Contro la “legge sull’islamizzazione dei figli” il Patriarca di Bagdad minaccia di adire la giustizia internazionale

di Louis Raphael I Sako*

Mar Sako guida la battaglia della Chiesa irachena contro la controversa norma in tema di libertà religiosa. Il Patriarca si appella al presidente della Repubblica dell’Iraq, perché rimandi il testo in aula. In caso contrario, si dice pronto a ricorrere alla giustizia internazionale. Una lotta per la giustizia e l’uguaglianza “fra tutti i cittadini iracheni”. Il Patriarca dei Caldei ringrazia i musulmani e le Ong che sostengono la posizione della Chiesa, rispettosa del pluralismo. Poi esorta i parlamentari di Baghdad a “preoccuparsi che un individuo diventi piuttosto un buon cittadinoe anon immischiarsi nella sua fede religiosa“. Se l’appello al presidente della Repubblica e alla Camera cadrà inascoltato, i vertici della Chiesa irachekena sono pronti a ricorrere ai massimi organismi della giustizia internazionale.

Baghdad Il voto dell’assemblea dei deputati irakeni, che si è tenuto il 27 ottobre 2015, a favore della Carta nazionale omogenea ha generato un grande risentimento fra i cristiani e le altre minoranze non musulmane. Essa obbliga i minori di 18 anni ad abbracciare in modo automatico la religione musulmana, nel caso in cui anche solo uno dei due genitori decida di convertirsi all’islam (art. 26/2). 

Del resto quanto uno dei genitori tradisce il suo legame verso i propri figli, è inaccettabile che questo comporti che la seconda parte in causa venga privata della possibilità di rispettare la promessa fatta e mantenere la propria fede religiosa. 

In aggiunta, noi abbiamo risposto in maniera teologica e scientifica ad uno dei parlamentari che ha espresso parere contrario in merito alla nostra richiesta. Egli si è inoltre espresso in modo irrispettoso e mancando di cortesia nei nostri confronti. 

Questa procedura è fra le più discriminatorie in assoluto, perché mostra una totale indifferenza verso i valori della civiltà irakena e nei confronti di quanti sono considerati fra i primi cittadini di questo Paese; tutto questo è una minaccia all’unità della nazione, così come all’equilibrio sociale, al pluralismo religioso e al principio che prevede di accettare l’altro nella sua diversità, con la sua situazione peculiare e la vita in comune. 

Il voto favorevole espresso dai deputati verso una tale legge è contrario a quanto vi è scritto all’interno del Corano stesso, che indica in più di un versetto che non vi è alcun obbligo nell’abbracciare una fede religiosa. Tutto questo contrasta al contempo con il pensiero dei più grandi teologi musulmani, fra i quali noi vogliamo ricordare il grande professore Mostafa al Zalmi il quale scrive in un suo libro: Il Corano e la norma in base alla quale il bambino segua la religione migliore di uno dei due genitori (2à Edizione, Erbil 2011). Tutto questo calpesta anche più di una norma della Costituzione irakena, come l’articolo 3 che prevede: “L’Iraq è una nazione composta da etnie, religioni e denominazioni diverse”; e ancora, l’articolo 37 comma 2: “Il Paese garantisce la protezione dell’individuo contro qualsivoglia coercizione dottrina, politica e religiosa”; infine, l’articolo 42: “Ciascun individuo possiede libertà di pensiero, di coscienza e di ideologia”. E come facciamo parte della comunità internazionale, questa legge è contraria alle norme sui diritti dell’uomo e ai trattati internazionali. 

Apprezzando i nostri fratelli musulmani, le Ong e le delegazioni a difesa dei diritti dell’uomo in Iraq, per la presa di posizione forte a nostro favore e per le proteste contro questa legge discriminatoria, vogliamo rinnovare la nostra contrarietà rispetto a una Carta omogenea. Al contempo, vogliamo rivendicare il principio secondo cui il minore debba mantenere la propria religione di appartenenza, di modo che possa decidere in modo libero la propria fede, secondo le convinzioni personali, al raggiungimento della maggiore età. Del resto la religione è un aspetto che riguarda solo la relazione fra Dio e l’uomo, e non deve essere vincolata ad alcun obbligo. 

I parlamentari farebbero bene a preoccuparsi che un individuo diventi piuttosto un buon cittadino, e non immischiarsi nella sua fede religiosa. Per questo noi ci appelliamo al presidente della Repubblica d’Iraq Fuad Masoum, perché rimandi la legge alla Camera dei deputati perché essi possa modificarla; al tempo stesso, esortiamo i deputati ad assumersi le loro responsabilità, perché creino davvero condizioni di giustizia e di uguaglianza fra tutti i cittadini irakeni. E ancora, vogliamo affermare con forza che, in caso di applicazione di questa legge, faremo sentire la nostra voce a livello internazionale e faremo in modo che l’Assemblea dei deputati debba rispondere per questo al tribunale internazionale. 

* Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irachena

(AsiaNews)

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