L’ultimo saluto a Pietro Ingrao, con pugni chiusi e al suono di ‘Bella ciao’

La vecchia guardia della sinistra italiana e le nuove leve del PD hanno tributato l’ultimo saluto all’ex presidente della Camera. Tante bandiere, ma non il Tricolore italiano


Roma – Pugni chiusi, bandiere rosse e ‘Bella ciao’. Piazza Montecitorio ha salutato così Pietro Ingrao, scomparso domenica scorsa all’età di 100 anni. Sul palco i parenti e le autorità (il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso), attorno al feretro i vecchi militanti del Pci, gli operai, gli intellettuali, i partigiani ma anche don Ciotti; tutti uniti nel ricordo del ‘comunista del dubbio’, tutti accomunati dall’affetto per l’uomo che voleva la luna, parlamentare per dieci legislature ed ex presidente dell’Assemblea.

Per il commiato si sono dati appuntamento la vecchia guardia della sinistra italiana (Giorgio Napolitano, Emanuele Macaluso, Ettore Scola) e la nuova generazione, con il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, i ministri Andrea Orlando, Maria Elena Boschi, Marianna Madia, i capigruppo del Pd, Ettore Rosato e Luigi Zanda.

Tante le corone di fiori e tante le bandiere, quelle del Pci e di Rifondazione, in primis, ma anche quelle dell’Urss, della Cgil, quelle della Palestina, quelle della Fiom. E qualcuno ha notato anche l’assenza del Tricolore, fatta eccezione per quello che sventolava a mezz’asta sul balcone di Montecitorio.

Pietro Ingrao, ha detto Laura Boldrini aprendo il rito, “ha insegnato a diverse generazioni che la politica può essere una cosa bella, per il bene comune e non per tornaconto personale. è stato uno straordinario presidente della Camera. Lui, uomo di parte, fu in grado di svolgere questo ruolo con estrema imparzialità”.

Della sinistra, di ieri e di oggi, ha parlato invece Alfredo Reichlin, altro storico dirigente del Pci. “Di questa antica parola si sono persi molti significati. Forse mi sbaglio, ma sento rinascere il bisogno di uomini che pensano e guardano lontano. Ingrao ci ha detto che la politica non puo’ ridursi a mercato a lotte di potere. Era uomo giusto, così la gente lo ha percepito. Abbiamo bisogno di uomini come lui, di nuovi dubbi e nuove analisi”.

Toccante l’intervento del regista Ettore Scola, amico di lunga data di Ingrao. “Era un uomo che faceva innamorare le persone. Ho conosciuto la sua lealtà, che lo portava sempre a interrogarsi sulle sue idee, e la sua forza di oratore capace di far esplodere di passione politica le piazze”. Alla fine del rito il feretro (sul quale erano stati appoggiati un caschetto blu degli operai delle acciaierie di Terni e la sciarpa rossa di don Gallo) è stato portato via sulle note di ‘Bella ciao’ e di ‘Amara terra mià e tra gli applausi della folla.

(AGI)

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