‘Boots on the ground’ americani in Iraq e Siria: il Segretario alla Difesa Usa smentisce il presidente Obama

Ashton Carter, in audizione all’Armed Service Committee del Senato, ha ammesso: “i soldati Usa combattono in Siria e Iraq. Dobbiamo dirlo chiaramente”. Il Capo di Stato Maggiore della Difesa Dunford ha confermato ‘perdite’: “morti alcuni soldati americani in combattimento”. Faida interna al partito democratico?

Washington – Amministrazione Obama in confusione, con un cortocircuito istituzionale di gravità inaudita e su questioni una volta considerate di primaria importanza: la sicurezza nazionale e la politica estera.

Ieri il segretario alla Difesa Ashton Carter è stato convocato in audizione dall’US Armed Service Committee del Senato, presieduto dal repubblicano John McCain, eroe di guerra e già candidato alla presidenza. Il ‘comitato’ senatoriale ha compiti di indagine permanente e i membri non hanno esitato a mettere sotto pressione il capo del Pentagono, nel corso di un’audizione che aveva come finalità ascoltare lo stato dell’arte della lotta all’ISIL (Islamic State of Iraq and Levant) in Iraq e Siria e, in particolare, delle attività della Coalizione Internazionale a guida statunitense, nell’operazione denominata “Inherent Resolve”.

Daniel Scott "Dan" Sullivan, senatore repubblicano dell'Alaska, membro del US Senate Armed Service Committee (foto ufficiale via Wikipedia)
Daniel Scott “Dan” Sullivan, senatore repubblicano dell’Alaska, membro del US Senate Armed Service Committee (foto ufficiale via Wikipedia)

Carter, apparso ansioso fin dall’inizio dell’audizione, a un certo punto è stato attaccato dal senatore dell’Alaska Daniel Sullivan, ex appartenente al corpo dei Marines, su un tema trito e ritrito dal presidente Obama, la presenza di militari americani in combattimento ‘sul terreno’. “Quando alla Casa Bianca parlano dei nostri soldati nel Medio Oriente, lo fanno andando per le lunghe e dicendo che non coinvolgeranno truppe da combattimento americane per lottare sul campo straniero”, ha attaccato Sullivan, sostenendo che Obama fa “le giravolte” retoriche insistendo che “i nostri soldati non stanno combattendo [in Iraq e Siria, ndr], quando tutto il Paese sa che in realtà lo stanno facendo”.

Messo alle strette e in palese difficoltà (i comitati del Senato hanno poteri di indagine molto stringenti e possono anche mettere sotto inchiesta membri del governo federale) il capo del Pentagono ha risposto al senatore Sullivan ammettendo che in Iraq e Siria tra i 3.500 e 5.000 militari statunitensi, tra membri delle Special Forces e soldati dell’US Army, sono dispiegati nel quadro della ‘Operation Inherent Resolve’ e che questi militari sono “in combattimento…e credo che dobbiamo dirlo chiaramente”. Un colpo di scena che non mancherà di sollevare un putiferio: o meglio, che dovrebbe sollevare almeno qualche interrogativo in più sulla serietà di Barack Obama, peggiore presidente della storia statunitense.

Resosi conto dell’enormità di quanto dichiarato, Carter ha cercato poi di aggiustare il tiro, aggiungendo che seppure i soldati americani siano impegnati in combattimento sul terreno – coinvolti nei combattimenti, l’onere di sconfiggere l’Isis sta alle forze locali e non a quelle americane. L’intento della presenza dei militari americani sarebbe di non “sostituire le forze locali ma cercare di renderle potenti a sufficienza affinché possano cacciare l’Isis con il nostro sostegno”, ha spiegato, “e quando noi offriamo sostegno, mettiamo la nostra gente nelle loro mani”. Una evidente balla sesquipedale, perché nessun militare americano con il sale in zucca metterebbe la propria vita nelle mani di un militare di un altro Paese.

Barack Obama ha vinto le elezioni presidenziali nel 2008 anche per aver promesso di porre fine all’intervento militare americano sui teatri internazionali. Nel 2011 decise un ritiro dall’Iraq rivelatosi poi anticipato, precipitoso e pericoloso. Nel 2014 annunciò il ritiro progressivo dall’Afghanistan, salvo interromperne il processo alla fine del 2015, per il perdurante pericolo che l’insorgenza talebana azzerasse i risultati fino ad allora raggiunti.

Il ritorno in Iraq è stato porto all’opinione pubblica sotto forma di collaborazione militare limitata a istruttori e a consulenti militari, definizioni che oggi sono svelate dal capo del Pentagono e dal Capo di Stato Maggiore della Difesa (Chairman of Joint Chiefs of Staff, CJCS), Joseph Dunford, sentito in audizione ieri dallo stesso comitato, il quale ha confermato che alcuni militari americani sono morti in combattimento, senza però entrare nei dettagli.

Queste rivelazioni emergono contemporaneamente all’annuncio della Casa Bianca della decisione di inviare in Siria 250 militari delle Special Forces con compiti di assistenza militare alle opposizioni laiche ad Assad e in funzione anti-ISIS, con il dichiarato fine di coordinare lo sforzo volto alla riconquista di Raqqa, capitale dell’autoproclamato Stato Islamico.

Ancora una volta però Obama appare un bugiardo matricolato, confermando la tradizione avviata di recente da Bill Clinton, mendace conclamato e spergiuro quasi fino all’impeachment. Peraltro, l’ammissione di Ashton Carter potrebbe far emergere crepe nel sistema del Partito Democratico, in vista della nomination della candidatura alla presidenza per le elezioni di novembre.

Il bugiardo Bill Clinton fu seguito – ne abbiamo oggi le prove scientifiche – dal bugiardo Barack Obama, ma il rischio è che alla Casa Bianca la bugiarda conclamata Hillary Rodham Clinton chiuda il cerchio di menzogne. Una circostanza che nel mondo militare non deve essere vista con particolare favore.

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