Il giallo della scomparsa di Ylenia Carrisi vicino a una svolta? “Forse vittima di un serial killer”

La giovane figlia di Albano Carrisi e Romina Powel scomparve all’inizio del 1994, dopo aver chiamato la mamma e i fratelli per augurar loro buon anno

Lecce – Il giallo di Ylenia Carrisi, scomparsa nel nulla nel 1993, sembrerebbe vicino a una riapertura. La giovane figlia di Albano Carrisi e Romina Power scomparse negli Stati Uniti, presumibilmente nella capitale della Louisiana, New Orleans, alla fine del 1993.

L’ultimo contatto della giovane con la famiglia avvenne infatti il 1° Gennaio 1994, quando però in Louisiana era ancora il 31 dicembre 1993 per effetto del fuso orario. La giovane donna chiamò in quell’occasione i genitori dal telefono della propria camera al “LeDale Hotel” di New Orleans, scambiandosi gli auguri e in un clima di serenità sia con la mamma, Romina, che con altri membri della famiglia, a differenza di quella intercorsa il giorno precedente, conclusasi con una discussione accesa con il padre, contrariato che la figlia fosse ornata a New Orleans, dove mesi prima aveva conosciuto un musicista di strada, Alexander Masakela, che destò sempre sospetti nei genitori della ragazza e che, per questo motivo, fu il primo accusato della sua misteriosa scomparsa.

Le ricerche però cominciarono solo il 6 gennaio successivo, su insistenza della famiglia che non riusciva a mettersi in contatto con Ylenia.

Il giallo ora sembra riaprirsi, perché alcuni giorni fa i Carabinieri di Brindisi hanno prelevato campioni di Dna ad Albano Carrisi, che vive a Cellino San Marco. Prelievi sono stati compiuti anche sui fratelli di Ylenia – Yaris, Cristel e Romina Junior – mentre la madre sarebbe stata sottoposta allo stesso prelievo a New York.

Le analisi, come anticipato dal ‘Quotidiano nazionale‘, sono state sollecitate dall’Interpol che intende promuovere accertamenti comparativi con i poveri resti di una donna ritrovati nei pressi di una stazione di servizio in Florida nel 1994.

Quell’omicidio rimase un ‘cold case’ per tre anni, ma nel 1997 il caso fu riaperto e la responsabilità fu attribuita a un camionista del luogo, Keith Hunter Jesperson, che poi confessò.

L’uomo – condannato a tre ergastoli – sostenne di avere assassinato una ragazza giovane e bionda che gli aveva chiesto un passaggio in una stazione di servizio. La vittima, stando a quanto riferito nella confessione, si faceva chiamare Susanne, lo stesso nome utilizzato da Ylenia Carrisi durante la sua permanenza negli Stati Uniti.

Secondo nuovi elementi individuati nei giorni scorsi, gli inquirenti potrebbero dare maggiore consistenza a questa pista e identificare il cadavere della donna assassinato in Florida. Motivo per cui è stato deciso di sottoporre i parenti più diretti all’esame del DNA, per effettuare una comparazione tra i DNA ed effettuare l’eventuale riconoscimento.

I campioni sono stati condotti presso la sede del Ris di Roma, da dove saranno inviati negli Stati Uniti per la conclusione delle valutazioni.

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