Renato Guttuso in mostra al Quirinale nel segno della “inquietudine del realismo”

La Crocifissione di Renato Guttuso, una delle sue opere più note, e uno dei quadri più significativi del Novecento italiano, è la punta di diamante della mostra ‘Guttuso. Inquietudine di un realismo‘, allestita al palazzo del Quirinale, nella Galleria di Alessandro VII, da oggi al 9 ottobre.

ROMA – «La pittura è il mio mestiere. Cioè è il mio mestiere ed il mio modo di avere rapporto con il mondo. Vorrei essere appassionato e semplice, audace e non esagerato. Vorrei arrivare alla totale libertà in arte, libertà che, come nella vita, consiste nella verità» affermava, nel 1957, Renato Guttuso alle cui imperiture tensioni emotive palazzo del Quirinale dedica la mostra ‘Inquietudine di un realismo‘ da oggi 10 settembre fino al 9 ottobre.

Curata dal presidente degli Archivi Guttuso e figlio adottivo dell’artista di Bagheria – Fabio Carapezza Guttuso – e da monsignor Crispino Valenziano, presidente dell’Accademia Teologica via pulchritudinis grazie al sostegno del Mibact, dei Musei Vaticani, del Museo Guttuso di Bagheria, della Camera dei Deputati, di collezioni private, l’esposizione intende proporre, con prospettiva critica, la rilettura di una parte dell’arte di Guttuso, quella delle opere di ispirazione religiosa, apparentemente distoniche rispetto al suo impegno politico e al suo spirito laico.

Come dichiarato dal curatore «la mostra ci guida in un’indagine su un artista dalla forte fede comunista, che però non è stata sufficiente a dargli delle risposte», tanto che, secondo i curatori, i molteplici riferimenti alle Scritture e alla liturgia sarebbero traccia di una latente – e forse mai consapevole – ricerca fideistica, come già evidenziato nel saggio Guttuso credeva di non credere di monsignor Valenziano. Una dimensione religiosa quindi che il pittore siciliano avrebbe palesato poco prima della morte del 1987, attraverso la richiesta di una messa a palazzo del Grillo e alla conversione che alimentò numerose chiacchiere volte a vedere, in quel gesto, una negazione della fede comunista.

Se è vero che l’iconografia cristiana è sempre stata presente nell’artista – pensiamo alla Flagellazione del 1931, al Cristo nella zolfara fino ai tardi Fuga in Egitto e L’entrata di Cristo in Gerusalemme – è altrettanto possibile che egli abbia scelto di utilizzarla come viatico visivo per rendere più comprensibili e vicini a tutti temi e drammi della sua contemporaneità, secondo l’idea successiva di una funzione sociale dell’arte. È ciò che accade nell’olio su tavola Crocifissione del 1941 – opera centrale della mostra a palazzo del Quirinale – in cui la sofferenza di Cristo assurge a metafora universale del tormento di ogni uomo alle prese con un’eterna lotta, fondamento 20141113-Banner-Totelia(300pxx250px)biancoessenziale della stessa esistenza, che non a caso, nel 1942 al Premio Bergamo, suscitò scandalo tra i fascisti e la Chiesa che la definì blasfema tanto da vietarne la vista ai chierici.

Pensata inizialmente in un interno – come testimonia il tavolo in basso con gli strumenti di tortura posizionati come una natura morta – la prospettiva si apre verso le tre croci in stacchi di colori e slanci espressionistici che sottolineano il pathos e la tensione morale dei corpi nudi. La grande tela è specchio delle riflessioni di Guttuso sul realismo, sulla vita, sulla morte, sugli orrori della guerra in quei rimandi suggestivi al Trionfo della morte di palazzo Sclafani a Palermo e a Guernica di Picasso, artista-amico che è chiaramente citato nel cavallo al centro della Crocifissione.

Una complessità iconografica e formale che si riscontra in un’altra opera in mostra a Roma, Spes contra spem del 1982, riconosciuta come testamento spirituale del pittore che, quasi in una carrellata nostalgica, ritrae alcuni compagni di vita, omaggia Bagheria dipingendo i mostri di Villa Palagonia interrotti da un’antenna televisiva, ricorda Picasso con l’opera sul cavalletto, cita, nel titolo, un passo della Lettera di San Paolo ai Romani. La scena si svolge in un interno, dove la staticità delle figure crea un clima di riflessione, rotto dal movimento della bambina e dalla donna nuda che, spalancando la porta-finestra, ammira il mare oltre il quale si intravedono i monti della città natale.

Qui c’è tutta la vita di Renato Guttuso, il passato e il presente, i luoghi cari, la sua simbologia (il drappo, il teschio, le uova, i libri, la sedia di vimini) che consentono una lettura delle stratificazioni del suo animo, in una sintesi esistenziale che si fa lirica gentile, placida come quel mare della Sicilia ovunque rievocata e che forse fu proprio base per la costruzione di quella sensibilità religiosa che accompagnerà tutto il percorso pittorico dell’artista senza per questo scalfirne la laicità di pensiero.

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Inquietudine di un realismo‘, palazzo del Quirinale – Galleria Alessandro VII, Roma.

ORARI: apertura martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 16. Chiusura: lunedì e giovedì.

INGRESSO: gratuito. Prenotazione obbligatoria.

INFO: http://palazzo.quirinale.it/mostre/2016_guttuso/guttuso_home.html