in mille altre applicazioni motoristiche).

Dell’iconico attore statunitense oggi è ricorrente uno degli aforismi più citati della storia dello sport: “Quando si corre, è vita. Tutto quanto accade prima o dopo è solo attesa“. In questa frase si racchiude la magia di uno sport che è sfida per la modernità e il futuro.

Il motorsport è una sfida per la vita e contro la morte, ma che deve tenere in considerazione un dato essenziale: non si può mettere in gioco la propria vita in nome di un ideale senza fondamento, sia per motivi etici che per mera intelligenza.

Un tema lanciato nei giorni scorsi da Marc Gené, pilota spagnolo e commentatore dei Gran Premi di F1 su Sky Italia. Come commentatore qualche rilievo si potrà pure fare (e prossimamente vi parteciperemo le nostre riflessioni in merito), ma in questo caso parliamo del pilota.

Gené è un pilota di tutto rispetto: molto professionale, ottimo interprete delle gare endurance, vincitore dell’edizione 2009 della 24 Ore di Le Mans con la Peugeot, secondo in quella dello scorso anno con l’Audi. Vincitore di una 12 Ore di Sebring con la Peugeot nel 2010, quest’anno è approdato alla Nissan per portare in pista l’originale prototipo di classe 1 (LMP1) con motore anteriore.

L’8 maggio scorso è stata diffusa la notizia della sua rinuncia a partecipare alla prossima 24 ore di Le Mans con Nissan, di cui però rimarrà un supervisore esterno. Una rinuncia che ha fatto rumore: Marc Gené non ritiene sicura – men che meno competitiva – la “rivoluzionaria” vettura del team nipponico.

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Gené non è l’ultimo arrivato, ha corso per colossi come Peugeot, Ferrari, Williams, Audi, oltre che per realtà piccole, ma valide, come Minardi e Jota: sa quindi bene cosa aspettarsi da un team sotto tutti i punti di vista. Ma di certo tra queste aspettative non è previsto un incremento esponenziale del rischio di farsi male o di lasciarci le penne.

Non capiamo per questo la derisione corrente sui social per una scelta che riteniamo umana e rispettabile. Al di là della competitività del prototipo, perché può essere un motivo valido non volersi mettere in gioco con una macchina che fatichi a compiere un chilometraggio adeguato, è l’accento sulla insicurezza del mezzo che dovrebbe fare riflettere tutti, anzitutto il team Nissan, che potrebbe pagare un alto prezzo se non ascoltasse ‘l’allarme’ lanciato da Gené. Confidiamo che i dirigenti lo stiano facendo.

Una delle cose che tutti gli osservatori del motorsport hanno notato dalle immagini on board della Nissan è la posizione di guida, con le ginocchia molto vicine al busto e le gambe che sbattono ripetutamente addosso al dashboard. Inoltre, il piantone dello sterzo si muove troppo.

Certe immagini fanno paura, soprattutto se si pensa all’evenienza di un incidente: i dubbi sull’incolumità fisica del pilota sono troppo forti per impedire una valutazione seria dei potenziali rischi.

Di certo c’è che se è vero che ‘motorsport is dangerous’, il tentativo di suicidio appartiene ad altri campi delle azioni umane. Sicuramente anche Marc Gené ci ha pensato: ora è auspicabile che anche l’Automobil Club de l’Ouest (organizzatore della 24 Ore di Le Mans) e la FIA pensino all’allarme indiretto lanciato da Gené e decidano di approfondire la questione.

Marc Gené ha avuto l’onestà di dire quello che pensava e di fare un passo indietro. Dileggiarlo è da imbecilli, non considerare quanto rilevato da incoscienti.

(ha collaborato la Redazione Sport) © RIPRODUZIONE RISERVATA – THE WASTEGATE

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